Green Pass e concerti: le reazioni dal mondo della musica
Sono giorni di scalpore mediatico e fermento, soprattutto nel mondo della musica e delle grandi esibizioni dal vivo. Il motivo? la decisione del governo, sul modello di quanto fatto in Francia, di introdurre, dal 6 agosto, l’obbligo del Green Pass per accedere, tra le altre cose, ai grandi eventi. Questo, almeno in teoria, per scongiurare la peggiore delle ipotesi: dire ancora addio a concerti, discoteche, partite, fiere e quant’altro. L’idea infatti prevede di esibire il Green Pass, per l’appunto, che attesti l’avvenuta doppia vaccinazione dell’utente che potrà, di conseguenza, partecipare all’evento in questione.
Come è normale che sia in queste circostanze, l’opinione pubblica e la politica sono si sono spaccate a metà: chi grida alla dittatura ritenendo la misura coercitiva e chi, al contrario, ritiene sia giusto questa manovra per la sopravvivenza del settore. Il mondo degli artisti chiaramente non è da meno: anche qui si sono viste le più disparate prese di posizione.
Una fra tutte è stata quella di Eric Clapton che si è scagliato pesantemente contro la politica di Boris Johnson e l’obbligo del Green Pass: «Voglio dire a tutti che non suonerò mai su alcun palco alla presenza di una platea discriminata. Se non sarà possibile a tutti poter assistere al concerto, mi riservo la possibilità di poter cancellare lo show». Decisione che, peraltro, potrebbe riguardare anche i fan italiani che aspettano il 2022 per poter vedere Clapton a Milano e Bologna.
Repentina è bruciante è stata la risposta di J-Ax, che ha ritenuto l’intervento irresponsabile e veicolo di un messaggio sbagliato. Il rapper ha criticato aspramente le posizioni sempre più no-vax, sottolineando come da oltre un anno e mezzo il settore della musica dal vivo sia fermo proprio per il covid. Poi, con non poca provocazione, ha aggiunto: «forse a qualcuno la “cocaine” non è ancora scesa».
Un’altra importante presa di posizione viene proprio dai Måneskin, la band più chiacchierata del momento. Dopo aver vinto San Remo, l’Eurovision e scalato tutte le classifiche di ascolti, il quartetto di Roma ha detto la sua circa il Green Pass. Victoria, Damiano, Thomas e Ethan sono stati intervistati dopo essersi recati in Campidoglio per ricevere dalla Raggi l’onorificenza “Lupa Capitolina“. Sulla possibilità di tornare a suonare dal vivo, i Måneskin hanno così commentato:
«Ogni Paese in tema di restrizioni ha le sue misure, sono utili e sacrosante perché consentono alle persone di venire ad ascoltarci e anche a noi di suonare. Sono provvedimenti importanti perché aiutano anche il settore della musica martoriato in questo anno e mezzo di pandemia. Sono segnali assolutamente positivi, di cambiamento e di ritorno alla normalità. Vogliamo divertirci e far divertire chi viene ad ascoltarci». È quindi chiara quale sia la posizione della band riguardo le ultime disposizioni in materia di Green Pass.
Dal fronte italiano arriva anche la voce di Al Bano. Non molto tempo fa, a dicembre 2020, il cantante si era rifiutato di fare da testimonial per un V-day, lamentando diverse preoccupazioni e scetticismo nei confronti del vaccino. Anche se alla fine si è sottoposto alla somministrazione con Pfizer avvenuta il 29 marzo scorso. Al termine anche della seconda dose, Al Bano ha dichiarato di sentirsi bene ed anzi, la sua posizione in merito è diametralmente cambiata. Al punto da commentare così il blocco di AstraZeneca:
«Riguardo al blocco AstraZeneca, penso che in un periodo da terza guerra mondiale come questo le decisioni che prende il Governo hanno un senso logico e vanno rispettate»
Di tutt’altra visione è invece Giuseppe Povia. Da molto tempo il cantante milanese si è fatto portavoce, divenendone un simbolo, dello scetticismo più radicale nei confronti di temi quali: governo, vaccini, Green Pass e immigrazione, sfiorando perfino posizioni complottiste. Non da meno le ultime dichiarazioni proprio in relazione al decreto del 6 agosto. In sintesi Povia ha paragonato l’obbligo di esibire il Green Pass (o un tampone negativo) al numero che gli ebrei avevano tatuato sul braccio nei campi di concentramento. La soluzione proposta dall’artista, in un video intitolato “GREENPASS MACHT FREI“, sarebbe quella di organizzare dei concerti privati:
«Gli ebrei avevano un pigiama e un numero di riconoscimento, noi un Pass per entrare nei luoghi pubblici. Ecco perché sulle mie pagine ho lanciato l’idea di fare concerti privati, come nei regimi»
Insomma, una situazione del genere ha messo in luce come tutti siano coinvolti. Che si tratti di un cantante italiano, o uno inglese, o semplicemente un fan che non vede l’ora di tornare sotto il palco. Da entrambe le parti c’è chiaramente una sincera intenzione al ripristino della normalità. Ne sono un esempio i primi esperimenti nel mondo con i quali si è cercato di tastare nuovamente il terreno dei concerti dal vivo per monitorare i nuovi possibili contagi.
Il problema che si ravvisa, tuttavia, sono le modalità con cui il ripristino della situazione pre pandemia si sta attuando. Chi è pro Green Pass, chi è contrario, chi in parte. Non si può stigmatizzare né l’una, né l’altra parte, soprattutto se dalla politica c’è stato un’ evidente differenza di trattamento. L’esempio più noto è stato la presenza del pubblico agli europei di calcio, soprattutto nella finale giocata con la capienza massima.
Un quesito tuttavia vogliamo porlo: vaccini o meno, Green Pass sì o no, si potrà veramente tornare ad una situazione mentale di normalità? La paura e lo scetticismo che in questi quasi 2 anni di pandemia l’hanno fatta da padrona, verranno definitivamente debellati? Oppure siamo di fronte a quella che potremmo definire “la nuova normalità”?