Exotic Diorama: un viaggio musicale per cambiare la galassia. Dolche presenta il nuovo album
E’ uscito lo scorso 23 ottobre “Exotic Diorama“, album di debutto del nuovo progetto di Dolche, cantautrice e polistrumentista italo-francese, all’anagrafe Christine Herin. “Exotic Diorama”, scritto e realizzato tra New York, Roma, Beirut e Visby, è un disco che tratta diverse tematiche, da quella LGBTQ+ alla violenza sulle donne. Il titolo trae ispirazione dai famosi diorami del National Museum of Natural History di New York. Ogni brano del nuovo disco, proprio come nei diorami del museo, crea un mondo a sé grazie a influenze musicali e atmosfere totalmente differenti.
Come pensi che il mondo della musica e in particolare il tuo nuovo lavoro Exotic Diorama, possano dare voce alla comunità LGBTQ+?
Ciao Sophia, grazie di avermi voluta qui! Noi della comunità LGBTQ+ siamo per fortuna abbastanza loud! La musica è una delle uniche zone franche per noi da decenni e l’espressione artistica prescinde dagli orientamenti di ognuno. Purtroppo però c’è ancora molto da fare. Per esempio molti miei colleghi e colleghe che godono di grande visibilità tengono nascosta la loro omosessualità per paura di perdere fan e occasioni lavorative. Credo che noi dovremmo farci tutti ambasciatori di quanta normalità ci sia nella diversità per dar coraggio a tante ragazze e ragazzi che in noi vedono dei modelli. Se da un lato è vero che per noi donne si chiudono in automatico alcune porte, va anche detto che quelle non sono porte che dobbiamo voler varcare! Quelle nelle quali si entra sulla falsa scia di una promessa di seduzione o di altro. Ben venga che si auto eliminino le persone che non vogliono lavorare con donne non disponibili a quel tipo di compromessi. È anche vero che io perdo regolarmente circa 200 follower ogni volta che parlo liberamente del mio rapporto con mia moglie o del fatto che sostengo la comunità LGBTQ+…ma ogni volta ne guadagno anche altrettanti e sono tutte persone che si impegnano nella difesa dei diritti umani e delle minoranze. Per finire credo che le tematiche importanti come questa debbano iniziare ad essere presentate in modo diverso nella narrativa popolare. Mi spiego. Io lo faccio per esempio nella mia musica, scrivendo canzoni d’amore e dichiarando che sono dedicate a mia moglie, ma anche nei miei video musicali. Narro di omosessualità in un modo reale, semplice, vero. Siamo abituati a vedere l’omosessualità ma anche e soprattutto la transessualità, rappresentate con dei cliché narrativi che scolpiscono l’immaginario popolare dando una percezione del tutto falsata ed erronea della realtà. Credo sia davvero moto importante riappropriarci della nostra narrativa e diffonderla il più possibile per superare ancor prima delle violenze e delle discriminazioni ancora ben radicate nella cultura popolare.
Quali sono le tematiche principali affrontate all’interno del disco?
L’amore è ovunque, cantato in ogni forma. Perché la vita è fatta di amore e passione e inizia a spegnersi quando queste due cose mancano. Poi parlo di diversità, di tentazione, di femminilità e di violenza. Parlo di accettazione, di diritti umani e di tante altre cose. E parlo in ogni canzone, anche di me.
Come ti è venuta l’idea del diorama? Quale mondo vorresti ricreare al suo interno?
A New York, nel Museo di Storia Naturale, dove ce ne sono di meravigliosi. In ognuno ci si perde per ore e si riesce a sentir quasi freddo davanti a quelli dei ghiacci artici, o bisogno d’aria quando ti perdi nel nero degli abissi a contemplare lo sguardo di un capodoglio. Allo stesso modo mi piace creare dei diorami musicali e dentro ognuno ci si trova ad ascoltare suoni di un mondo diverso. Nelle mie canzoni si sentono suonare non solo tantissimi strumenti, alcuni anche rari, ma anche suoni che ho campionato in giro, come il rumore di un cancello, il canto degli uccelli, il frinire delle cicale, il rumore di alcune stanze. Tutto serve a gettare chi ascolta in una sensazione che cambia, a sorpresa, ad ogni canzone. E poi ci sono dei brani, come Universal Gloria che sta per uscire, che sommano in sé anche i significati a me più cari. E allora un coro angelico potente di tantissime voci può far volare lo spirito guidato dalle parole che invitano a migliorarsi ogni giorno, a fidarsi delle persone, a non avere paura dell’altro e a far parte di un’umanità universale.
