“Fallout”, la serie ispirata ai videogame: top o flop?
Dopo Halo e The Last of Us, un altro videogioco è stato adattato in serie: questa volta si tratta di uno dei franchise più popolari al mondo, Fallout.
Il videogame fa da sfondo a uno show in otto episodi distribuito da Prime Video, che mescola western, atmosfere retrò e fantascienza.
L’adattamento dell’amatissimo gioco è stato affidato a creatori e sceneggiatori di talento. Fallout è stata infatti creata da Geneva Robertson-Dworet (Captain Marvel) e Graham Wagner (The Office) e prodotta dal duo Jonathan Nolan/Lisa Joy (Westworld).
Il risultato? Una serie ambientata in un universo incredibilmente pericoloso, sorprendentemente divertente e innegabilmente violento.
La trama
In un mondo alternativo, in cui subito dopo la Seconda Guerra Mondiale è scoppiato un conflitto nucleare apolittico, i sopravvissuti si sono rifugiati in lussuosi rifugi antiatomici, chiamati Vaults.
Duecento anni dopo l’apocalisse, i gentili abitanti dei Vaults sono costretti a tornare nell’infernale paesaggio irradiato che i loro antenati si sono lasciati alle spalle. Tra loro Lucy, una pacifica e idealista abitante del Vault, che cerca di salvare suo padre.
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Top o flop?
A qualche giorno dall’uscita su Prime Video, il pubblico sembra essersi spaccato a metà. Da una parte i fan del videogame entusiasti, soprattutto per la sua capacità di catturare l’essenza del franchise di videogiochi creato nel 1997: un’ambientazione post-apocalittica dagli elementi ormai divenuti iconici in cui i giocatori si immergono in un mondo tanto oscuro quanto comico.
Gli appassionati di Fallout apprezzano gli effetti speciali che rendono la rappresentazione visiva del mondo devastato e delle sue bizzarre creature (come i Super Mutanti e i Ghoul), un’esperienza immersiva per lo spettatore.
Ma ad essere particolarmente apprezzato è il modo in cui la serie sembra replicare con successo l’umorismo nero e la satira che caratterizza il videogame e con cui Fallout riesce ad infondere leggerezza in temi altrimenti drammatici, come la guerra nucleare e la sopravvivenza post-apocalittica.
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L’aspetto che entusiasma i fan è però proprio ciò che non convince i neofiti, un po’ spiazzati dalla leggerezza con cui si passa da un tono estremamente drammatico all’assurdo.
Una parte del pubblico ha inoltre trovato alcuni personaggi poco sviluppati o troppo caricaturali, in una storia povera di sostanza e in cui spesso si trovano “le persone giuste al posto giusto” senza giustificazione, quasi per caso. O meglio, per fortuna.
Altri spettatori invece lamentano la presenza di canzoni non adatte alla situazione, creando un contesto idiosincratico che assume toni grotteschi, ma perfettamente in linea con il videogioco.
Nel tentativo di trasporre l’interattività del videogioco in un formato seriale, creando una storia originale ma restando fedeli ad un universo che appassiona da oltre vent’anni, è giusto sacrificare il legame emotivo tra spettatore e personaggio? Va bene rinunciare ad una narrazione coinvolgente per imitare lo stile del videogame?
Quando le aspettative sono così alte e il pubblico così vasto e variegato – come quello di una delle più grandi piattaforme di streaming -, sembra difficile trovare un equilibrio tra la fedeltà all’originale e l’offerta di una storia lineare che soddisfi e affascini anche chi non ha familiarità con il prodotto ispiratore. E Fallout ne è un perfetto esempio.