Festa del Cinema di Roma. “I Leoni di Sicilia” è l’attesissima serie di Paolo Genovese
La Festa del Cinema di Roma rivela in anteprima le prime puntate de I Leoni di Sicilia, la serie in costume diretta da Paolo Genovese.
C’è grande attesa per l’adattamento cinematografico di uno dei casi editoriali più popolari del panorama letterario italiano attuale: il romanzo di Stefania Auci, pubblicato nel 2019 per Edizioni Nord, è il titolo più venduto in Italia – oltre 700mila copie – e all’estero – 35 edizioni e pubblicazioni in 32 Paesi.
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Paolo Genovese ne realizza una serie in otto puntate che uscirà su Disney+: le prime quattro puntate saranno disponibili dal 25 ottobre, mentre le altre quattro dalla settimana successiva.
“È una storia che non conoscevo:” spiega Genovese in conferenza stampa alla Festa del Cinema di Roma “dopo aver letto il romanzo di Stefania Auci ho pensato che ci fosse materiale prezioso per raccontare questa storia potente. La cosa che mi ha colpito di più erano i contrasti su diversi livelli che si incastrano tra loro perfettamente.
I contrasti storici (dai moti del 1818 allo sbarco di Garibaldi in Sicilia) e quelli sociali tra una borghesia commerciale potente e la nobiltà che decade, due realtà che però hanno bisogno l’una dell’altra. Infine i contrasti personali: tra la rivoluzione di Giulia che cerca di ribellarsi contro una società patriarcale e quella di Vincenzo, un uomo affascinato dal potere dei soldi che cerca di andare controcorrente in un mondo che lo vuole sposato ad una nobile“.
Ambientata nella Palermo del diciannovesimo secolo, la serie realizzata da Paolo Genovese appare come un affresco politico, sociale e culturale della Sicilia e dell’Italia intera lungo quasi tutto l’Ottocento attraverso le storie della famiglia Florio.
Trama e personaggi
Per impersonare gli ambiziosissimi membri della famiglia Florio, Genovese si circonda di un cast eccezionale.
Vinicio Marchioni e Paolo Briguglia sono rispettivamente Paolo e Ignazio, capostipiti della famiglia. Nella tragica notte del terremoto che colpisce Bagnara Calabra nel 1802, i due fratelli decidono di lasciarsi il difficile passato alle spalle: sono rimasti orfani a causa di un altro terremoto, perciò Paolo ripete “un’altra volta no” prima di decidere di partire alla volta di Palermo. Con loro la giovane Giuseppina (Ester Pantano) e il piccolo Vincenzo, moglie e figlio di Paolo.
Nella calda e “felicissima” quanto ostile Palermo, città dai mille colori e sapori, i fratelli Florio aspirano a diventare i più ricchi e potenti, gettando le basi di un impero con la loro bottega di spezie, a partire da un’umida e consumata cantina.
“Paolo è il perfetto esempio” – commenta Vinicio Marchioni – “del motivo per cui siamo ancora oggi una società fondata sul patriarcato: uno di quegli uomini testardi più preoccupati di costruire qualcosa che dei sentimenti. Con Paolo (Genovese, ndr) abbiamo deciso di non fare nessun passo indietro per descrivere quest’uomo così fatto, con la speranza che oggi, dopo duecento anni, qualche piccolo passo in avanti sia stato fatto.”
Aggiunge: “Il mio personaggio apre la serie ed era giusto farlo parlare con un accento ancora calabrese proprio per sottolineare il fatto che arrivati nella città di Palermo lui si sentisse uno straniero: così che questo potesse essere il motivo di una mania di crescita economia e sociale, di tutto quello che inculca nella mente del povero grande Vincenzo. Un uomo così ruvido e testardo, così truce da essere destinato alla damnatio memoriae: il nipote prenderà il nome di Ignazio, non quello del nonno Paolo.“
Uno scambio di battute nella prima puntata de I Leoni di Sicilia ci aiuta a capire e diventerà un fil rouge dell’intera serie. Dopo aver ricevuto pesanti offese da un barone che non intende saldare il debito di sua moglie, di fronte al piccolo Vincenzo:
Paolo: Ci schifano perché siamo commercianti e tocchiamo i soldi. Quelli dobbiamo toccare perché sono l’unico potere che abbiamo contro questi qua. Perché non siamo come loro.
Vincenzo: E come siamo noi?
Paolo: Lo senti l’odore di spezie? (Gli fa annusare il polsino della sua camicia pulita) Questi siamo.
La drogheria Florio sarà però solo il punto di partenza per una scalata sociale che dalle spezie si sposterà al commercio dello zolfo e quello del sale, al Marsala delle cantine Florio, all’acquisto di magioni svendute dai nobili, alla tonnara che porterà il loro nome, a una compagnia di navigazione.
Negli anni ’30 dell’Ottocento, sarà l’ormai cresciuto Vincenzo (Michele Riondino) a fare il salto di qualità a colpi di idee rivoluzionarie, amara ironia e voglia di riscatto sociale contro la nobiltà che tiene in pugno, ma a cui però non ha accesso.
