Festa del Cinema di Roma. Tornatore e l’apologia de “Il camorrista” – masterclass
Una così lunga attesa merita un trattamento speciale: per presentare “Il camorrista – La serie“, Giuseppe Tornatore ha tenuto una speciale masterclass alla diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma.
La serie era stata girata ben trentotto anni fa, contestualmente alla realizzazione dell’omonimo e fortunatissimo film a suo tempo prodotto da Titanus Produzione e ReteItalia, uscito nelle sale nel 1986. La serie non è mai andata in onda.
La serie tv di Tornatore, esattamente come il film, racconta la sanguinosa ascesa del capo della Nuova Camorra Organizzata Raffaele Cutolo, interpretato da Ben Gazzara, ed è tratta da un romanzo di Joe Marrazzo.
Ricordando il lavoro del 1985, racconta:
“Mi aveva colpito il punto di vista del racconto, cioè vedere la nascita di una struttura criminale, la sua evoluzione, con tutti i suoi coinvolgimenti, le sue miserie umane, le sue corruzioni, i rapporti con la politica corrotta, i suoi rapporti con certi ambienti deviati dei servizi segreti. Insomma era molto scottante, era una storia di denuncia molto forte”.
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Parlarne oggi sembra quasi scontato ma, aiutato dal suo relatore Emiliano Morreale – docente presso La Sapienza ed esperto cinematografico, oltre che scrittore e giornalista – Tornatore cerca di fare immaginare al pubblico della Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica lo sgomento del pubblico del 1985.
“Il cinema fino a quel momento raramente aveva seguito il punto di vista interno, cioè raccontare come nasce e per quali ragioni nascono le associazioni criminali. Abbiamo necessariamente dovuto prenderci molte libertà, talvolta anche nell’affrontare i fatti, e questo ci ha portato a dover cambiare i nomi di tutti. Però all’epoca il pubblico che minimamente si informasse su quello che accadeva a livello di criminalità organizzata conosceva certe situazioni, e questo creò molti problemi al film”.
Perché la serie esce solo trentotto anni dopo la sua realizzazione? Nel 1986 il film non ebbe vita facile a causa dei temi scottanti che trattava: ne è un chiaro esempio la quarta puntata mostrata in anteprima alla Festa del Cinema. Il calvario giudiziario del film iniziò poche settimane dopo l’uscita nelle sale, da cui venne prontamente ritirato. Solo nove anni dopo, “Il camorrista” fu finalmente scagionato dalle assurde accuse, ma ormai era impensabile un ritorno nei cinema.
Scoraggiati, i distributori non mandarono mai in onda la serie televisiva “perché altrimenti chi aveva querelato il film poteva ripetere lo stesso procedimento contro gli stessi elementi del film. E potevano farlo perché si trattava di un altro prodotto” – spiega Tornatore nella sua masterclass.
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Giuseppe Tornatore si dice pronto a scommettere che chi pensa che la sua serie sia attuale, si lamenterà di un’ennesima serie sulla Camorra, dopo Gomorra e Mare Fuori. Ma in realtà a “Il camorrista – La serie” si deve la paternità dei prodotti più amati di oggi: “un azzardo in anticipo sui tempi, eravamo nel 1985, la febbre della serialità era ancora lontana.“
Tornatore spiega come la serie non fosse stata concepita e realizzata con le accortezze di questo tipo di prodotto mediale, ma con uno stile cinematografico in concomitanza con le riprese del film: per questo e grazie al prezioso lavoro di restauro curato dallo stesso regista, sembra girato oggi.
“Ma un esperto” ammette Tornatore “vede che in realtà era stato fatto 38 anni fa e da un ragazzo di 28 anni. Eppure riguardandolo ho apprezzato quel mio entusiasmo giovanile per il cinema“.
Così i cinque episodi andarono smarriti nei magazzini dei materiali in 35mm per rivedere la luce solo adesso. Ma il regista non sa ancora comunicare su quale rete televisiva sarà mandata in onda.
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Oggi il pubblico, il contesto storico e il ventaglio dell’offerta cinematografica e seriale sono completamente diversi.
Eppure ancora dopo trentotto anni, Giuseppe Tornatore si ritrova ancora a dover difendere la sua creazione.
Questa volta, come lo stesso regista racconta pubblicamente, le accuse provengono dal figlio di una vittima della Camorra che sostiene come oggi tanti giovani siano affascinati dal mondo mafioso, anche emulando film e serie di gran successo.
“Un sentimento che io mi sento di condividere a pieno” confessa Tornatore. “Ma questo poteva essere detto anche prima in funzione del film. Il fatto che sia stato detto solo in occasione del restauro della serie mi fa pensare.“
Anzi, il regista spiega come per evitare che nascesse un eccessivo fascino nei confronti del fondatore della Camorra Riformata, scelse di fare in modo che il pubblico provasse empatia (ma di certo non immaginando il culto che ne sarebbe nato) per un altro personaggio: Alfredo Canale. Infatti quando il protagonista uccide il suo braccio destro che gli ha salvato la vita, la gente ha cominciato a tifare e riconoscersi in Canale.
“Non che questo non mi abbia fatto sentire in colpa, ma oggi come allora io credo di avere fatto un film giusto. Anche allora lo pensavano i miei produttori e lo pensavo anche io.”
Aggiunge accorato: “Tutto si può dire e criticare sul mio lavoro ma che sia un insulto alle vittime della Camorra non lo ritengo giusto.
Penso ancora che questo genere di racconto abbia dato possibilità di saperne di più. Non credo che un camorrista cambi idea con i miei prodotti, ma al contrario si può aumentare in tutti gli altri una consapevolezza della realtà.”
(Foto: Festa del Cinema di Roma)