“È sempre Domenica”: un uomo, una madre, la memoria
“Ci sono giorni in cui si è statua, forse intera in apparenza, ma compromessa da una storia scapicollata, tutta addosso, tutta insieme. Fa togliere fiato e sangue con un sole che fa caporetto e diserta la nostra solitudine. Ma qualche ricordo, non so più se mio o di qualcun altro infila nella memoria voci perfettamente incollate al proprio corpo. Quelle che si mettono bene sulla bocca, sui gesti, sulla faccia. Voci verità che formulano dubbi sulle voci doppiate male dove il viso non sta dietro alle parole e, nella sfasatura millimetrica, si inserisce il buco nero della sfiducia”.
Questo piccolo testo è estratto dal nuovo romanzo della scrittrice aquilana Mariaester Graziano dal titolo “È sempre domenica”. È la storia di una famiglia che può essere letta da più punti di vista. Quella che spicca è quella da parte del figlio. Narra la sua vita attuale attraverso una serie di flashback che riportano indietro nel tempo e man mano avanzano fino a far capire come è arrivato a vivere la situazione attuale. Una fase di sgretolamento di sé, ma anche di ricerca della propria interezza.
La penna di Mariaester ci racconta tutto attraverso i colori che hanno un’importanza piena di significato, non soltanto usato quindi, a mo’ di decorazione. Il testo, infatti, è pervaso da una tela di colori che vanno dai caldi ai freddi come se la Graziano volesse dipingere ciò che voleva scrivere. Alcuni capitoli hanno insito il colore già nel titolo. Primo fra questi ha il titolo “Arancione” , un colore caldo con cui di solito ai bambini si insegna a disegnare il sole al tramonto, quindi che trasmette un senso di positività e benessere. In questa pagina invece viene associato alla drammaticità :
“L’arancione è un colore drammatico, di attesa. Meno definitivo del rosso e per questo più raffinato nella sua crudeltà. Voglio dipingere un salvagente arancione, tute arancioni nel braccio della morte, giubbotti arancioni di pronto intervento abbandonati , tramonti arancioni e nudi come il costato di Gesù”.
Il suo romanzo è arte a 360 gradi quindi. Ad esempio nel capitolo “Il latte in frigo” si nomina anche il pittore Magritte e si dice: È preferibile vedere il cappello di un Magritte sul nulla/tutto piuttosto che il nulla/ tutto. Un altro brano da cui si può evincere l’importanza che si dà all’arte è tratto dal capitolo “Alex” :
“Dovrei andare ad una mostra di Chagall per fare qualcosa oltre all’inedia. Al giorno d’oggi tutti vanno ad una mostra di Chagall. Ci è andato anche Alessio che fa l’elettrauto e che nella sua vita la pittura vale meno del fusibile della spia dei freni. Ma essere alla mostra di Chagall può essere molto importante“.
Man mano che il protagonista ci racconta la sua vita, si sfiorano momenti di tentativi di dialogo con la madre. Una figura particolare perché ora purtroppo impossibilitata al dialogo dalla malattia che incombe su di lei, tanto che non si sa neanche se riesce a riconoscere i parenti che le fanno visita. È, quindi, come se imparasse a conoscerlo adesso attraverso quelle visite fisse, il giorno di domenica. La scrittrice per quanto riguarda la scelta dei colori dice che gli stessi li sente nelle orecchie, come se le parlassero. Il tutto è narrato attraverso un linguaggio mai banale, ricercato. I colori hanno spesso anche un sapore. Sapore di ricordo del passato verso l’affetto per persone del cuore:
“Già grande mi mettevo col piatto in mano vicino a lei davanti al fuoco a farmi raccontare storie di pane cotto e zuppa, face e granoturco. In un’altra vita avrei voluto rinascere farina per trovare forma di lievitazione fra le sue mani. Trovarmi nella liturgia dei suoi gesti sapienti: impastare, stendere, tagliare, infilare tre dita nella pasta morbida, bollire l’acqua, calare la pasta, benedirla infine con un sugo lento di cipolla, olio e basilico.
Tramite questa descrizione si sentono quasi gli odori di questi alimenti. Questa è la bravura di questa scrittrice che rende tutto così vero.
Tornando ai colori, il bianco è di fondamentale importanza, rappresenta la figura dell’ex moglie che il narratore ricorda attraverso la sua collezione di yogurt bianchi e magri, di cui era sempre pieno il frigo nella loro vita matrimoniale. Un cibo che ha sempre un sapore di acidità in bocca, quasi da assimilare al carattere della sua ex. Acida nella sua precisione quasi maniacale e nel candore delle cose.
Si scoprirà, tuttavia, anche il motivo di questo suo essere tale. Altra figura che spicca è quella del padre. Un uomo poco presente che sbaglia perfino il giorno del compleanno della sua creatura. Un genitore che crea tutta una serie di festeggiamenti fuori luogo tanto che un giorno la madre porta suo figlio, per riscossione di compleanni non festeggiati adeguatamente, a rimpinzarsi di gelati. Il cibo ha valore anche di risarcimento in questo caso. Risarcimento per affetti o momenti mancati. Non solo durante la sua infanzia ma anche quando , da adulto, prova a vivere la sua vita da senza tetto. In qualche modo troverà sempre qualcuno che per pietà o semplicemente per fiducia verso la bontà dell’essere umano, gli cederà parte del suo cibo o perfino un letto rimediato:
“Baronè vieni a casa con me, ti porto a casa mia
Sono stanco
Allora se mi fai posto rimango un po’ io con te. Ho da raccontarti un po’ di cose sui rimedi della suocera e un paio di aneddoti su un furto. Potremmo parlare anche di carbonara se vuoi, ma meglio se lo facciamo domani. Ti porto in un posto dove ti servono davvero le cose che ordini. Cioè ti portano proprio la pasta del piatto non solo la sua ipotesi. Poi voglio raccontarti di mio zio”.
Lo zio del narratore è, infatti, un’altra figura fondamentale per il nostro personaggio. A lui è dedicato un intero capitolo la cui importanza del colore viene mostrata sin dall’inizio: “Lo zio rosso” . Perché lo zio rosso? Per sapere questo e le altre mille sfumature che si possono scorgere leggendo queste intense pagine bisogna assolutamente leggere questa vicenda familiare. Il libro è uscito in Eccetera edizioni e si può acquistare a questo link. Quindi buona lettura e a voi la scoperta di queste personalità che la Graziano ci ha regalato.
di Alessia Del Re