Giuditta e Oloferne: il capolavoro di Donatello torna a Palazzo Vecchio dopo il restauro
Il gruppo scultoreo di Giuditta e Oloferne, realizzato dal genio di Donatello nella seconda metà del Quattrocento, torna a splendere nel Palazzo Vecchio di Firenze dopo quasi un anno di restauro.
Giuditta e Oloferne oltre gli stereotipi
Torna a illuminare la Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio a Firenze, dopo un importante intervento conservativo, la scultura di Giuditta e Oloferne, capolavoro quattrocentesco di Donatello.
Il restauro si è avvalso del supporto della Fondazione Friends of Florence, impegnata già da anni a promuovere azioni di tutela e conservazione per le opere della collezione di Palazzo Vecchio, come il Putto con delfino di Andrea del Verrocchio, restaurato nel 2019. Lavorare sul gruppo scultoreo donatelliano non solo ha consentito di salvare un simbolo eccellente del Primo Rinascimento, ma ha anche riportato l’attenzione su un’iconografia a dir poco rivoluzionaria.
Donatello infatti interpreta l’episodio biblico in modo assolutamente originale: invece della classica fanciulla che ostenta fiera la testa recisa di Oloferne, Giuditta è rappresentata nell’atto di sferrare il colpo fatale sul generale assiro, intrappolato tra le sue gambe. Gli arti del condottiero pendono inerti sul basamento di bronzo e conducono lo sguardo sui preziosi rilievi a tema bacchico, mentre i frammenti brillanti sulle due figure ricordano che la scultura era in origine arricchita da dorature.
L’artista realizza in questo innovativo modo la prima statua di grandi dimensioni dedicata alla biblica vicenda e per la prima volta vi inserisce Oloferne a figura intera.
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Giuditta simbolo della libertà fiorentina
Donatello scolpì Giuditta e Oloferne tra il 1457 e il 1464. L’ipotesi più accreditata sostiene che il committente della scultura fu Piero de’ Medici, ma a causa della partenza dell’artista per Siena, la realizzazione dell’opera subì un precoce arresto; venne affidata poi ad alcuni collaboratori che la completarono tra il 1461 e il 1464, collocandola nel giardino della residenza medicea di Via Larga, l’attuale Palazzo Medici Ricciardi.
Attenendosi alla Bibbia, si narra che la giovane ebrea Giuditta salvò la propria città dall’assedio dell’esercito assiro decapitando il generale Oloferne dopo averlo ammaliato e in seguito stordito con il vino. L’opera donatelliana intendeva rileggere in chiave laica e politica il racconto biblico, come testimoniavano due iscrizioni sul basamento, oggi purtroppo perdute: la prima eleggeva Giuditta a simbolo del trionfo dell’umiltà sulla superbia e della virtù sulla lussuria; la seconda riportava la dedica di Piero de’ Medici che considerava la fanciulla un modello di coraggio e spronava i cittadini a seguire il suo esempio per la difesa di Firenze.
Nel 1945 entrambe le targhe vennero sostituite con quella attuale recante la data del trasferimento dell’opera nella sede del governo della Repubblica fiorentina.
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I numerosi spostamenti della scultura
L’opera Giuditta e Oloferne ha subito nel corso degli anni numerosi spostamenti e altrettanti interventi di restauro. A seguito della cacciata dei Medici e della proclamazione della Repubblica, la scultura venne collocata in posizione centrale sull’arengario di Palazzo della Signoria quale emblema della libertà di Firenze; tuttavia rimase lì solo pochi anni.
Nel 1504 infatti venne rimossa per lasciare spazio al David di Michelangelo: secondo alcuni era disdicevole che a rappresentare una città ci fosse la statua di una donna che uccide un uomo, mentre altri superstiziosi la consideravano un segno di cattiva sorte, perché arrivata in loco proprio nel momento in cui Firenze stava perdendo il dominio su Pisa.
Nel 1507 il complesso scultoreo era di nuovo in piazza, sotto la Loggia della Signoria, ma soltanto nel 1919 riguadagnò una posizione di rilievo sull’arengario di Palazzo Vecchio. Da lì non si spostò (se non nel periodo della Seconda Guerra Mondiale) fino al 1980, quando gli esperti constatarono un avanzato stato di degrado del bronzo; così decisero di posizionare una copia all’esterno e di trasferire l’originale nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio.
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Gli interventi di restauro
Per quanto riguarda i molteplici restauri, il primo intervento fu quello ad opera di Bruno Bearzi nella prima metà del Novecento, per conto delle fonderie Marinelli. In seguito tra il 1986 e il 1988, constatando il degrado del bronzo a causa della sua collocazione sull’arengario di Palazzo Vecchio, gli esperti trasportarono la scultura nella Sala dei Gigli del Palazzo e la sottoposero a un accurato restauro scientifico diretto dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Dopo una serie di minuziosi interventi manutentivi, la Fondazione Friends of Florence ha deciso di supportare il restauro della statua attraverso un progetto della durata di dieci mesi, diviso in due fasi. La prima ha preceduto Donatello. Il Rinascimento, mostra ospitata nel 2022 nelle sale di Palazzo Strozzi, e aveva lo scopo di riconoscere le tecniche utilizzate dai restauratori dell’Opificio di Firenze negli anni Ottanta.
La seconda fase, avviata nella scorsa estate, ha richiesto una revisione conservativa dell’opera che ha segnalato la necessità di una nuova pulitura delle superfici. Il recente restauro ha rimosso tutte le problematiche del metallo e ha armonizzato alcuni bruschi passaggi cromatici causati da molteplici patine di alterazione. Infine, un certosino lavoro di spolveratura ha rivelato gli andamenti delle campiture ossia quali zone del bronzo fossero in origine arricchite da dorature, cifra stilistica del fervore creativo di Donatello.
Chi volesse ammirare la scultura di Giuditta e Oloferne in tutta la sua rinnovata bellezza ed esplorare gli storici ambienti di Palazzo Vecchio, può prenotarsi sul sito web https://bigliettimusei.comune.fi.it
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