Gli studi legali di Nirvana e Pink Floyd alle prese con le richieste degli ex bambini
In occasione dei 25 anni di Nevermind si era fatto fotografare spontaneamente in una piscina, andando a ricreare idealmente una rievocazione della copertina rimasta nella storia del rock. In questi giorni, si è ritrovato invece a fare causa ai Nirvana per quella stessa foto che lo ha reso famoso in tutto il mondo.
Parliamo di Spencer Elden, l’ex neonato ritratto nudo e sott’acqua in piscina nella copertina di Nevermind. Nella denuncia presentata martedì scorso Robert Y. Lewis, il legale di Elden, dice che l’immagine oltrepassa il confine del lecito e straborda nella categoria “Child porn”, e aggiunge che la presenza di banconote nell’immagine trasforma il bambino ritratto nella foto in un “Sex worker”.
A detta di Elden – oggi 30enne – la band di Kurt Cobain ha violato le leggi federali sulla pornografia infantile con danni permanenti. Ad ognuno dei 17 soggetti chiamati in causa, tra cui discografici, registi e fotografi, è stato chiesto un risarcimento di 150.000 dollari.
Elden ritiene che la sua “identità e il suo nome siano per sempre legati allo sfruttamento sessuale di natura commerciale che è stato costretto a sperimentare da minore”. In sostanza, un danno subìto “da quando era bambino fino ad oggi”, secondo gli atti depositati alla Corte federale di Los Angeles.
I soggetti citati, a cominciare dai membri viventi della band (Dave Grohl e Krist Novoselic), sono accusati di aver “prodotto e commercializzato l’immagine senza compiere passi per proteggere Spencer ed evitare l’ampio sfruttamento sessuale dell’immagine stessa”. A quanto pare i genitori del bambino all’epoca non avrebbero firmato nessuna liberatoria. Per la foto, scattata nel 1991 da Kirk Weddle, ricevettero qualcosa come 200 dollari.
In verità, la questione dei diritti d’autore mai pagati nei confronti di bambini (o ex bambini) ha investito più gruppi. Per la registrazione della seconda parte di Another Brick in the Wall, i Pink Floyd ingaggiarono il coro di bambini della Islington Green School. Nonostante l’istituto abbia ricevuto una cifra di circa 1000 sterline, ai singoli membri non venne riconosciuto nessun diritto d’autore sulle copie del brano vendute. Tempo fa, per questo motivo – dopo venticinque anni di silenzio – l’avvocato Peter Rowan ha riunito i bambini del coro per far avere loro la quota di denaro che gli spetta.
Come ricorda R3m.it, il coro della Islington Green School – “oltre a non essersi mai visti riconoscere il diritto d’autore – non incontrò mai i Pink Floyd di persona. Tanto più che la preside della scuola – dopo aver capito a fondo il messaggio di Another Brick in the Wall – vietò ai ragazzi ogni contatto con il gruppo”.