Giorgio Morandi e la rivoluzione della quotidianità
Considerato uno dei padri dell’arte contemporanea, Giorgio Morandi ha segnato il linguaggio figurativo del Novecento dalla quiete del suo piccolo studio a Bologna. Il suo fine sguardo indagatore, unito ad una mano delicata è precisa, ha dato nuovo valore all’oggetto di uso comune e all’osservazione del dato reale. Bottiglie, vasellami, utensili, assurgono a emblema di un tempo che scorre inesorabile e silente, investendo anche il più umile aspetto della quotidianità.
LA FORMAZIONE E IL CONTATTO CON LA METAFISICA
Giorgio Morandi nasce a Bologna il 20 Luglio 1890 da Andrea Morandi e Maria Maccaferri. Primo di cinque figli, mostra fin da adolescente una propensione artistica alla riproduzione di fiori e paesaggi. Supportato dalla famiglia nel 1907 si iscrive all’Accademia delle Belle Arti di Bologna dove si diploma a pieni voti nel 1913. Nel fervente ambiente accademico ha modo di approfondire i grandi maestri del passato (Giotto, Piero della Francesca, Corot, Chardin, fino a Cezanne) e di studiare le tecniche pittoriche insieme ad altri artisti quali Osvaldo Licini, Severo Pozzati, Giacomo Vespignani.
Pur mostrando una propensione per il paesaggio, i fiori e le nature morte, lo stile di Morandi si discosta precocemente dai canoni tradizionali, prediligendo innovative ricerche sulla forma, i contorni e la luce. Entra in contatto con le avanguardie del tempo e finisce per aderire alla corrente della pittura Metafisica.
Sull’onda di tali dettami che puntano alla rappresentazione statica degli oggetti, indagati al di là delle loro connotazioni immanenti, Morandi realizza la celebre Natura morta con palla (1919), la prima delle diciannove nature morte metafisiche ideate dall’artista.
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LA RICERCA QUASI OSSESSIVA DELL’OGGETTO QUOTIDIANO
Ben presto il suo carattere schivo e la sua insofferenza verso qualsiasi tipo di categorizzazione, lo inducono a prendere le distanze da qualsiasi corrente artistica ufficiale e a rifugiarsi in un’indagine solitaria e quasi ossessiva dell’oggetto di uso quotidiano, in particolare bottiglie, vasi, ciotole di frutta, scatole. Attraverso un gioco di luci e ombre, di prospettive differenti e collocazioni varie, Morandi sembra voler dimostrare che lo scorrere del tempo investe ogni cosa e che l’immutabilità si riduce a una chimera dello spirito umano.
Diviso tra le ricerche nel suo atelier di via Fondazza a Bologna e le estati trascorse nelle campagne di Grizzana, l’artista si dedica alla realizzazione di nature morte e paesaggi. Si diletta inoltre ad indagare la realtà attraverso nuove tecniche e modalità: non solo olio su tela ma anche acquerello, acquaforte e incisione. Secondo Morandi infatti, “di nuovo al mondo non c’è nulla o pochissimo, l’importante è la posizione diversa e nuova in cui un artista si trova a considerare e a vedere le cose della cosiddetta natura e le opere che lo hanno proceduto o interessato”.
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IL RUOLO FONDAMENTALE DELL’INCISIONE
Proprio nella varietà delle tecniche indagate, riveste un ruolo particolare quella dell’incisione. Attraverso forti passaggi chiaroscurali e un tratteggio delicato ma nitido, Morandi conferisce tangibilità alle polverose strade di Grizzana o agli oggetti immobili, silenti compagni della sua quotidianità. Opere mirabili in tal senso sono Grande natura morta con lampada a destra (1928) e La strada bianca (1933); entrambi acqueforti su rame hanno l’alto potere evocativo di mostrare l’inesorabile scorrere del tempo che corrode cose e strade, unito a un profondo senso di malinconia. A tal proposito scrive lo studioso Roberto Longhi: “Oggetti inutili, paesaggi inameni, fiori di stagione, sono pretesti più che sufficienti per esprimersi “in forma”; e non si esprime, si sa bene, che il sentimento”.
Proprio grazie al suo grande talento, Morandi ottiene nel 1930 la cattedra di incisione presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e mantiene l’incarico fino al 1956. Tra i suoi numerosi allievi spiccano Luciano De Vita e Mario Bonazzi, per sempre riconoscenti agli insegnamenti del maestro.
RICONOSCIMENTI INTERNAZIONALI DAL MONDO DELL’ARTE
Con 1376 dipinti a olio, 130 incisioni e circa 300 acquerelli, Giorgio Morandi può essere considerato uno dei più prolifici artisti del XX secolo. Uomo di poche parole, ha preferito esprimersi attraverso la sua poliedrica arte, ottenendo numerosi traguardi e riconoscimenti.
Oltre ad aver partecipato a numerose esposizioni dal 1914 fino agli anni Sessanta, l’artista ha vinto rinomati premi di prestigio internazionale. Nello specifico: nel 1948 gli viene assegnato il primo premio per la pittura alla Biennale di Venezia, a cui fanno seguito due primi premi alle Biennali di San Paolo del Brasile nel 1953 e nel 1957, rispettivamente per l’incisione e per la pittura e il Premio Rubens ricevuto dalla città di Siegen nel 1962.
Dopo la morte, avvenuta il 18 giugno 1964, vengono organizzate numerose retrospettive in suo onore e nel 1993 viene inaugurato a Bologna il Museo Giorgio Morandi. Aperto grazie a una donazione elargita dalla sorella dell’artista, Maria Teresa, il grande spazio espositivo ospita un percorso di 214 opere, una collezione privata della famiglia Morandi e una ricostruzione dell’atelier dell’artista.
Proprio in questo periodo il museo ospita l’allestimento Morandi racconta. Il segno inciso: tratteggi e chiaroscuri.
Si tratta dell’ultimo appuntamento dedicato a Giorgio Morandi Re-Collecting, ciclo ideato da Lorenzo Balbi che approfondisce temi legati alle collezioni permanenti dell’Area Arte Moderna e Contemporanea dell’Istituzione Bologna Musei e sarà visitabile fino al 29 agosto 2021. Un’ottima occasione per approfondire il tema dell’incisione nella parabola artistica morandiana.
di Francesca Massaro