Festa del Cinema di Roma. “La chimera” di Alice Rohrwacher tra furti, arte e morte
Presentato in anteprima alla 76° edizione del Festival di Cannes, La chimera di Alice Rohrwacher conquista anche la Festa del Cinema di Roma, nella sezione Best of 2023.
Dopo Le Meraviglie (2014) e Lazzaro felice (2018) Alice Rohrwacher chiude una trilogia girata ai margini dell’Italia contemporanea, interrogandosi sulla sua identità culturale e sul passato, individuale e collettivo.
Un doppio salto nel passato: gli anni ’80 nelle periferie della Toscana e poi ancora più indietro. Non al tempo dei Romani, ma a quello ancora precedente: a quello degli Etruschi, il primo popolo a gettare le basi della civiltà in Italia.
Protagonista di “La chimera” è un estraneo di cui non si sa quasi nulla e che parla davvero poco: Arthur (interpretato da Josh O’Connor, conosciuto come il giovane e introverso Principe Carlo della serie The Crown) è chiamato in diversi modi: L’inglese, il Maestro e italianamente Artu’.
Arthur è un archeologo appassionato della cultura etrusca con un dono speciale: grazie ad un bastoncino biforcuto e alle sue sensazioni (che sembrano piuttosto attacchi di panico) riesce a individuare il vuoto. Il vuoto della terra nella quale si trovano le vestigia di un mondo passato. Lo stesso vuoto che ha lasciato in lui il ricordo del suo amore perduto, Beniamina (Yle Vianello).
Appena uscito di prigione, torna nella piccola località sul Mar Tirreno dove vive. L’accoglienza estrosa che riceve non sembra fargli molto piacere: non solo è stato tradito dai suoi compagni ma ha appena perso qualcosa di veramente importante.
Appena sceso dal treno ritrova la sua sciagurata banda di tombaroli, ladri di corredi etruschi e di meraviglie archeologiche. Saccheggiatori di tombe che negli anni ’80 si sognavano liberi, inconsapevoli di essere in realtà gli sporchi ingranaggi di un immenso traffico d’arte internazionale.
L’inglese sembra quasi dimenticare che un giorno, inseguiti dalla polizia, gli altri lo abbiano lasciato indietro e per questo sia finito in prigione. Non gli interessa la vendetta e nemmeno i soldi. Per il Maestro, tutto ciò che conta è contemplare la bellezza di questi magnifici gioielli deposti nei corredi funebri delle tombe delle donne etrusche, prima che siano rivenduti al fantasmatico ricettatore Spartaco.
La sua unica alternativa al furto di fibule sono le visite alla curiosa Signora Flora (Isabella Rossellini), l’anziana madre di Beniamina, che continua a parlare del momento in cui sua figlia ritornerà.
Lo spettatore conosce Beniamina attraverso gli occhi di Arthur, ma solo quando sono chiusi. Pelle diafana e capelli rossi, la giovane ci appare in un vestito che diventa pian piano sempre più corto a causa di un filo rosso rimasto impigliato a terra nel bosco.
I significati del film
Il nuovo film di Alice Rohrwacher è una discesa onirica sospesa tra il mondo della veglia e quello del sonno, eternamente in bilico tra antico e moderno. La storia di una terra e dei suoi meravigliosi segreti, che l’autrice tesse all’interno di una dimensione favolistica e incantata.
La regista, affascinata dalla riscoperta di reperti archeologici che testimoniano il rapporto degli antichi con la morte, si sofferma su una domanda: quando un oggetto cessa di essere sacro per una generazione e diventa una semplice testimonianza del passato?
I saccheggiatori di tombe del suo film, come quelli di cui sentiva parlare durante la sua infanzia in Toscana, si sentono come uomini nuovi: per loro gli oggetti lasciati nelle tombe per millenni non sono più oggetti sacri, ma cose vecchie da cui poter ricavare un guadagno.
Solo Arthur sembra ad un certo punto essere colto da un’epifania, rendendosi conto del prezioso valore artistico e dell’eterna bellezza di quegli oggetti “che non sono fatti per gli occhi degli uomini”.
In “La chimera” c’è anche una dimensione celeste che ben rimanda alla civiltà etrusca, misteriosa e perduta. Arthur sembra quasi sentirsi colpevole della scomparsa della sua amata e segue quel filo di Arianna nelle sue chimere sprofondando nel mondo delle anime, desiderando quasi che la terra si chiuda su di lui, elaborando così, simbolicamente, il proprio lutto.
“Arthur cercava un passaggio verso l’aldilà“: in questa frase pronunciata velocemente dai cantastorie che più volte compaiono sullo schermo (di nuovo un accenno alla tradizione orfica) si racchiude in realtà tutto il senso del film.
La fotografia
La fotografia di “La chimera“, mirabilmente curata da Hélène Louvart, alterna continuamente tre formati diversi: il preciso 35 mm per mostrare le sfumature degli affreschi tombali, il Super16, per la sua corposità e dinamicità, e il leggero e amatoriale 16 mm, per seguire le peripezie del numeroso cast (che comprende tra gli altri Carol Duarte, Isabella Rossellini, Vincenzo Nemolato, Lou Roy Lecollinet, Giuliano Mantovani e, in un ruolo insolito, la sorella della regista e sua attrice feticcio, Alba Rohrwacher) senza mai soffermarsi troppo sull’approfondimento dei personaggi e delle relazioni.
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Le citazioni
Tante le riprese cinematografiche nel film di Alice Rohrwacher.
Prima di tutto Fellini: Arthur e i suoi compagni sono un po’ gli eredi dei Vitelloni (1953). Poi una citazione esplicita: una scena in cui l’aria, penetrando in una tomba chiusa da millenni, asciuga gli affreschi e sembra cancellarli. Ricorda la famosissima scena di Roma (1972), in cui gli operai involontariamente facevano sparire splendidi affreschi romani.
Se le truffe dei tombaroli ricordano quelle dei personaggi de I soliti ignoti (Monicelli, 1958), le sequenze degli scavi archeologici ricordano Viaggio in Italia (Rossellini, 1954), la figura quasi cristica di Arthur riecheggia all’immagine dell’angelo pasoliniano di Teorema (1968).
Il buio
In occasione dell’anteprima a Cannes, alla Rohrwacher viene chiesto come mai ogni suo film inizi con alcuni secondi di buio.
La risposta della regista:
“Ho sempre iniziato i miei film con il buio, perché i primi «cinema» che ho creato nella mia mente sono forse nati nell’oscurità piuttosto che nella luce. Ricordo i lunghi viaggi in auto tra Italia e Germania durante i quali, in uno stato di sonnolenza, sentivo solo il suono intorno a me e, con gli occhi chiusi, cercavo di immaginare cosa stesse succedendo… e il mio film era nato.
Entrare in una storia nel buio ti mette immediatamente, come spettatore, in una dimensione attiva: devi attivare la tua immaginazione prima ancora che ti arrivi un’immagine del film. Sento un suono: dove sono? Cosa succederà intorno a me? Solo allora le immagini si costruiranno.
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È un modo dolce per stabilire immediatamente un rapporto diverso con lo spettatore, quasi come un gioco a cui partecipano giocatori molto distanti tra loro.
Spoiler alert (ma non troppo)
La locandina del film aiuta a immaginare la motivazione di una scelta registica: quando Arthur individua un vuoto la telecamera ruota di 180° e vediamo il protagonista a testa in giù.
Nella locandina si nota un filo rosso intorno alla sua caviglia: è Beniamina a tirarlo a sé da oltre il terreno?
Foto: Festa del Cinema di Roma