Giovanna d’Arco, eroina dai tanti significati
Tra gli argomenti di maggiore discussione nella redazione dei nuovi programmi nelle scuole italiane c’è quello di dare maggiore spazio alla storia di genere. In particolare al ruolo delle donne e alle loro condizioni attraverso i secoli. Le critiche maggiori ruotano intorno alla storiografia in mano al sesso maschile, in particolare nel passato più e meno recente.
LA QUESTIONE DELLA STORIA DI GENERE
Sono infatti pochi i paragrafi (perché di capitoli è inutile parlare) dedicati a figure femminili.
Il tentativo odierno dovrebbe essere quello di un’azione congiunta dall’alto e dal basso. Il che comprenderebbe delle “imposizioni”, quali le quote rosa, ma anche un lavoro prettamente culturale. Questo secondo aspetto lavora sulla formazione degli insegnanti, con programmi di didattica della storia aggiornati e qualificati, così da preparare i futuri (ma anche gli attuali) docenti all’insegnamento di una storia quanto più inclusiva.
Il che, però, rischia, qualora si fosse troppo influenzati dal proprio retroterra politico-culturale, di riscrivere la storia e gli avvenimenti in maniera errata.
Come sta avvenendo soprattutto nel cinema. Dove, nonostante la letteratura e la storiografia ufficiale descriva personaggi storici con determinate caratteristiche fisiche, questi vangano puntualmente interpretati da attori appartenenti a quelle che il politicamente corretto definisce “minoranze”. É il caso di Achille e Cesare interpretati da attori afroamericani negli ultimi film a loro dedicati. Non si vuole discutere la bravura dell’artista. Ma la veridicità storica è messa sicuramente da parte.
Lapalissiano, inoltre, è la vicenda di un video del canale Youtube “The Blackest Truth”, che conta oltre 20mila iscritti, secondo cui “i veri romani, cioè gli etruschi, erano neri. L’Italia, prima che i latini e i greci formassero una coalizione bianca, era dominata da popolazioni nere provenienti dall’Africa”. Nei nove minuti di video si aggiungono altre rivisitazioni della storia, tra cui il fatto che la Basilica di San Pietro non venne costruita da Michelangelo, ma dalle Sibille Africane, che lo eressero originariamente come tempio alla dea Mami Wata. Oppure che il toponimo Roma deriverebbe in realtà da Ra Ouma, ovvero città protetta da Ra.
Deliri a parte, questo è il rischio che si corre quando si vuole essere inclusivi a tutti i costi.
Esistono documenti storiografici attestati che risulta abbastanza stupido cercare di confutare in questo modo, approfittando magari dell’ignoranza o del diffuso complottismo.
GIOVANNA D’ARCO: LA STORIA NON É A TINTE UNITE
Questo panegirico serve ad introdurre una figura femminile che da sempre ha largo spazio, meritatamente, nei programmi didattici. Un caso abbastanza isolato. Si tratta di Giovanna d’Arco che proprio il 30 maggio del 1431 morì arsa viva.
Il nome è una traduzione del francese Jeanne d’Arc. Un’eroina francese a tutti gli effetti. Un simbolo della cristianità, dell’Europa. Spinta dalle voci del cielo e dalle visioni dell’arcangelo Michele, di Santa Caterina di Alessandria e Margherita di Antiochia, consacrò la sua vita a Dio. Assunse per sé la missione di liberare la Francia dall’invasore inglese. Guidò, seppur senza combattere, un piccolo esercito alla liberazione di Orleans. Le sue vittorie propiziarono l’incoronazione di Carlo VII nella cattedrale di Reims, come la tradizione monarchica prevedeva.
Cadde però prigioniera dei borgognoni, alleati inglesi, che la vendettero all’Inghilterra. Iniziò così il processo che la condusse al rogo. I motivi furono molteplici. Religiosi, politici e militari. Nella vicenda della “Pulzella d’Orleans” s’intrecciarono troppi interessi. Da un lato probabilmente il re francese interessato più a tessere relazioni concilianti con gli inglesi. Questi ultimi invece vedevano in Giovanna un’acerrima nemica artefice delle loro sconfitte. La stessa Chiesa la giudicava pericolosa, un elemento ribelle che con difficoltà omaggiava le gerarchie ecclesiastiche. Ultimo, ma non meno importante, era il fatto che non rispecchiava i canoni dei modelli femminili dell’epoca. La giovane infatti fece voto di castità rinunciando a divenire madre e sposa, preferendo il ruolo di guerriera.
Questo personaggio nel corso della storia ha subito numerose interpretazioni. Una contadina analfabeta che in nome di Dio partecipò alla Guerra dei Cent’anni fu vista come simbolo di fervore mistico unito a ferrea volontà bellica. In altri tempi invece divenne icona di un protofemminismo. Altri in Giovanna d’Arco videro una disturbata con allucinazioni.
Fu condannata per eresia ma nel 1456 si concluse il processo di revisione che la designò quale figlia prediletta dalla Chiesa. Il suo nome fu beatificato nel 1909 e canonizzato nel 1920.
LA PULZELLA D’ORLÉANS NEL CINEMA
Alla sua storia, alla sua carcerazione, all’abiura, il processo tremendo fatto di continue interrogazioni e percosse per farla cadere in tentazione, nel corso del ‘900 sono stati più volte soggetti di film. Dal film “Giovanna d’Arco” del 1908 e da quello omonimo del 1913 fino ad arrivare a quello del 1994 (Giovanna d’Arco – Parte I: Le battaglie e Giovanna d’Arco – Parte II: Le prigioni) diviso in due parti e diretto da Jacques Rivette con la giovane francese interpretata da Sandrine Bonnaire. Probabilmente il più famoso rimane quello del 1999 con Milla Jovovich nei panni di Giovanna d’Arco, John Malkovich nel ruolo di Carlo VII di Francia, Dustin Hoffman e Vincent Cassel.
La breve vita della Pulzella è stata dunque un passaggio fondamentale nella storia. Un esempio di coraggio e di come la storia non sia a tinte unite.