Festa del Cinema di Roma. Christian De Sica fa commuovere con “I limoni d’inverno”
Mentre la diciottesima edizione della Festa del Cinema volge quasi al termine, ecco che arriva un film sorprendente: Christian De Sica e Teresa Saponangelo ci fanno commuovere con “I limoni d’inverno“, diretti da Caterina Carone.
Una produzione Vision Distribution – Società del gruppo Sky, Bartlebyfilm e Agresywna Banda, prodotto da Massimo Di Rocco e Luigi Napoleone. Arriverà nelle sale italiane dal 30 novembre, distribuito da Europictures.
Dopo aver già lavorato insieme nel suo primo lungometraggio “Fräulein – Una fiaba d’inverno”, Caterina Carone dà la possibilità “a Christian di provare e mostrare la sua bravura nel drammatico“
“Finalmente un personaggio buono,” dichiara l’attore “un uomo semplice, educato. Ho sempre interpretato misogini e mascalzoni o comunque personaggi negativi“, come il suo Luciano Baietti nel film drammatico di Pupi Avati, Il figlio più piccolo, in cui interpreta comunque un uomo malvagio. “Posso affermare che, giunto al mio 113° film, questo è il mio primo personaggio positivo.“
Leggi anche: Festa del Cinema di Roma. “Accattaroma”: si può emulare Pasolini?
Ne “I limoni d’inverno” troviamo infatti Christian De Sica in un ruolo straordinariamente drammatico: un insegnante in pensione che vanta diverse pubblicazioni di successo ma umilmente non si riconosce nel termine “scrittore“. Ma che ad un certo punto non si esprimerà più con le parole, ma solo con lo sguardo.
Una figura molto carismatica quanto sola, se non per il giovane barista Nicola (Francesco Bruni) che gli fa quasi da assistente e gli chiede una mano per prendere finalmente il diploma in una scuola serale. E per il fratello Domenico (Luca Lionello) con cui recupera il rapporto in tarda età, impegnato nel riparare una vecchia barca e finalmente realizzare il proprio desiderio di viaggiare.
Di fronte al suo appartamento, situato letteralmente tra passato e futuro, ecco che arrivano due nuovi vicini: Eleonora (Teresa Saponangelo) e Luca (Max Malatesta). Un fotografo il cui talento viene finalmente riconosciuto e sua moglie, ex disegnatrice e ora sua agente.
La trama
Grazie alla vicinanza dei rispettivi terrazzi, due sconosciuti alle prese con la propria attività di giardinaggio incominciano a intessere un dialogo profondo, che li aiuta ad alleviare il dolore per qualcosa di grave, un segreto, che ognuno dei due cerca di nascondere a se stesso e a chi gli sta vicino.
Leggi anche: Festa del Cinema di Roma. Lisandro Alonso presenta Eureka! – tre film in uno
In quella sorta di limbo sospeso tra la terra e il cielo, lontano dalla velocità della città, Pietro ed Eleonora si insegnano a vicenda a seguire il proprio cuore, a credere ancora nella “possibilità di essere felici”, prima che le loro strade si separino di nuovo.
Parole e colori, lutto e perdita, libertà e condanna. “I limoni d’inverno” è un film che celebra l’importanza dell’ascolto e il potere dell’arte che permette ad una vita spezzata di riemergere.
Cura ed empatia
“I limoni d’inverno” è un film sulla cura. Delle piante, dell’altro e di se stessi. Un film su due solitudini che in un momento difficile riescono a trovarsi e conoscersi, riescono ad essere felici almeno per un attimo.
“Ho incontrato questa storia un po’ per caso – dice la regista Caterina Carone. “L’ho incontrata come capita con le persone più importanti della nostra vita, quando incroci lo sguardo di qualcuno e riconosci, nel profondo dei suoi occhi, qualcosa che parla di te e delle persone che illuminano la tua esistenza.
Ho sentito, nella storia di Pietro e di Eleonora, risuonare questa melodia universale e misteriosa. Ho sentito emozioni autentiche, la fragilità dello stare al mondo di ogni essere umano. Noi e gli altri, in un gioco continuo di specchi, sfumature e colori – gli infiniti colori dell’esserci, qui, ora.
Mi sono misurata con l’asprezza di un film drammatico, con fatti dolorosi e reali, per confrontarmi con una drammaturgia che impone rigore, essenzialità e sguardo amorevole, cercando l’empatia verso gli altri e quella ancora più difficile con noi stessi, con i nostri limiti e paure.
Leggi anche: Festa del Cinema di Roma. “La chimera” di Alice Rohrwacher tra furti, arte e morte
Il film ha anche toni dolci e gioiosi, perché la vita non è mai mono-tono, ma una stratificazione continua di lacrime e sorrisi. Vorrei che i protagonisti di questa storia, i loro occhi, il loro cuore, possano vivere in tutte le persone che li incontreranno, così come vivono in me e negli attori che li hanno interpretati».
La guida di papà Vittorio
Christian De Sica si dichiara stanco di vestire i panni di personaggi negativi, anche se spesso mettendoli in ridicolo. Dice: “Abbiamo bisogno di più film così: del bello, del buono, dell’amore. Perché altrimenti non facciamo altro che mostrare ai nostri figli un mondo di mer*a. Tra tanta violenza, scazzottate, suburre, stupri e morte, dobbiamo ricordare al pubblico che gli uomini non sono solo dei mostri. Tutti hanno bisogno di essere rincuorati“.
“Sono sicuro che a papà piacerebbe moltissimo questo film perché l’ipersensibilità di Caterina Carone assomiglia molto alla sua. Non è stato mai un regista che sapeva muovere la macchina alla Federico Fellini o non era un metteur en scène come Luchino Visconti, ma lavorava soprattutto sugli attori mettendo la telecamera fissa.“
Cercando di essere il più possibile se stesso, andando a “togliere più che ad aggiungere“, l’attore rivela di aver fatto tesoro di un grande consiglio di Vittorio De Sica: “Non cercare di dire la battuta a effetto, ma cerca di guardare negli occhi l’attrice che hai davanti, ascolta quello che lei dice vedrai che risponderai in maniera corretta con le battute che devi dire.”
D’altronde, Christian De Sica spiega di essere in realtà una persona molto timida nel privato, al contrario di quello che mostra al cinema. “Sono stato più me stesso ed è stato abbastanza facile. Soprattutto grazie alla chimica che si è creata con un’attrice straordinaria come Teresa Saponangelo.“