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Al suo fianco, o meglio alle sue spalle, sempre la madre Giuseppina (che da anziana è interpretata da Donatella Finocchiaro) che non esita a ricordargli che dovrebbe sposarsi e avere un erede nella ricchissima villa in cui ora vivono. Magari sposare una giovanissima nobile educata dalle suore per assicurarsi un titolo nobiliare.
Ma la sua vita sarà totalmente sconvolta dall’incontro con la leonessa Giulia (Miriam Leone), forte e insofferente alle rigide regole della società di quel tempo. Una non giovanissima ragazza condannata dalla famiglia a restare nubile per prendersi cura della madre malata e degli uomini di casa come una cameriera. Il suo amore per la letteratura (dice a Vincenzo che gli uomini della sua vita sono i personaggi letterari dei suoi libri) ci riporta inevitabilmente alla mente film tratti da romanzi sentimentali come quelli della Austen.
Miriam Leone, grata per il suo ruolo, dichiara: “Avevo regalato il romanzo a mia madre e a mia nonna, alle donne della mia famiglia, dicendo: ‘Queste donne siamo noi‘. Mi piaceva pensarle come nostre ave che hanno lottato per renderci libere.
Io sono innamorata di Giulia che prende in mano le redini della sua vita per amore non solo del suo uomo ma anche per amore di se stessa. La sua voglia di libertà è straordinaria: in un’epoca in cui le donne venivano uccise per il disonore, Giulia trova disonorevoli le decisioni che il padre e il fratello minore prendono per lei.
Ho nutrito questo personaggio di ‘perché?‘ in un mondo in cui tante donne non hanno voce e non hanno diritto a porsi domande. Giulia, ti ringrazio per averci rese un po’ più libere.“
Infine la Leone si dice finalmente grata e orgogliosa per un film che parli della sua Sicilia senza parlare di mafia.
“Io no, non posso sentirmi molto vicino al mio personaggio,” dice Michele Riondino, “se non per l’ideale di dedizione al lavoro. Quello che mi ha colpito di Vincenzo Florio in realtà è il suo modo di essere totalmente rivolto al futuro: un visionario. È un viaggiatore: conosce il mondo ed è testimone della rivoluzione industriale in Inghilterra al punto da volerla portare in Italia, anzi in Sicilia.
Mi piace pensare all’idea che se le cose fossero andate come Vincenzo Florio avrebbe sperato oggi potremmo vivere in un’Italia capovolta, con la Sicilia al posto del Nord produttivo. E pensare che c’è stato un momento storico in cui un antipatico, ruvido e spigoloso rivoluzionario si sia innamorato di un’altra reazionaria. Sono due figure rivoluzionarie che si sono inevitabilmente innamorate anche mettendosi in difficoltà a vicenda: perché se Giulia lotta contro il patriarcato, Vincenzo è proprio portatore di quel patriarcato.”
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Qui interviene Paolo Genovese: “Il fascino del personaggio sta nel suo essere contraddittorio, non monocolore e spregiudicato negli affari: era innamorato della sua invenzione e quando qualcuno si opponeva al suo obiettivo pensava: ‘Non sono io a pensare sbagliato ma gli altri a non vedere cosa vedo io’.
Era però molto vicino alla persone: nella serie vediamo non accetta che i bambini possano lavorare nella solfatara, nonostante siano le stesse famiglie a chiederlo: crea posti di lavoro per i loro genitori e raddoppia le paghe.
Inoltre è combattuto tra l’amore e l’importanza che riconosce nel dover sposare una nobile. Esige un figlio maschio per poter portare avanti la dinastia ma poi si rende conto dell’assurdità.”
C’è infatti una terza generazione di Florio: Eduardo Scarpetta descrive così il suo Ignazio Florio, figlio di Vincenzo: “Prima di nascere ha un destino già segnato in quanto unico figlio maschio che deve portare avanti questa impresa/famiglia/dinastia. È quello che chiede a suo padre di lasciare le sorelle libere di sposarsi per amore, sacrificando i propri sentimenti per accontentare le sue richieste. Rinuncia alla sua Camille, vedova francese impresentabile in famiglia, per sposare finalmente la nobile Giovanna D’Ondes (Adele Cammarata).
Incanala la rabbia contro suo padre nella determinazione per il suo lavoro aggiungendo all’impero di famiglia quello che mancava al padre Vincenzo: è più vicino alle esigenze delle persone che lavorano con lui e per lui.“
Un set a cielo aperto
Per l’adattamento cinematografico de I Leoni di Sicilia sono stati ricostruiti tre interi quartieri praticabili e un porto: Palermo è diventata un set a cielo aperto, immaginando come fosse all’era della Belle Époque.
Alcune scene sono state girate anche presso l’isola di Favignana (nella vera Tonnara Florio), nelle campagne di Marsala (cantine Florio), a Trapani (villino Nasi) e a Cefalù.
Per gli interni invece sono stati aperti i saloni di dimore storiche: Palazzo Comitini, Palazzo dei Normanni e Palazzo Alliata di Villafranca. Inoltre, per questo “Gattopardo al contrario” alcune scene sono state girate nel Palazzo Gangi Valguarnera, esattamente quello che nel 1963 ospitò la celebre scena del ballo finale del capolavoro di Luchino Visconti.