Sei una cantautrice italo francese, ma risiedi anche a New York. Come sei riuscita a coniugare tutte queste nazionalità in uno stile musicale così unico e personale?
Beh, è proprio questo il segreto! La somma di tutte le mie passioni e lingue e stili musicali e amori entra in me e si compone in qualcosa di fortissimo: la musica è il mio modo per dirlo. Ogni cosa che mangio mi ispira, ogni persona con cui scambio due parole, che sia sotto il ponte di Williamsburg o al bar di Trastevere, mi lascia un pezzo addosso. Devo dire che il problema non è mai conciliare troppi stimoli ma semmai averne troppo pochi. Per questo sono in continuo movimento. La vita non è una cosa che sta ferma. Nemmeno la musica!
Restando in ambito strettamente compositivo, quali sono i principali elementi musicali presi in prestito dalla musica francese?
Sicuramente amo molto la Piaff e Aznavour. Quell’aria dissacrante di una tristezza ubriaca e voluttuosa. Il modo libero di cantare senza troppo seguire le regole. Ma amo anche lo yé-yé di Gainsbourg o Hardi. Del panorama musicale francese mi piace molto che sia estremamente vasto e poliedrico. La libertà di sperimentare con i generi e di attraversarne più di uno anche nella stessa canzone mi deriva da tanti anni di concerti e di pubblico francese che mi hanno aperto la mente. In Italia siamo molto abituati a predire quello che sentiremo e anche a ricercare sempre le stesse cose. In Francia si va all’avventura e c’è posto per ogni genere, dalla world music al rap senza pregiudizio. C’è davvero libertà.
In che misura il tuo look è ispirato a “La dolce vita” di Federico Fellini?
Più che il mio look, che in realtà prende spunto da una tradizione popolare della mia terra d’origine, la Valle d’Aosta, da Fellini prende spunto il mio mood. L’atmosfera di una certa visione della vecchia Europa che gli statunitensi avevano in quegli anni e mantengono ancora adesso mi affascina e mi fa riconoscere in quei personaggi. Mi sento un po’ anche io nostalgica di un passato che in fondo non ho mai vissuto se non attraverso il cinema di quegli anni, ma che sento appartenermi per il suo lato malinconico e decadente, sicuramente romantico. Una certa romanità, oserei dire, della quale mi sono appropriata e che prescinde dal tempo e dallo spazio. Fellini è un regista che amo molto. C’è una scena, alla fine di “8 e Mezzo”, quella della spiaggia, che mi gira spesso in testa…prima o poi le dedicherò uno dei miei video. Il mio nome, Dolche, è un omaggio a “La Dolce Vita”.
Qual è il messaggio più urgente che l’album vuole comunicare, e a chi è indirizzato?
Mmmh…bella domanda! Non ci ho mai pensato in questi termini ma se dovessi trovarne uno solo che li racchiuda tutti, forse direi il viaggio. Exotic Diorama è un viaggio a chilometri zero che però porta tanto lontano quanto basta per cambiare galassia. Si viaggia in una persona solo incontrandola per strada. Si viaggi in un amore e si viaggia nella musica. Vorrei che le persone si abbandonassero all’idea di provare tutta questa diversità musicale come se entrassero in una pasticceria e da dietro il vetro (lo stesso che poi racchiude i diorami se ci pensi) scegliessero un piccolo mignon di ogni tipo. E spero che ad ogni assaggio scoprano che la pasta alla frutta con l’ananas tropicale va bene anche preceduta da un bignè al mascarpone o da un piccolo trancio di Sacher torte.