Il dolce elefantino Dumbo è razzista: Disney+ lo censura
Dumbo è razzista. Proprio lui. Il dolce elefantino dalle grandi orecchie. Quel cucciolo che trova il riscatto proprio sfruttando la sua particolarità per cui era deriso da tutti.
Eppure Disney+ lo proibisce ai minori di 7 anni perché la scena dei corvi renderebbe omaggio agli show razzisti dei menestrelli in cui gli artisti bianchi con la faccia dipinta di nero ridicolizzavano gli schiavi delle piantagioni del sud.
Andando a rivedere il cartone di “Dumbo-l’elefante volante”, nato nel 1941, sembrerebbe più una pubblicità alle allucinazioni provocate da sostanze stupefacenti tra elefanti rosa che ballano, si contorgono e svaniscono. O magari una critica alla vita degli animali nei circhi, sfruttati per il piacere di pochi. Pensare però che dei corvi, che caso vuole essere veramente di colore nero, potessero inneggiare al razzismo suona un pò strano. Sembra anzi più facile che sia possibile vedere “gli elefanti volar”, tanto per citare la loro canzone.
Ma la scure del politicamente corretto, della caccia alle streghe anche in pellicole per bambini non si ferma a Dumbo: Peter Pan, gli Aristogatti, Pippo e Paperino, Lilli e il Vagabondo e il Libro della Giungla.
Se i bimbi sperduti con il loro capo sono additati come prototipi di anti-multiculturalismo perché prenderebbero in giro gli indiani emulando le loro danze indossando cappelli esagerati (avete letto bene, cappelli esagerati), tra i ricchi gattini Disney si annida un gattaccio di strada, tale Shun Gon, che tra una suonata di piano e una battuta sul gong sarebbe “raffigurato come una caricatura razzista dei popoli dell’Asia orientale con tratti stereotipati esagerati come occhi obliqui e denti da coniglio“. Non solo. Il felino infatti canta in un inglese “poco accentato doppiato da un attore bianco e suona il piano con le bacchette. Questa rappresentazione – si legge – rafforza lo stereotipo dell’eterno straniero“. E pensare che c’era chi pensava semplicemente che fosse un fichissimo artista di strada a cui una bella rissa da pub non dispiaceva.
Si parla quindi di “Aristogatti” in versione anti asiatici. Così come “Lilli e il Vagabondo” accusato anch’esso di trasmettere idee anti oriente. A chi non sono stati antipatici i due gatti siamesi? Beh da piccoli probabilmente gli avremmo voluto tirare la coda tutti. E non vi nascondete dietro “nessuna violenza nemmeno contro gli animali”. Perché siamo ovviamente tutti d’accordo. Ma da bambini è legittimo nutrire un sentimento di avversione verso il cattivo di turno. Ma sfidiamo chiunque, tra gli 0 e 13 anni a percepire tutta l’Asia come colpevole e meritevole d’odio per il solo fatto che due gatti con occhi a mandorla hanno fatto mettere la museruola alla piccola e tenerissima Lilli, rappresentante a quanto pare di quella borghesia tanto odiata dal politically correct nostrano.
Ma andiamo avanti. “Pippo e Paperino” sarebbero razzisti e misogeni. Ma Pippo non era un idiota e Paperino uno sfigato? E pensare che soprattutto quest’ultimo perde la dignità dietro a Paperina.
E infine il re Luigi de “Il libro della giungla”, quell’orango che rappresenterebbe una caricatura, per le difficoltà linguistiche, degli afroamericani. Anche in questo caso, essendo un film dedicato ai bambini sarebbe interessante vedere quanti pargoli siano in grado di fare questi parallelismi, che sono più che altro congetture e non certezze.
A meno che di non credere ai “Griffin” quando si vede Walt Disney tornare in vita dopo l’ibernazione. In quel caso potremmo chiedergli davvero se tutto il razzismo trovato nelle sue opere abbia un fondamento. Ma forse, per ora, è meglio ricordarci una canzone di un altro cartone animato (rigorosamente non Disney eh). La sigla di “Daltanius” che canta “odia gli stupidi, aiuta i deboli, dall’invasore ci difenderà”. L’invasore portatore di idiozia. Viva la spensieratezza delle giovani menti che non vedono marcio ovunque.