Emma Pomilio e l’amore per Roma: inventare e raccontare storie è la mia passione
Nasce in Abruzzo, Emma Pomilio, precisamente ad Avezzano (L’ Aquila) ed era una lettrice accanita già da bambina. Non ci stupisce, quindi, il successo che ha ottenuto nel corso di questi anni con i suoi romanzi. Ama definirsi una narratrice, piuttosto che una scrittrice. Emma Pomilio in realtà inventa delle storie, bellissime, avvincenti, ambientate in epoca romana. Il suo primo romanzo storico, pubblicato da Mondadori, fu “Dominus”. Da lì non si è più fermata e il romanzo storico è diventato il suo must per eccellenza. Oggi possiamo trovare in libreria “I Tarquini, la dinastia segreta” e se sapremo attendere, a breve, potremo leggere anche il suo seguito.
“I Tarquini, la dinastia segreta” è il titolo del tuo ultimo libro. Come nasce l’idea di questo romanzo storico?
In una mia visita a Segrate gli editori della Mondadori dissero che non avevano più pubblicato un romanzo sugli Etruschi, così mi esortarono a scriverlo. Non ero affatto convinta, poiché degli Etruschi non si sa molto: dissi che lo avrei scritto solo se avessi trovato un argomento adatto a un romanzo molto avvincente. Ho trovato presto l’argomento nella storia avventurosa dei re etruschi a Roma e soprattutto di Servio Tullio, grande personalità, condottiero vittorioso e riformatore, il quale ha dato alla Città Eterna un’impronta che è durata per tutta la repubblica.
Cosa racconti nel romanzo?
Racconto l’ascesa al trono di Roma di Servio, personaggio enigmatico, dalla doppia identità: le fonti storiche romane lo presentano come schiavo latino, quelle archeologiche etrusche come mercenario etrusco. La conquista del trono da parte di Servio è stata un avvenimento drammatico per la città. Servio ha preso il potere in seguito a un colpo di stato e scontri sanguinosi. Il fatto che una parte della città non lo volesse ne fa un tiranno, che ha dovuto sempre appoggiarsi al popolo e circondarsi di una nutrita guardia. Dopo molti anni di regno la parte avversa è riuscita a eliminarlo: è stato ucciso barbaramente e, come di solito succede ai tiranni, non ha avuto degna sepoltura. Ma è stato sempre ricordato e venerato dai Romani come un re giusto. La sua casa era meta di pellegrinaggi ancora ai tempi dell’impero.
Che importanza storica ha avuto la famiglia dei Tarquini a Roma?
Chi ha definito la Roma dei re etruschi come La grande Roma dei Tarquini (il filologo classico Giorgio Pasquali), ha sintetizzato questa epoca in modo geniale, poiché la storia romana di questo periodo è la storia dei Tarquini. Il dominio dei Tarquini ha rappresentato a Roma una fase nuova, quella dell’apertura massima ai commerci e alla multiculturalità. Ci fu un notevole sviluppo economico, diffusione della ricchezza, grande incremento dell’edilizia, dei rapporti culturali, commerciali e artistici con il mondo greco ed etrusco, espansione dei limiti della città, sviluppi militari e politici, espansione di Roma nel Lazio. Con i Tarquini Roma comincia la sua irresistibile ascesa.
Perché ami definirti una narratrice e perché Roma ti affascina così tanto?
Amo definirmi “narratrice”, in quanto scrittrice non è il termine esatto per me, che scrivo solo cose in cui metto in campo la mia fervida immaginazione. Mi piace molto inventare storie e raccontarle. Inoltre oggi neppure mi definisco più “narratrice”, ma preferisco il termine “romanziera”, infatti la cosa che mi riesce meglio è il romanzo, anche piuttosto lungo, per portare il lettore in un luogo e un tempo lontani ricostruiti da me. Per questo Roma si è prestata alla perfezione. Non so se ho scelto Roma o Roma ha scelto me, certo ancor oggi la grandezza di Roma si può percepire intorno al Mediterraneo e a nord, dove Roma ha fondato molte città tra cui Parigi, Londra, Colonia, o anche solo facendo un giretto tra le rovine di Alba Fucens, a poca distanza da casa mia. Roma è ancora dentro di noi, non solo intorno a noi, e per me è giusto scriverne, rendendo un doveroso omaggio e ricordando anche ai lettori quale grande patrimonio hanno ereditato.
