Discoteche ancora chiuse: un possibile aiuto dalla Nazionale
L’antivigilia della finale Italia-Inghilterra porta con sé molte domande. Non tanto sui pronostici, quanto sui possibili festeggiamenti.
In Italia saranno installati decine e decine di maxischermi. Assembramenti inevitabili. Praticamente annunciati. Ma la parola “assembramento” è oggi che ha assunto un’accezione negativa. Di per sé è assolutamente un termine neutro sotto questo punto di vista.
Si potrebbe asserire, infatti, che una moltitudine di persone che si uniscono festanti sia qualcosa che meriterebbe sicuramente una connotazione positiva. Un’idea di gioia. Il contrario sarebbe una guerra, una rissa, una sfida a duello.
Uno degli effetti del covid è anche questo.
Cominciare a temere, a guardare con sospetto chiunque abbia voglia di dimenticare cosa sia un’assembramento, un distanziamento o una stretta di mano ma fatta con il gomito.
Il virus che da oltre un anno tiene gli italiani tra aperture e chiusure regala anche questo. Delle abitudini diventate tali pur essendo straordinarietà. Quello che doveva diventare un comportamento, ma anche un modus pensandi di pochi mesi si è infilato subdolamente quasi per restare.
DISCOTECHE CHIUSE E MAXISCHERMI
Quindi, cosa c’entra con la finale di calcio?
Tanto. Non essendo, qui, nessun boomer (né tantomeno bacchettoni patentati) che su Facebook commenta “sono solo 11 miliardiari che corrono dietro un pallone”, è giusto analizzare questo evento. Il tutto alla luce di cosa porterà in eredità e delle porte che potrebbe aprire ad altri settori che non stanno ancora in fase avviata di ripartenza.
Difatti il 10 luglio sarà la data indicata più volte dal Governo ai rappresentanti del mondo delle discoteche e dei locali notturni. Un giorno indicato quale ultimatum per le riaperture. Ma ad oggi nessuno ne ha la certezza. Il governo italiano ancora non propone delle risposte, non propina sicurezze al riguardo.
“Siamo pronti a manifestare e a scendere in piazza, a Roma, per ricordare che le discoteche esistono e possono riaprire in sicurezza. Lo slogan sarà: liberi di ballare”. Queste le parole Roberto Maggialetti, titolare del Df disco di Bisceglie, tra i primi a candidare la sua struttura a sede per testare il protocollo anti-covid.
La protesta di questa categoria poggia le sue basi sul fatto che locali spagnoli e tedeschi siano aperti, pur rispettando le vigenti norme di sicurezza.
“Se non riapro il 10 luglio chiudo tutto. Dovrò lasciare a casa 150 persone appena assunte per la stagione”. Queste sono state invece le dichiarazioni di Pierpaolo Paradiso, amministratore delegato della Praja, uno dei più grandi locali notturni di Gallipoli.
“L’assurdo è che abbiamo investito per rispettare il protocollo varato dal Cts. Qui alla Praja abbiamo realizzato un hub in grado di effettuare 1000 tamponi al giorno in collaborazione con un laboratorio di analisi. Abbiamo acquistato oltre 30 mila tamponi per circa 100 mila euro. A inizio luglio non sapere ancora se potremo aprire o meno è un insulto”.
Non si capisce perciò perché non venga ancora presa una decisione. Il torneo continentale di calcio sta dimostrando che sia possibile tornare ad eventi del genere anche in una situazione ancora di limitata libertà.
Come è possibile entrare allo stadio con green pass o altri metodi di controllo sanitario, la procedura potrebbe essere spostata per gli ingressi in discoteca.
E la finale di Euro2020(2021), che porterà in piazza migliaia di persone a prescindere dal risultato, pone proprio questa domanda. Se l’assembramento (con l’accezione negativa del covid) sarà (è stato) inevitabile e incontrollato nelle piazze, e soprattutto concesso, perché non rischiare una riapertura dei locali notturni con tutte le precauzioni?
I concerti, le partite di calcio, ma così come qualsiasi evento sportivo, che raggiungono il soldout in poche ore, dimostrano una voglia di tornare alla vita pre-covid. Una voglia anche di adeguarsi a misure limitanti. I tentativi di controllo testati con questo evento calcistico, sia interno allo stadio che nelle piazze, potrebbero essere considerati un modus operandi da applicare anche ad altre realtà
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Il grido d’allarme lanciato da alcuni proprietari di discoteche non è ancora un sos definitivo. Ma sicuramente significativo di una situazione non facile. Di un settore che vive di pubblico e che non vede luce.
Gli stessi eventi sopracitati che ora hanno un numero limitato di spettatori, presto dovranno tornare alla normalità. La musica, lo sport sono idee e azioni nati per tutti. Per la condivisione. Non per essere elitari. Né creatori di barriere e distanze. Le discoteche sono lo stesso. Seppur continuamente denigrate e indicate quali fucina di untori.
Il ritorno alla normalità passa anche da questo. Dall’idea e dalla voglia di non arrendersi mentalmente a queste situazioni limitanti che nascono e restano per essere a tempo determinato.
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