Flaubert e la sua Emma Bovary: voce sensuale e fragile che sfida la morale
Non serve sottolineare quanto, tra le opere di Gustave Flaubert (Rouen, 12 dicembre 1821 – Croisset, 8 maggio 1880), spicchi il titolo Madame Bovary. Moeurs de province. Come mai e perché è diventato uno dei romanzi più letti fino ai giorni nostri?
Lo scrittore, contestualmente all’uscita del libro, che fu pubblicato prima sul giornale Revue de Paris (1856) e poi in volume, subì un processo. Inizialmente, infatti, fu ritenuto immorale e osceno. Successivamente, tuttavia, Flaubert fu prosciolto dalle accuse. Di fatto, la percezione dell’opera cambia a seconda della prospettiva da cui la si legge.
La stragrande maggioranza dei lettori dell’epoca non considerava Emma, la protagonista, come una eroina romantica che vive e muore per il suo amore, bensì un personaggio insoddisfatto che tradisce il marito con uomini che cercano la scalata sociale.
Flaubert, peraltro, non indugia nel romanticismo passionale, ma sviluppa la storia, a lunghi tratti, in modo distaccato. Da come è costruito il romanzo, invece, Emma sembra tradire il marito solamente per cercare di sfuggire alla noia della società nella quale è costretta a vivere.
Tratti di realismo sono evidenti nel modo in cui vengono descritti i paesaggi in cui si dipanano gli eventi, luoghi che lo scrittore conosce perché fanno parte della provincia francese.
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Questo testo è contemporaneo al periodo in cui Charles Baudelaire scrisse I fiori del male, libro che riassume l’eredità del pensiero del Romanticismo diviso fra l’attenzione che c’è verso ciò che si trova oltre l’apparenza sensibile (quindi l’indeterminato, il vago) e la rappresentazione della realtà. La figura di Emma contribuisce alla nascita del “bovarismo”, corrente di pensiero in base alla quale bisogna credere in sé per ciò che si è.
Per chi ne avesse voglia ci sono diverse versioni cinematografiche ispirate al romanzo francese. Tra queste ricordiamo la trasposizione americana diretto da Vincente Minnelli con Jennifer Jones come protagonista (il trailer in basso), così come i film di Claude Chabrol (1991) e Sophie Barthes (2014).
Foto di copertina: Pixabay