Quanto impegno e quanta ricerca c’è dietro la scrittura di un romanzo storico?
Per qualunque cosa si debba scrivere è necessario documentarsi. Scrivere un buon romanzo storico, soprattutto ambientato in tempi molto antichi diventa una sfida: per ricostruire luoghi e vicende lontani bisogna documentarsi su tutto, dai cibi al vestiario, alle abitazioni, alle armi, al governo, all’esercito, e chi più ne ha più ne metta. Ma la vera sfida consiste nel comprendere la mentalità di persone vissute tanti anni prima, farle pensare e agire come avrebbero pensato e agito al loro tempo, nella loro società. Per questo ci vuole grande sensibilità, immaginazione e tanto studio, ma si riesce nello scopo solo in parte. Il romanzo storico perfetto da questo punto di vista non esiste, non solo per carenze di informazione, ma anche perché l’autore immette sempre nell’opera qualcosa delle idee del suo tempo, anche se fa solo percepire una vaga disapprovazione. Io cerco la verosimiglianza con tutte le mie forze, è una lotta giornaliera, ma non si può evitare che qualcosa del mio moderno sentire si intraveda.
Nei tuoi libri rendi protagonisti personaggi che dalla realtà e dalla storia non vengono considerati: schiavi, donne, ad esempio. Gli storici, in passato, a tuo avviso, hanno calcato la mano trasformando questi personaggi in figure ancora più negative e scomode?
Ritengo giusto narrare nei miei libri le vicende non solo dei grandi protagonisti, su cui sono stati già versati fiumi di inchiostro, ma dare voce anche a personaggi su cui la storia non si sofferma, come, per quanto riguarda la romanità, le donne e gli schiavi. Per i Romani era bene che delle donne si parlasse poco o non si parlasse affatto, la donna costumata stava in silenzio e non si faceva notare. Gli storici ritenevano giusto parlare a volte di donne che rispecchiavano le virtù romane e le cui vicende risultavano particolarmente edificanti, di insegnamento per le nuove generazioni. Ma quando hanno dovuto occuparsi di donne molto forti e volitive o ribelli al sistema, donne che si discostavano dal loro ideale femminile, in alcuni casi hanno di certo calcato la mano, trasformandole in avvelenatrici, ninfomani o virago, come sembra per Livia, Messalina, Agrippina, Giulia, Fulvia, Afrania.
Degli schiavi i Romani evitavano di parlare, se non per discutere su come sfruttarli meglio. Gli schiavi erano un universo parallelo, col quale il libero non doveva incontrarsi. Erano un’umanità meno umana, che doveva essere tenuta sottomessa, perché molto importante, insostituibile. Roma era una civiltà schiavista e un uomo, un cittadino romano, non era tale senza gli schiavi che facevano il lavoro manuale per lui, affinché lui avesse il tempo per coltivarsi.
Eppure gli storici hanno dovuto narrare molte rivolte di schiavi. Lo hanno fatto con grande rammarico. Si vede che non rispettavano gli schiavi come nemici onorevoli.
Chi ha scritto la storia soffriva dei pregiudizi dei suoi tempi e portava avanti le idee della sua parte sociale, così ha fatto sparire dalla scena alcuni protagonisti scomodi, o li ha dipinti in caratteri foschi o li ha messi in ridicolo.
Parlare di Roma è la tua passione, ma c’è un’altra civiltà che ti piacerebbe conoscere meglio o che hai pensato potesse essere nelle tue corde?
Roma è stata una grande civiltà che ha avuto rapporti con tanti popoli ed è anche durata molto, quindi la storia romana è vasta e complessa, e da parte mia, adesso che ho cominciato a capirci qualcosa, non penso ad altre possibilità. Di certo comunque uno studio non esclude l’altro, anzi studiare genera curiosità. Mi piacerebbe conoscere meglio l’Oriente, soprattutto la civiltà cinese, tanto diversa dalla nostra.
Sei già all’opera per il prossimo romanzo?
Sono già all’opera, sto scrivendo il seguito de I Tarquini – la dinastia segreta, che racconta la vita dell’ultimo re di Roma e i primi anni della repubblica.
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