Firenze Rocks, i Green Day esaltano la Visarno Arena di fronte a 60mila spettatori. Live Report 16/06/2022
Con quello che in molti hanno già definito come uno dei loro migliori concerti in Italia, i Green Day hanno letteralmente infuocato i sessantamila spettatori presenti ieri al Firenze Rocks, in occasione della prima giornata di questa edizione.
Due anni, tanto è rimasto ai box uno dei festival più acclamati in Italia all’estero, capace di richiamare in tre o quattro giorni (a seconda del palinsesto definito) centinaia di migliaia di persone da ogni dove, specialmente dal centro sud che, per evidenti ragioni di distanza, quando non possono vedere i loro beniamini a Roma o in altre location, sono costrette a macinare migliaia di chilometri per arrivare a Milano. E di questi tempi spostarsi e pernottare è diventato un lusso per pochi. Alzi la mano chi, come il sottoscritto, ne è testimone.
Il Firenze Rocks è una manna dal cielo, dunque, oltre che per la straordinaria qualità artistica che è capace di offrire di volta in volta, anche perché ormai viene celebrato per quello che è: un punto di riferimento per la musica dal vivo nel Bel Paese durante il periodo estivo. Una validissima alternativa ai festival in terra straniera in una città che non ha eguali al mondo. E poi, il calendario di quest’anno è sensazionale. Dopo esserci concessi questo slancio di sincero entusiasmo veniamo a noi.
Nella culla del Rinascimento il rock è di casa, e in quel della Visarno Arena trova la sua apprezzabile collocazione. L’aria di festa per il ritorno della manifestazione era papabile in città già da giorni. Strade e bar, pub e pizzerie piene di fan con le maglie delle loro band preferite, dai Muse ai Metallica, dai Greta Van Fleet ai Red Hot Chili Peppers passando, appunto, per gli headliner della serata inaugurale del festival, ossia i Green Day. Ed è tutto bello, bellissimo. Una grande famiglia, quella del rock, che si è data appuntamento qui, in Toscana.
Billie Joe Armstrong, Tré Cool e Mike Dirnt, che dalla seconda metà degli anni ’80 vanno avanti con la loro formula di punk rock scanzonato e irriverente, si sono resi autori di una performance sugli scudi. Nelle quasi due ore di show, il trio, in forma smagliante, ha saputo attingere a piè mani da una carriera lunga trent’anni e da una discografia in cui spiccano numerose hit che hanno influenzato due generazioni di adolescenti.
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Gli stessi di cui l’arena, ieri, era straripante. Non solo millennials e quattordicenni alle prime armi, però, c’erano quarantenni e cinquantenni cresciuti ascoltando “39/Smooth” o “Kerplunk“, album del 1990 e 1991 che hanno sdoganato la band prima dello straordinario successo commerciale che fu “Dookie“, che invece la consacrò al grande pubblico. Un pubblico trasversale accorso per assistere a un concerto rimandato più volte negli ultimi due anni e quando Armstrong dal palco ha urlato “Siamo vivi“, alla sua incontenibile gioia è seguito un boato di approvazione che ha messo le cose in chiaro: stasera non ce ne sarà per nessuno.
Tanto è stato. Il concerto si è rivelato un continuo crescendo di dinamismo e coinvolgimento, e dopo aver messo da parte alcuni problemi tecnici che hanno compromesso la qualità del suono nei primi tre brani in scaletta (“American Idiot“, “Holiday“, “Know your enemy“), ogni tassello è finito al punto giusto. Billie Joe è un grande frontman e la sua capacità di tenere il palco, alternata all’interazione e agli sketch col pubblico, sono il valore aggiunto allo show, fuochi d’artificio e giochi di luce a parte.
Alcuni parlano di sessantacinquemila presenti, altri di sessantamila, altri una via di mezzo, ma non fa differenza alcuna: ognuno dei presenti ha cantato a squarciagola i pezzi proposti, da “Scattared” a “Boulevard of a broken dreams“, da “Rock and Roll all nite” (si, proprio il brano dei Kiss, coverizzato e portato sul palco) a “St.Jimmy” e l’intramontabile “When I come around“.
Proprio quest’ultima, per chi scrive, rappresenta un tuffo negli anni ’90, quando in piena età da liceo era il pezzo di punta dei concerti con gli amici di scuola o del quartiere. Assieme a “Basket case” era immancabile nelle scalette delle esibizioni alle giornate di fine anno scolastico o ai concertini nei bar all’angolo. In quanti abbiamo passato fase? Potremo anche essere invecchiati ma caspita, siamo invecchiati bene se dopo trent’anni siamo ancora qui a esaltarci su queste note.
L’accoppiata “Basket case” (appunto) – “Minority” fa scatenare anche i più restii al pogo e alle spallate, “21 Guns“, col suo ritmo più cadenzato fa tirare una boccata d’ossigeno e “Shout“, la cover degli Isley Brothers suonata spesso e volentieri anche da Bruce Springsteen durante i suoi concerti, fa saltare praticamente chiunque si trovi nel raggio di dieci chilometri. “Jesus of Superbia” e “Good Riddance“(time of your life) chiudono uno show pazzesco e probabilmente hanno ragione tutti coloro i quali, uscendo stanchi, sudati e impolverati dall’arena, affermavano “è stato il loro miglior concerto di sempre in Italia”. E se il migliore fosse invece il prossimo?
Foto presa dal profilo Facebook del Firenze Rocks
Setlist
- Intro theme
- American idiot
- Holiday
- Know your enemy
- Pollyanna
- Scattered
- Boulevard of broken dreams
- Longview
- Welcome to Paradise
- Hitchin’ a ride
- Rock and Roll all nite (cover Kiss)
- Brain Stew
- St. Jimmy
- When I come around
- 21 guns
- Minority
- Basket case
- King for a day
- Shout (The Isley Brothers cover)
- Wake me up when september ends
- Jesus of Suburbia
- Good Riddance (Time of your life)
- Summer wind (nella versione di Frank Sinatra)