Sanremo, critiche al testo napoletano di Geolier
Comincia ad accendersi il Festival di Sanremo. E se l’assenza di Sinner era abbastanza scontata, altrettanto erano le critiche che sarebbero piovute al brano del rapper napoletano Geolier. Il ragazzo di Secondigliano famoso non solo per cantare in napoletano (sebbene qualche strofa in italiano nei vecchi pezzi è rintracciabile) ma per pensare proprio in napoletano. Lui stesso specificò questo, sottolineando come un giorno forse scriverà brani interi in italiano per dimostrare agli altri rapper di essere in grado di farlo. Ma prima di farlo dovrà cominciare a pensare in italiano, per sua stessa ammissione orgogliosa.
Infatti il testo scritto quasi interamente nel suo dialetto ha già riscontrato le prime critiche. Ma sorprendentemente il primo fuoco è “amico”. L’attore Gianfranco Gallo su Facebook ha avuto da ridire sulla vera napoletanità di “I p’ me, tu p’ te”. Sul social si legge infatti che “non si tratta di puzza sotto al naso o di vecchiamma e nemmeno di razzismo ed in più tutti quanti noi vorremmo che vincesse un ragazzo napoletano (soprattutto se viene da un quartiere come Secondigliano). Ma possiamo dire che il testo è scritto in una forma pessima? Almeno consentiteci di dire che ci dispiace. Per il resto, forza Napoli e vai Geolier”.
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Gli integralisti, o presunti tali, hanno quindi sfoderato le spade andando a scomodare personaggi, a loro dire, portatori sani di napoletanità. Come nel caso dello scrittore Maurizio De Giovanni che sulle canzoni classiche partenopee ha costruito le avventure del commissario Ricciardi.
L’autore ha infatti scritto sui social come il napoletano sia “una lingua antica e bellissima, con la quale sono stati scritti capolavori immensi. È un patrimonio comune, ha un suono meraviglioso, unisce il maschile e il femminile come fa l’amore. Non merita questo strazio. P.S. Basta chiamare qualcuno e farsi aiutare. Un po’ di umiltà“.
Il post scrittum non è però la conclusione dell’arringa degiovanniana. Ce ne sono ben altri due di P.S.
«P.P.S. Evidentemente è necessaria una precisazione, che francamente mi sembrava così ovvia da non aver bisogno di essere esplicitata. Non c’è da parte mia alcun giudizio sull’artista, il suo valore musicale o il suo successo che peraltro gli auguro con tutto il cuore da conterraneo e tifoso di ogni espressione positiva del territorio. Il napoletano è una lingua, ha una sua scrittura e questa ha diritto al rispetto. Chiaro, adesso? P.P.P.S. (Sta diventando divertente entrare sempre più nello specifico) Qui non si tratta di scomodare Di Giacomo, Viviani o De Filippo. Andate a vedere la scrittura dei testi di Pino Daniele. Sono tutti disponibili in rete. Guardate come sono scritti”.
In poche parole Geolier va bene anche come portabandiera di Napoli, del suo dialetto, della sua cultura. Ma che si basi sulla tradizione, sull’integralismo di alcuni personaggi che nei decenni scorsi hanno fatto amare e conoscere la cultura partenopea, che è bene ricordare non è solo quella camorrista come alcuni intellettualoidi vorrebbero far credere. O che comunque spingono per comodità personali.
Angelo Forgione non lesina parole dure al rapper di Secondigliano, reo di aver parlato in napoletano “balordo”. Secondo lo scrittore, infatti, la lettura del testo è stata devastante in quanto “Non sono arrivato alla fine ché mi è improvvisamente calata la vista e poi mi è apparso Salvatore Di Giacomo sanguinante in croce. Vocali sparite, totale assenza di raddoppio fonosintattico delle consonanti, segni di elisione inesistenti, o inventati dove non ci vogliono (vedi il titolo). Una lingua perfetta per il rap e non solo, ma il Napoletano, non questo scempio. E chi non prova imbarazzo è complice dell’offesa dell’alta dignità dell’unico sistema linguistico locale d’Italia di respiro internazionale, proiettato sull’orizzonte artistico globale proprio attraverso la Canzone. È la deturpazione dei costumi. Altro che ananas sulla pizza».
La critica alla lingua è una critica, almeno apparentemente all’artista in quanto tale. Salvo poi un ritorno sui suoi passi specificando come “il post non attacca Geolier né la sua canzone (inedita) ma analizza una questione linguistica“.
Geolier viene quindi accusato di poca attenzione alla grammatica del napoletano, in quanto questo sarebbe una lingua e non sono un dialetto. E come tale andrebbe insegnata nelle scuole. Come suggerisce il “Moviemento neoborbonico”, da anni attento a tutto ciò che riguarda le vicende meridionali e in particolare la salvaguardia della cultura del mezzogiorno (soprattutto quella napoletana). “
La nostra, però, è una lingua con le sue regole e la sua grande tradizione- si legge nel comunicato del movimento– da Basile (il seicentesco inventore di Cenerentola) a Di Giacomo, da Eduardo a Pino Daniele – ha spiegato il professor Gennaro De Crescenzo presidente del Movimento Neoborbonico – e per questo non potevamo tirarci indietro. È comunque significativo e importante ritornare a cantare in lingua napoletana a Sanremo e diffondere la nostra lingua tra i giovani”.
Il Festival di Sanremo 2024 ancora non è iniziato. Ma la presenza del rapper napoletano, con casa discografica milanese (come sottolineato con disappunto dai neoborbonici), già crea le prime polemiche.