Attentato a Mosca, chi è il filosofo Dugin
Ieri nella periferia di Mosca è morta Darya Dugina, figlia del filosofo e ideologo russo Aleksander Dugin. La giovane è rimasta vittima di un’esplosione mentre era alla guida dell’automobile del padre.
Ma chi è, e quindi cominciare a tentare di capire le motivazioni di tale attacco, Aleksander Dugin?
Definito in maniera un po’ troppo superficiale come “ideologo di Putin”, il filosofo nato a Mosca nel 1962, negli ultimi anni è salito agli onori della cronaca per la sua vicinanza, politica e non, con il presidente russo Vladimir Putin.
Fondatore della “Quarta teoria politica”, un tentativo di superamento delle ideologie politiche della modernità, il pensatore in questi mesi si è spesso espresso a favore della guerra in Ucraina. Definita una guerra al satanismo.
Nel suo ultimo libro tradotto in italiano, “Contro il Grande reset: manifesto del Grande risveglio” (Aga), Dugin parte dal concetto filosofico nominalista per tracciare la storia delle origini del liberalismo. Quest’ultimo culminato nel globalismo.
Leggi anche “Quando la cancel culture fa più male a noi stessi che alla Russia”
Nell’opera si legge chiaramente che «il “nominalismo” pose le basi del futuro liberalismo, sia ideologicamente che economicamente. Qui gli esseri umani vengono considerati unicamente alla stregua di individui, venendo prescritta l’abolizione di tutte le forme di identità collettiva (religione, classe, ecc.). Allo stesso modo, la cosa in sé viene vista come proprietà privata assoluta, come una realtà concreta e distinta che può essere facilmente attribuita come bene di questo o quel proprietario individuale».
Di lui, in molti, hanno parlato come il “Rasputin di Putin”. Sebbene lo stesso Presidente raramente abbia accennato ai loro rapporti. Famoso soprattutto in terra straniera è noto per essere un importante studioso della Tradizione e della Konservative Revolution. Tra le sue maggiori idee c’è sicuramente l’euroasiatismo: l’idea di una integrazione politica, economica e culturale tra i paesi dello spazio post-sovietico e di un ordine mondiale multipolare, non omologato culturalmente al liberalismo occidentale.
E in Putin ha visto il politico per attuare le sue idee. In alcune sue interviste sottolineò come fosse fondamentale per la Russia, ma in generale per i popoli europei, combattere il sistema liberale perchè “nella lotta per la difesa della nostra tradizione siamo solidali con altri popoli che lottano per la loro tradizione, perché abbiamo lo stesso nemico e lo stesso oppressore: la Modernità, che distrugge ogni società, la nostra come quella occidentale, quella islamica, quella indiana o quella cinese. È una lotta comune pur con valori diversi“.
Nel 2017 fornì alcune dichiarazioni filo-Trump, sottolineando come fosse indirizzato contro il liberalismo ma all’epoca incapace di aspirare ad una rivoluzione, imprescindibile per Dugin, che annientasse quel sistema.
Il filosofo moscovita si è più volte schierato contro l’idea politica e culturale americana che, secondo lui, annienta la tradizione e società europea. “Credo che verrà un momento in cui il sistema globalista produrrà delle trasformazioni tanto brutali fino ad implodere. In questo momento il nucleo del logos europeo dovrà tornare ad emergere, pena il nichilismo più totale, il mondo delle macchine“.
Ammiratore di Evola, Guenon, Dumezil, in parte riferimento politico e filosofico per le compagini europee che non fanno riferimento ai canonici schieramenti di sinistra e destra, Aleksander Dugin è un personaggio sicuramente scomodo. E l’attentato in cui sarebbe dovuto finire (in quella macchina avrebbe dovuto viaggiare anche lui se all’ultimo non avesse deciso di cambiare programma di ritorno da un festival) ne è palese esempio. Su chi siano mandanti e artefici stanno indagando i servizi segreti russi. Ma tra tesi di partigiani russi, movimenti ucraini e complottismi vari ne sono piene le pagine del web.