“Goodbye England’s Rose”: il commovente tributo di Elton John all’amica Diana
Venticinque anni fa moriva Lady Diana, people’s princess, la regina dagli occhi tristi. Un quarto di secolo da quella notte del 31 agosto 1997 a Parigi, dove, tra le lamiere fumanti sotto al tunnel del Pont de L’alma, si spegneva lentamente una tra le icone più famose del XX secolo.
Una donna umile, di buona famiglia, con un titolo, una giovane e appetibile moglie per l’erede al trono della royal family. La contessa del Galles, rispetto a sua nuora, Kate Middleton, non ha mai ricevuto l’addestramento adeguato atto a sopportare la gabbia reale. L’etichetta, i sorrisi alla stampa, le emozioni tabù, tutte apparenze che non vestivano a pennello sulla personalità di Diana Spencer.
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La principessa non verrà ricordata in una cerimonia solenne, notizia proveniente da Windsor e che ha creato non poco sdegno.
Anche se non c’è da meravigliarsi visti i trattamenti che, soprattutto sua suocera, la regina Elisabetta, le ha riservato in vita. La sovrana più longeva della storia Britannica non ha mai visto di buon occhio la ribelle nuora che preferiva aiutare i reietti e gli emarginati piuttosto che camminare con un libro sul capo immersa negli agi del castello.
Lady Diana è ricordata per i trattamenti dei malati di AIDS – chi non ricorda la stretta di mano e gli abbracci del 1987? Un gesto iconico volto a scardinare per sempre i pregiudizi e a smuovere l’opinione pubblica. Per non parlare delle associazioni per dare sostegno ai senza tetto o le tante charities per i bambini del Terzo Mondo e la campagna contro le mine antiuomo.
Oltre ad essere un simbolo di altruismo è stata anche la prima donna capace di reagire alle occlusioni emotive della famiglia reale con il revenge dress: in occasione della confessione a mezzo stampa del principe Carlo riguardo un suo ennesimo tradimento, Lady D si presentò al Garden Party con un vestito nero – colore consentito dal protocollo solo ai funerali. Un gesto, quello della Spencer, che contribuisce alla formazione di un’eroina umile e forte, dalla parte delle donne e pronta a non soccombere.
L’empowerment veniva messo a dura prova dalla costante presenza dei paparazzi, aggressiva causa del suo periodo di depressione, bulimia e autolesionismo, da sommare al suo matrimonio condiviso con l’attuale moglie di Carlo, Camilla. Una taglia pendente sulla testa di una ragazza che voleva solo essere libera e amata.
Il costante bisogno di aiutare il prossimo le permise di cementare un’amicizia che tuttora vive tra cielo e terra: quella con Elton John. L’artista non l’ha mai dimenticata e per renderle onore continua a seguire i suoi figli, Harry e William, come se fosse uno zio affettuoso.
La notizia della morte della sua amica scosse profondamente Sir John, tanto da non voler recarsi alla cerimonia funebre. La volontà di rendere giustizia alla sua memoria lo spinse, su espressa richiesta della famiglia di Diana, a sedersi al pianoforte per cantare “Candle in the Wind”. Una canzone scritta nei primi anni ’70 da Bernie Taupin in ricordo di Marilyn Monroe – da qui l’originale testo “Goodbye Norma Jean” sostituito da “Goodbye England’s Rose” il 6 settembre 1997. La nuova versione della canzone è frutto della mano del celebre produttore dei Beatles, George Martin, e diventa un singolo dal grande successo il 13 settembre dello stesso anno.
Il testo originale di “Candle in the wind”
Goodbye, Norma Jeane
Though I never knew you at all
You had the grace to hold yourself
While those around you crawled
They crawled out of the woodwork
And they whispered into your brain
They set you on the treadmill
And they made you change your name
Il testo di “Candle in the wind” rivisto per il funerale di Lady D
Goodbye England’s rose
May you ever grow in our hearts
You were the grace that placed itself
Where lives were torn apart
You called out to our country
And you whispered to those in pain
Now you belong to heaven
And the stars spell out your name
Le due strofe a confronto indicano una vicinanza tra due donne apparentemente diverse ma accomunate dall’amputazione della propria libertà. Come due farfalle senza ali, costantemente osservate dalla società, non comprese e con un mondo profondo dietro occhi tristi e malinconici e sorrisi piattamente felici. Ora queste donne saranno libere di esprimersi e, chissà, saranno orgogliose di quanto questo mondo abbia loro restituito le giuste parole.
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