Equinozio di primavera, tra mito e arte
L’Equinozio di Primavera, che quest’anno cade oggi 20 marzo, rappresenta il passaggio al tempo in cui rifiorisce la natura, in cui germoglia la vita, in cui la terra rinasce. Dal latino æquinoctium, «notte uguale», fa riferimento alla durata del periodo notturno uguale a quello diurno. Tratta quindi della rigenerazione.
A tal proposito il mito del ratto di Proserpina è un simbolo. Proserpina figlia di Cerere, rapita da Ade, in seguito all’intervento di Giove, torna alla Madre Terra, ma solo per i sei mesi della Primavera e dell’ Estate.
Nelle religioni Indo-Arie invece l’equinozio di primavera significava il momento in cui la luce, cresciuta fino al punto di eguagliare la tenebra, è ormai in procinto di superarla. Questo momento segnava il rifiorire della terra, con un significato molto più alto nell’indicare la porta che conduce al cammino trascendentale verso il Cielo.
Nell’antica Roma nel periodo equinoziale, dalla Seconda Guerra Punica in poi, i patrizi hanno affiancato ai culti popolari dei Liberalia in onore delle divinità Libero e Libera, collegati alla terra, alla fecondità e al grano, le festività in onore della Magna Mater Cibele. Cibele, Dea molto diversa dalle grandi madri mediterranee delle popolazioni e dei culti pre-Arii, non era legata alla terra né alla fecondità del mondo terrestre e naturale, né tantomeno aveva l’aspetto tipico delle divinità matriarcali che generano vita animale e vegetale. Era una divinità, secondo l’imperatore pagano Giuliano l’Apostata, “sorgente degli dei intellettuali e demiurgici che governano gli dei visibili”.
Come nota Alessandro Giuli nel saggio “Venne la Magna Madre”, “la matrice cosmica degli Dei intellegibili resta una spoglia vegetativa infeconda se non venga illuminata dal fuoco virile, attivo, celeste sprigionato dall’ariete bicorne” . Nell’equinozio di primavera si celebra dunque proprio questo matrimonio mistico tra principio virile celeste e matrice universale da cui deve nascere la vita.
La Vita che irrompe a Marzo non è solo una rigenerazione ma vita “intellegibile” come viene definita da Giuliano l’Apostata, che non si limita ad avere un ruolo nel ciclo di nascita e ritorno alla terra ma che partecipa a quel lampo divino sorto nel buio del Solstizio.
La primavera nell’arte
La Primavera, a cui l’equinozio dà il via, la ritroviamo non solo nella mitologia. L’arte di Botticelli ne è un fulgido esempio. La sua “Primavera” mostra nove figure della mitologia classica che incedono su un prato fiorito, davanti a un bosco di aranci e alloro. Zefiro, Dio del vento che soffia da Ponente, inseguendo la ninfa Clori, la possiede e le dona la capacità di germogliare. Dall’unione dei due nasce Flora, personificazione della Primavera, la Dea al suo fianco vestita appunto di veste fiorita. E ancora Venere, Cupido, Mercurio e tutte le figure sono immerse nel verde, su di un meraviglioso prato fiorito, in cui si contano una moltitudine di fiori disegnati minuziosamente. L’opera è un manifesto del Rinascimento. Un ‘allegoria per esaltare i Medici ma anche un inno alla bellezza, alla prosperità, al momento prospero di quel periodo, all’importanza e alla ricchezza della natura.
La primavera ha però ispirato decine di artisti. Gustav Klimt, con il suo “Giardino italiano” del 1913. L’impressionista Claude Monet che nel 1886 dipinse “Primavera” per celebrare quei primi pomeriggi in cui è possibile uscire di casa con il primo timido sole. Primo sole rintracciabile anche nei colori di Renoir in “Roseto a Wargemont”, dove è esplicito la rinascita della natura floreale. E ancora Van Gogh, Egon Schiele, Renè Magritte.
L’equinozio di Primavera, è protagonista anche in musica. Come canta Fabrizio De Andrè nella canzone “Un chimico”
“Primavera non bussa lei entra sicura
Come il fumo lei penetra in ogni fessura
Ha le labbra di carne I capelli di grano
Che paura, che voglia che ti prenda per mano
Che paura, che voglia che ti porti lontano”