Federico Buffa racconta a teatro il Mondiale del 1982: “la nazionale più forte di sempre”
Non erano le notti magiche, quelle sarebbero arrivate qualche anno più tardi, e neanche quelle dell’era social con stories e short video mandati in diretta sulle principali piattaforme network per esternalizzare, rispetto agli spogliatoi, la felicità dei vincenti. Erano gli anni ’80 e gli italiani si lasciavano alle spalle un decennio di controversi accadimenti sociali e politici, spesso sfociati nel sangue. Il calcio, sport nazionale nel Bel Paese, ora come allora aveva il compito di unire la popolazione, sempre più in cerca di un evento, di un episodio, che potesse fare da collante tra passato e presente, rinnovando l’importanza dello sport come veicolo di valori aggregativi.
Nel 1982 i Mondiali di calcio si svolsero in Spagna, dal 13 giugno all’11 luglio. L’ambizioso torneo, che rifletteva esattamente le ambizioni di una nazione desiderosa di imporsi sull’altare dell’innovazione sportiva, presentava due punti di rottura col passato: da un lato il suo essere itinerante (a tutt’oggi è il campionato del mondo con il più alto numero di stadi coinvolti, ben diciassette) e dall’altro l’aumento delle squadre partecipanti, da sedici a ventiquattro. Un’edizione ricca di sfumature, di novità e di elementi che hanno spianato la strada alle edizioni venute dopo. Un mondiale storico, come la vittoria dell’Italia che, la notte dell’11 luglio 1982, sconfisse la Germania Ovest portando a casa la sua terza stella.
Quelle notti sono state raccontate da numerosi giornalisti e scrittori. Tra questi c’è anche Federico Buffa, cioè l’antonomasia dello storytelling sportivo tricolore. L’avvocato, eternamente alla ricerca del non detto tra le pagine della storia, sa toccare le corde dell’emotività raccontando gesta e intrecci di vite, di episodi e di momenti che hanno liberato la fantasia dalla realtà. I gol di Paolo Rossi, l’urlo di Marco Tardelli, le parate di Dino Zoff, la pipa di Enzo Bearzot, la notte magica del Bernabeu, le braccia al cielo del presidente della Repubblica Sandro Pertini: quanto basta per scrivere una sceneggiatura teatrale perfetta.
Ripensando a quell’11 luglio del 1982, quale è il primo ricordo che le viene in mente?
Ricordo ogni secondo e ogni istante di quella giornata, avevo 23 anni. C’è una curiosità, però: mi sono fidanzato il giorno prima della finale. Ma ha fatto tutto lei, fosse stato per me… E poi siamo diventati campioni del mondo. Tutto in ventiquattro ore, niente male!
Che Italia era, quella del 1982?
Venivamo dai dieci anni più difficili della storia della Repubblica. Li immagino come uno specchio rotto dove c’erano tante forme quanti lati infranti. C’erano tutte le possibilità di ripartenza in quel momento, e mi piace fare un paragone, anche se va preso con le molle: si dice che nel ’48 in Italia non fosse scoppiata la guerra civile grazie alla vittoria al Giro di Gino Bartali. Ovviamente vai a vedere se è stato proprio questo il motivo, ma quando lo sport prende in mano la società è capace di ribaltare il destino.
Le è già capitato di raccontare il mondiale di Spagna. Lo fece per Sky. Come è nato questo spettacolo?
Originariamente era stato pensato all’interno di Storie Mondiali (da un punto di vista narrativo, fu tra le prime cose fatte con Sky ). Scelsi 10 storie, purché del 900. Vi era anche il mondiale del 1982. Mi trovavo a Capocabana, a Rio de Janeiro, quando mi chiamò un numero sconosciuto. Era Marco Tardelli che mi disse che Paolo Rossi aveva visto lo spettacolo, trovandolo entusiasmante. Ha voluto ringraziarmi “per come hai raccontato il nostro mondiale”, testuali parole. Tutti i giocatori di quella nazionale, veri personaggi del tempo, mi hanno raccontato moltissime storie, dando un’autorialità eccezionale allo spettacolo. Graziani, poi, è di una simpatia inarrivabile.
Quale è stato l’episodio che le è più rimasto impresso?
Riguarda Marco Tardelli e la foto del suo urlo dopo il gol alla Germania. Quando la figlia Sara compì 18 anni, le regalò un poster di quel momento storico con un suo autografo e una sua dedica. Un gesto molto dolce. Un altro riguarda Rossi. L’anno precedente al mondiale si infortunò gravemente, rischiando di non partecipare alla spedizione spagnola. In quei giorni dove non aveva certezze, Bearzot andò da lui dicendogli che sarebbe stato il centravanti titolare del torneo. Emozionante.
Ci sono affinità con il mondiale del 2006 e con la vittoria agli europei di quest’anno?
Si, qualcosa c’è. Quella del 1982 era una storia spensierata, nessuno ci dava favoriti e la pressione addosso non era forte come in altre circostanze. Era una storia spensierata, anche se con le ombre del calcio scommesse. Come nel 2006, dove la nazionale prese parte al torneo dopo il disastro di Calciopoli. Il clima, soprattutto in quel caso, era rovente. C’è da dire che gli italiani si esaltano nelle difficoltà, e in tutt’e tre queste situazioni ci sono comunque delle affinità.
Sicuramente c’è da sottolineare il forte valore aggregativo del calcio…
Credo che questo particolare sia fondamentale: il e le Olimpiadi sono le speranze del mondo, sono l’unica lingua che il globo parla, pur se declinata in maniera diversa. Delle Olimpiadi mi ha colpito la vittoria delle ragazze nel canottaggio, persone di cui si parla solo durante il torneo. Fanno quattro anni di fatica immane per una singola gara e poi ritornano nel loro anonimato. Sono queste le storie che mi piacciono.
Quella del 1982 è stata la nazionale italiana di calcio più forte di sempre?
Si, credo proprio di si. Quella del 1982 è stata la più forte nazionale dell’era moderna, quella del ’38 era forte, ma l’abbiamo visto solo in foto in bianco e nero e i pochi video. Non ce ne siamo resi conto. Ma questa l’abbiamo vista davvero. Io non credo che l’Italia abbia mai giocato bene come in quella occasione. E poi, basta guardare i nomi di quella formazione: Scirea, Tardelli, Conti, Zoff, Rossi, Graziani. Ragazzi…
E Mattarella come Pertini….
Mattarella ha fatto la “pertinata”. Proprio all’ex presidente della Repubblica dedico anche una parte dello spettacolo. Diversi aneddoti me li hanno raccontati alcuni ambasciatori italiani a Berlino, quando mi invitarono anni fa per parlare con della gente. Mi dissero di quando Pertini si trovava nell’ambasciata italiana a Parigi mentre l’Italia stava giocando col Brasile. Venne informato dell’esito della partita dall’ambasciata, trattenendo a stento la felicità. In fin dei conti era pur sempre un appuntamento diplomatico…