Dorothy Parker, una donna che non poteva stare alle regole
“I needed someone with a quicker wit than mine, Dorothy was fast”
Così cantava Prince nella sua The Ballad Of Dorothy Parker. Ma chi era questa donna così piena di spirito ed ironia? Nata il 22 Agosto 1893, Dorothy Parker inizia la sua carriera giornalistica vendendo una sua poesia a Vanity Fair, nel 1914, per poi ottenere un posto nell’editoriale di Vogue e far parte del primo gruppo di redattori del New Yorker.
Una vita intera all’interno dei salotti newyorkesi degli anni Venti, nella città fatta di luci, spettacoli e contraddizioni. Una vita intera dedita all’ironia e alla critica di quei codici sociali frivoli e superficiali. Una donna ribelle intellettualmente più che nella vita privata, nonostante qualche scandalo che lei stessa non si affrettava a smentire; non le interessava ciò che la gente aveva da dire sul suo conto ma ciò che lei aveva da dire sulla gente.
“The first thing I do in the morning is brush my teeth and sharpen my tongue”
“La prima cosa che faccio al mattino è svegliarmi ed affilare la lingua”
Scrittrice, umorista, critica, poetessa, sceneggiatrice: sfaccettature diverse dell’arte che l’ha resa celebre. Una scrittura sempre lucida e fedele al suo spirito, mai banale, mai accondiscendente e servile. L’anticonformismo e l’acutezza della Parker le hanno reso fama e posizioni editoriali di rilievo, rendendola di fatto un’icona per tutte le donne che hanno necessità di dar voce alla propria creatività e visione del mondo.
Dorothy Parker occupa ancora un posto di nicchia in Italia – e non solo – nonostante la sua prima raccolta di racconti sia stata pubblicata in Italia nel 1940, da Bompiani, con traduzione a cura di Eugenio Montale.
“Razors pain you; Rivers are damp; Acids stain you; And drugs cause cramp. Guns aren’t lawful; Nooses give; Gas smells awful; You might as well live.”
“I rasoi fanno male; i fiumi sono freddi; l’acido macchia; i farmaci danno i crampi. E pistole sono illegali; i cappi cedono; il gas fa schifo. Tanto vale vivere.”
– Resumé
Questo è senza dubbio il suo componimento più famoso (citato anche da Angelina Jolie nel film Ragazze Interrotte, del 1999) e non è solo il modo di Dorothy di raccontarci con triste ironia la sua vita e di come abbia tentato più volte di concluderla, ma è soprattutto un riassunto, un resumé, della sua poetica e del suo humor. Frasi brevi, taglienti e affilate come rasoi, parole semplici, stile asciutto e musicalità indiscussa, che sia per le assonanze o per le rime baciate.
È in questa musicalità delle parole che troviamo tutta l’essenza di una flapper che non amava brillare sotto i riflettori, ma sulla pagina.
Spesso descritta come la “F. Scott Fitzgerald al femminile” – a mio avviso mancando di rispetto sia all’opera della stessa Dorothy che all’eguale spirito innovatore di Zelda Fitzgerald, sempre vissuta e letta all’ombra del marito – Dorothy Parker rimane un’attuale fonte d’ispirazione anche per il suo attivismo politico e sociale: appoggiò e finanziò la nascita della lega antinazista ad Hollywood e lasciò le sue proprietà alla fondazione di Martin Luther King, proprietà passate poi alla NAACP in seguito alla morte nel 1968 di King, avvenuta un anno dopo quella della Parker.
Le ceneri di Dorothy sono state reclamate dopo 21 anni proprio dalla NAACP che ha costruito un giardino apposito nella sua sede di Baltimora per la commemorazione della scrittrice; la targa riporta: Qui giacciono le ceneri di Dorothy Parker (1893-1967), umorista, scrittrice, critica. Ha difeso i diritti umani e civili. Come epitaffio suggerì “Scusatemi se facci polvere”.
Questo giardino è dedicato alla sua memoria, al suo nobile spirito che ha celebrato l’unicità dell’umanità e i legami dell’eterna amicizia tra il popolo nero e quello ebraico. La NAACP pose il 28 ottobre 1988.
Attorno alla sua figura si riunirono scrittori e personaggi idolatrati dalla società di New York, dando vita al famigerato “Circolo Vizioso” che a partire dal 1919 si incontrava all’Algonquin Hotel, storico luogo di ritrovo per gli intellettuali del tempo.
Dorothy Parker ha lasciato un segno indelebile nella società e nella cultura americana, essendo diventata talmente di “uso” comune e pop da passare quasi inosservata, ironia della sorte. Merita senz’altro di essere riscoperta, nella poesia e negli articoli, così attuali in questi anni ‘20 che somigliano sempre di più – e per i versi sbagliati – ai vecchi roaring twenties