“C’è ancora domani”: Paola Cortellesi toglie il rossetto per conquistare la libertà
La Festa del Cinema di Roma è diventata ufficialmente maggiorenne: presso l’Auditorium Parco della Musica il film C’è ancora domani di Paola Cortellesi ha aperto le danze della diciottesima edizione.
Un inizio fortemente d’impatto, che arriva letteralmente come uno schiaffo in faccia. D’altronde così inizia il film di Paola Cortellesi e così inizia ogni giornata di Delia, la sua protagonista.
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Considerata una delle artiste più complete del panorama italiano, Paola Cortellesi firma il suo esordio alla regia con un originale dramedy in bianco e nero ambientato nel Secondo Dopoguerra, prodotto da Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa per Wildside, società del gruppo Fremantle, e Vision Distribution, società del gruppo Sky.
Con questa particolare formula, perché “il doppio registro è l’unico che conosco” come dichiara lei stessa in conferenza stampa, la Cortellesi racconta una storia di base fortemente drammatica che tocca delicati temi come la violenza domestica, la mancanza di libertà e diritti nel lontano ma vicino 1946 con un tocco di ironia e leggerezza.
“La violenza domestica” – spiega la regista, sceneggiatrice e attrice protagonista – “allora non era un argomento da trattare, ma un dato di fatto, una realtà costante e come tale l’abbiamo trattata.” Così sceglie di non generare una sorta di voyeurismo nei confronti di una vittima bensì di celare le più brutali azioni in scene da ballo, di far apparire e sparire lividi e macchie di sangue “perché è la maniera più violenta di raccontarla: come niente fosse“.
Ma C’è ancora domani non si limita ad essere una storia di violenza domestica: il finale del film spiazza rivelando il vero fulcro di una storia in bianco e nero ambientata nel 1946. Una storia che parla di povertà e diritti mancati, di maschilismo e diritto all’istruzione.
La Cortellesi la tocca piano: tra battute così amare da far ridere di cuore, un sorriso al cioccolato che sa di rimorso e tenerezza, una sigaretta al sapore di libertà e la voglia di riscatto in un semplice “oggi no” detto ad un cadavere. Per non parlare dell’immenso potere di un rossetto messo con desiderio di libertà e tolto con ulteriore fierezza.
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Ma andiamo per ordine: nel cast Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea sono affiancati da Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, Giorgio Colangeli e Vinicio Marchioni.
Sinossi
Delia (Paola Cortellesi) è la moglie di Ivano, la madre di tre figli. Moglie, madre. Questi sono i ruoli che la definiscono e questo le basta in una vita di giornate tutte uguali che iniziano con un buongiorno e uno schiaffo in faccia, prima di alzarsi dal letto. Come niente fosse (da questa idea nasce in realtà tutto il film, come racconta la Cortellesi in conferenza stampa).
Siamo nel 1946 e questa famiglia qualunque vive in una Roma divisa tra la spinta positiva della liberazione e le miserie della guerra da poco alle spalle.
Ivano (Valerio Mastandrea) è capo supremo e padrone della famiglia, lavora duro per portare i pochi soldi a casa e non perde occasione di sottolinearlo, a volte con toni sprezzanti, altre, direttamente con le mani e con la cinghia. Ma sempre a imposte chiuse, dietro le quali figli e vicinato ascoltano le aggressioni senza intervenire.
Ivano ha rispetto e devozione solo per quella canaglia di suo padre, il Sor Ottorino (Giorgio Colangeli), un vecchio livoroso e dispotico di cui Delia è a tutti gli effetti la badante. Forse l’unico in casa a mostrargli riconoscenza ma sempre sottolineando come “purtroppo è una che parla troppo” e spiegando a suo figlio che non bisogna picchiare la moglie ogni volta che si arrabbia, perché poi s’abitua.
Ma Ivano ha la mano pesante, non per cattiveria, ma per protezione della sua donna, che però non è buona neanche come serva. E Ivano è un uomo che va compreso: “è nervoso perché ha fatto due guerre“.
L’unico sollievo di Delia è l’amica Marisa (Emanuela Fanelli), con cui condivide momenti di leggerezza e qualche intima confidenza.
È primavera e tutta la famiglia è in fermento per l’imminente fidanzamento dell’amata primogenita Marcella (Romana Maggiora Vergano), che, dal canto suo, soffre per l’impossibilità di studiare e spera solo di sposarsi in fretta con un bravo ragazzo di ceto borghese, Giulio (Francesco Centorame), per liberarsi finalmente di quella famiglia imbarazzante.
Anche Delia non chiede altro, accetta la vita che le è toccata e un buon matrimonio per la figlia è tutto ciò a cui aspiri. In realtà Marcella guarda sua madre con un misto di compassione, rabbia e delusione: sembra essere l’unica in casa a comprendere la disperata situazione di Delia ed esortarla a far qualcosa, a riprendersi la propria dignità.
Marcella arriva infatti ad urlare contro sua madre: “Perché non te ne vai?” ma dopo l’intenso sguardo che esprime tutta la sua consapevolezza, la Cortellesi ci spiazza e ci spezza con amaro “E ‘ndo vado?“
L’arrivo di una lettera misteriosa però, le accenderà il coraggio per rovesciare i piani prestabiliti e immaginare un futuro migliore, non solo per lei.
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Spoiler alert
Per tutto il film sembra che Delia si stia convincendo a seguire il piano di Nino (Vinicio Marchioni), suo primo amore che lavora in un’autofficina vicino casa: ogni giorno quando si incontrano, soprattutto con lo sguardo si comunicano a vicenda il rimorso per non essersi sposati.
Nino è pronto a partire e ricominciare al Nord e dice a Delia di non avere il coraggio di esprimere a voce il suo più grande desiderio da vivere con lei. La donna le chiede allora di scriverle.
Quando a casa arriva una lettera intestata a Delia, che la poveretta deve tenere nascosta a suo marito, e soprattutto quando la protagonista torna a leggerla con un atteggiamento sempre più stanco e convinto a ribellarsi, viene spontaneo ricollegare il contenuto della lettera ad una fuga d’amore con Nino.
Solo nella scena finale capiamo che in realtà il gesto rivoluzionario che Delia per riprendersi la propria dignità e affermare la propria libertà di essere umano e di donna, nonostante Ivano la ostacoli in tutti i modi, è andare a votare il 3 giugno 1946.
Sì, il titolo “C’è ancora domani” si riferisce proprio al secondo giorno del referendum che ha reso l’Italia una repubblica e soprattutto ha concesso il diritto di voto alle donne italiane.
Un gesto che sembra scontato, ma basta cogliere la fierezza e la ritrovata stima nello sguardo della giovanissima Marcella per rendersi conto dell’importanza di quel foglio di carta per cui mettersi e poi togliersi un rossetto.
L’opera prima di Paola Cortellesi si chiude con una dedica (Per Lauretta – Laura sua figlia?) e una citazione di Anna Garofalo:
“Stringiamo le schede come biglietti d’amore“.
(Foto: Festa del Cinema di Roma)