George Michael: talento, eccessi e stravaganza dell’icona pop britannica
Gli anni ’80 sono, nell’immaginario collettivo, un’epoca di transizione, trasformazione ed eccessi. Non è un caso che proprio in questo periodo i maggiori artisti abbiano regalato al mondo le loro opere migliori. Tra icone musicali, stili di vita esagerati, relazioni impossibili e sfrontatezza, la pazzia e stravaganza di quei tempi è tutt’ora raccontata, non senza una sana dose di leggende, gossip e dicerie.
Tra i grandi protagonisti non possiamo non ricordare George Michael, uno dei simboli per eccellenza di quella leggendaria decade fatta di eccessi, bella vita, sesso e droga. Ma anche e soprattutto un talento musicale, unito ad un look serafico e sfrontato e ad una personalità esuberante ed eccentrica. Considerato, dopo la morte di Freddie Mercury, come l’unico performer che avrebbe potuto tenere testa al vocalist dei Queen.
George, all’anagrafe Georgios Kyriacos Panayiotou, nacque a Londra il 25 giugno 1963, da padre greco-cipriota e madre inglese. Come egli stesso dichiarerà nel 1996 in un’intervista di Ambra Angiolini, sin da giovane egli era alla costante ricerca del successo. Tant’è vero che nel 1981, quando ancora non era diciottenne, fondò i Wham! con lo storico amico Andrew Ridgeley. Fu proprio grazie al successo fortuito del duo inglese che la scena pop britannica si aprì al mondo intero. Tutti, e dico TUTTI, conoscono la celeberrima Last Christmas del 1985 (che, tra l’altro, calza a pennello in questo periodo).
Ispirati, giovani, edonisti e spensierati. Una matrice che si rifletterà non poco all’interno di una fortunatissima carriera insieme durata solo sei anni. Già, perché gli astri più fulgidi necessitano di andare avanti da soli. E George, in cuor suo, ed appena ventitreenne, sapeva che il suo destino era unicamente legato a sé, soprattutto quando iniziò a prendere atto della sua omosessualità, rivelata al pubblico solamente anni dopo.
Il 1986 segnò l’inizio della seconda vita per l’artista, ossia la fine dei Wham!, sancita con la pubblicazione di The Final, il canto del cigno del duo. La costante ricerca di un pubblico ed una musica più sofisticati decretarono una nuova fase per George, quella che tutt’ora viene riconosciuta come una delle carriere più brillanti per un artista.
Il primo album, Faith, pubblicato nel 1987, era esattamente quello che ci si aspettava da George Michael. Un capolavoro di musica pop, musicalmente stravagante, eccessivo, erotico ed esibizionista. Proprio come il suo autore. Il singolo I Want Your Sex è ancora un simbolo di quel periodo. Censuratissimo all’epoca per gli espliciti riferimenti sessuali, il brano venne fortemente criticato, ma di certo non impedì all’artista di vincere ben due Grammy Award.
Dicevamo all’inizio come gli anni ’80 siano la reincarnazione dell’eccesso, del sesso, della bella vita e della perversione. Ecco, non è affatto un caso che in quel periodo George Michael divenne un cliente abituale del leggendario Pikes Hotel di Tony Pike a Ibizia: il punto di ritrovo per eccellenza delle star, dove tra orge, cocaina e vita quasi selvaggia si intrecciarono storia e leggenda.
L’hotel divenne famoso già nel 1983, quando i Wham! al suo interno girarono il videoclip di Club Tropicana, forse il singolo più famoso del duo. Belle ragazze, pelli abbronzate, piscina, sole e sensualità: queste le vere protagoniste di quel filmato. Il tutto mentre un sorridente e baffuto Tony Pike prepara dei cocktail per i suoi ospiti. Egli raccontava (qui il video di VICE) di come tra lui e George ci fosse molto amore, ma non ci è dato sapere se ebbero una vera e propria relazione.
Sta di fatto che la carriera di Michael toccò il suo apice, mentre festini, orge e droga la facevano da padrona in quella sfrenata e selvaggia Ibiza. Lo stesso Freddie Mercury volle festeggiare lì il suo quarantunesimo compleanno. La festa in suo onore venne considerata una delle più assurde e sfrenate mai date. Tra le centinaia di invitati famosi c’erano lo stesso Michael, Julio Iglesias, Jean-Claude Van Damme, Bon Jovi, Robert Plant e Naomi Campbell. Un vero e proprio baccanale, dove routine e normalità persero di significato mentre la parola “anni ’80” assunse la sua nomea per eccellenza.
La svolta negativa, tuttavia, arrivò nel 1992 con la morte di Mercury e nel 1993, quando si spense Anselmo Feleppa, il compagno di Michael. Entrambi avevano una causa comune: AIDS. La malattia che a inizio anni ’90 fu il flagello tra gli omosessuali e che, di contro, diede il via ad una pesante campagna di sensibilizzazione, cui lo stesso George partecipò. Al defunto amore egli dedicò il brano Jesus To a Child.
E poi ancora i problemi con la legge. Primo fra tutti lo storico arresto il 7 aprile 1998 da parte di un poliziotto in borghese. Secondo le ricostruzioni dello stesso Michael, Marcelo Rodriguez (questo il nome dell’agente), lo avrebbe seguito in un bagno pubblico nel parco di Beverly Hills e poi George gli avrebbe fatto esplicita richiesta di mostrargli i genitali.
Dopo un patteggiamento, l’artista si decise e dichiarò al mondo la sua omosessualità. Per l’occasione pubblicò Outside, il singolo nel quale egli cantava «let’s go outside»: la celebre frase con cui si intimava i giovani a non temere la propria sessualità, gay o etero che fossero, ma di mostrarla senza avere paura.
Con i primi anni 2000 e con ormai una carriera milionaria e fortunatissima alle spalle, George Michael si avviò verso la fine della stessa. Secondo lui, infatti, il pop non era una gara di resistenza, ma una cultura giovanile da vivere spensierati. il 25 Live, tra il 2006 e il 2008, fu il suo canto del cigno, con 50 date che toccarono anche la nostra penisola.
Dopo un ultimo tour mondiale nel 2011, il Symphonica Tour, e dopo aver cantato durante la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Londra nel 2012, George Michael si ritirò dalla scena, salvo pubblicare nel 2014 l’album Symphonica.
Due anni più tardi, il 25 dicembre 2016, il Natale in tutto il mondo venne interrotto da un tristissimo lutto. Quel giorno George Michael morì di arresto cardiaco a soli 53 anni. La lunga autopsia ritardò a lungo i funerali, che si tennero nella sua Londra il 29 marzo 2017, tra la disperazione e l’incredulità dei fan. Il corpo venne poi sepolto nell’Highgate Cemetery, accanto alla tomba della madre.