Glen Hansard tra rock, sperimentazione e ricordi al Roma Summer Fest [Live report]
A uno come Glen Hansard perdoni tutto. Anche che faccia della facile ironia sull’esito semi-disastroso dell’Italia all’Europeo tra una canzone e l’altra. Talento, poesia, passione trasformano la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica in un tempio di pura magia musicale.
Ex frontman dei Frames e noto al grande pubblico per il film pluripremiato “Once”, Hansard ha partecipato al Roma Summer Fest regalando al pubblico una serata memorabile. Un crescendo di emozioni, accompagnato dalle luci prima soffuse, coi musicisti in penombra a stabilire una connessione intima. Poi l’esplosione di colori, sovrapposta all’energia elettrica e sperimentale degli arrangiamenti.
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Nella prima parte della serata, Hansard ha eseguito “Looking for Someone” degli Interference, commemorando l’anniversario della morte del leader della band di Cork, Fergus O’Farrell, scomparso nel 2016. Questo omaggio ha dato il via a una serata carica di emozioni, arricchita dalla presenza di ben tre brani degli Interference in scaletta. La connessione tra le due band è stata sottolineata dall’apparizione di un giovane talento, figlio di Marc McDonald, curatore degli archivi del gruppo, che ha affiancato Hansard in “American Townland”.
In un gesto di estrema vicinanza su “Say it to Me Now” Hansard si è lasciato dietro jack e microfono per sedersi a bordo palco ed eseguire un brano in acustico, avvicinandosi ulteriormente agli spettatori. Il concerto ha assunto un carattere ancora più familiare quando Glen ha chiamato sul palco suo fratello Richard per eseguire “Young Hearts Run Free”, la canzone preferita della loro madre. La scaletta, scivolata via velocemente, ha incluso brani dei Frames, pezzi tratti dalla colonna sonora di “Once” e omaggi a vari musicisti, culminando con il bis di “The Moon” da The Swell Season, un perfetto saluto alla luna che faceva capolino dietro le volte della Cavea. Sempre spettacolare l’esecuzione di “When Your Mind’s Made Up”. Carica di intensità anche “Falling Slowly”. Brani come “Fitzcarraldo” e “Revelate” hanno ricordato al pubblico la grinta della sua gioventù.
La voce di Hansard ha impressionato per la sua capacità di muoversi con naturalezza tra diversi registri, dal baritonale in “Sure As The Rain” al falsetto soul in “Time Will Be The Healer”. La band che lo ha accompagnato è stata impeccabile, eccellente sia nelle sinuosità degli arrangiamenti, spingendosi fino ai confini del noise con un violino suonato come una terza chitarra. Assoli di chitarra dal sapore gilmouriano e una sezione ritmica solida hanno aggiunto eleganza e spessore all’esibizione.
La serata si è conclusa con un un omaggio alla luna in “The Moon”, con cui Hansard ha regalato a Roma un pezzo del suo cuore irlandese, facendo vivere a tutti i presenti un’esperienza musicale importante.
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