Parole & Suoni, Guccini alla ricerca dell’isola di Gozzano
Che alcune canzoni siano una forma di poesia è fuor di dubbio. Così come alcuni cantanti siano considerabili poeti moderni. E se la letteratura e la poesia stessa hanno da sempre ispirato molti autori di brani musicali, è altrettanto vero che in pochi hanno la capacità, la cultura e la possibilità di riprendere dei versi poetici e metterli in musica. Questo è il caso di Francesco Guccini.
Il cantautore modenese è da sempre schivo alle masse. Avverso alle mode. A costo di risultare anche di nicchia per qualcuno. Ma la sua straordinaria conoscenza della cultura italiana è seconda a pochi. E proprio questa sua dimestichezza gli permise nel 1970 di pubblicare il suo terzo album dal titolo “L’isola non trovata”. Un disco contenente una canzone omonima che mise in musica i versi di uno dei maggiori poeti italiani di fine ‘800 inizio ‘900. Quel Guido Gozzano noto a tutti come simbolo del crepuscolarismo tricolore.
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In questo caso Guccini, che non ha mai nascosto la sua passione per il poeta piemontese, non si accontentò di lasciarsi ispirare o di inserire riferimenti nelle sue canzoni. Decise proprio di mettere in musica la poesia “La più bella”.
“Ma bella più di tutte l’isola non trovata
Quella che il Re di Spagna s’ebbe da suo cugino
Il Re di Portogallo, con firma suggellata
E “bulla” del pontefice in Gotico-Latino”.
Questo è la prima strofa sia della poesia che della canzone. E quindi subito un attacco fedele ai versi dello scrittore torinese. Un richiamo al periodo indiano di Gozzano. Con i temi del viaggio, del mistero, dell’avventura. Tutti temi rintracciabili in altre canzoni gucciniane. Alcune delle quali presenti nello stesso album. Una ricerca della felicità, di qualcosa che non si ha. Ma che forse neanche si conosce.
“Svanì di prua dalla galea
Come un’idea
Come una splendida utopia
È andata via e non tornerà mai più”.
Sembra di leggere o ascoltare il brano che lo stesso modenese dedicò a Cristoforo Colombo. Dove si percepisce l’amore per il vagare per i mari. Senza sapere nulla del proprio destino. Ma alla fine, tra la foschia l’isola appare “magica e bella/Ma se il pilota avanza, su mari misteriosi/È già volata via/Tingendosi d’azzurro, color di lontananza”. Lasciando quindi sempre quell’alone di mistero.
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Ma il Guccini ispirato da Gozzano lo ritroviamo soprattutto nella capacità di essere autoironico. Del sapersi prendere in giro. Così come l’autoironia del poeta che cercò di ribaltare alcuni principi della poesia dannunziana la si ritrova nella prima vincitrice del Festival di Sanremo. Nilla Pizzi. Che per la sua “Il valzer di nonna Speranza”, soprattutto nel titolo, si rifece alla poesia gozzaniana “L’amica di nonna Speranza”. In questa lirica esce fuori tutto il materialismo del poeta. Tutto è destinato a finire. Per essere sostituito da altro. E quindi tanto vale godere di ciò che si ha fino in fondo. E Nilla Pizzi rende omaggio a Gozzano nella sua canzone nel ritornello. Quel “milleottocentocinquanta” è un richiamo alla data della foto che il poeta ritrovò sfogliando un album di famiglia.
“Ma troppo è cambiata la vita/Da tempo Speranza è svanita”. Così la cantante italiana concludeva la sua canzone. In stile gozzaniano. Tutto passa, tutto cambia, tutto svanisce. E allora godiamo ora e subito. Sia della poesia che della musica.