Amicizia, amore e nevrosi: Diane Keaton e Woody Allen
É un sentimento lungo cinquant’anni, quello che lega Woody Allen e Diane Keaton, oggi splendida settantasette. Amici, colleghi, amanti, confidenti: ogni fase della loro esistenza, così come della rispettiva carriera, è stata attraversata da un rapporto sui generis e dalle emozioni più disparate. Espresse o tacite, genuine o indissolubili.
Una complicità straordinaria che ha resistito a fratture apparentemente insanabili e a trovate geniali e dolcemente folli, funzionali alla loro intimità e capaci di unirli all’interno di un’unica dimensione, talmente al di là della visione umana da risultare incomprensibile per chi abita fuori dalla sua orbita.
Lei, per il regista, è stata forse la musa più influente della sua opera cinematografica. Il loro sodalizio umano e artistico, costellato da nevrosi e vorticosi cambi di umore, ha portato alla scrittura di alcune tra le pellicole più amate di Allen, dove dialoghi e sketch messi in scena erano spesso riferiti a episodi di vita vissuta.
La Keaton coltivò la propria vocazione artistica a teatro, dapprima attraverso produzioni minori nei circuiti di Los Angeles, spesso autoprodotte o comunque low budget, per poi arrivare direttamente a Broadway sul finire degli anni Sessanta. A New York, appena ventiduenne, mise in mostra tutto il suo talento nel musical “Hair“.
Complice il successo dell’opera, che andò in replica per quasi un anno, non impiegò molto prima di tentare il grande salto nel mondo del cinema.
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Partecipò ad alcuni provini e audizioni, senza convincere gli addetti ai lavori incontrati sul suo cammino. Cosa, invece, riuscita con Woody Allen, all’inizio degli anni Settanta considerato l’astro nascente della comicità a stelle e strisce, che la scritturò per “Provaci ancora, Sam” (1972), film diretto da Herbert Ross e ispirato all’omonima pièce teatrale dello stesso Allen (andata in replica per più di 450 volte). I due interpretarono rispettivamente San Felix e Linda Christie, i protagonisti della storia.
Negli anni Settanta la collaborazione sfociò ne “Il Dormiglione” (1973), “Amore e Guerra” (1975) e “Interiors” (1978) ma, soprattutto, in “Io e Annie” (1977) e “Manhattan” (1979), pietre miliari dell’universo alleniano e del cinema statunitense.
“Io e Annie” consacrò la Keaton come una tra le attrici più autorevoli della sua generazioni, portandola a vincere un premio Oscar come migliore attrice, un Golden Globe e un premio Bafta ma, soprattutto, a conquistare l’esigente pubblico internazionale. Allen, dal canto suo, ottenne due premi Oscar, quello alla miglior regia e quello alla miglior sceneggiatura originale.
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L’affiatamento crebbe sul set e lontano da esso. I due iniziarono a frequentarsi, si fidanzarono e convissero. Non si sposarono mai e misero fine alla loro relazione sul finire degli anni Settanta. Rimasero amici e complici.
“Anche se ci eravamo lasciati due anni prima di girare ‘Io e Annie’, ero ancora la complice di Woody. Non so spiegare perché continuassimo a funzionare. Forse, come un vecchio divano, eravamo comodi l’uno per l’altra”, scrisse nella sua autobiografia, “Oggi come allora“, mettendo a nudo, una volta di più, la graziosa ironia della quale era in possesso.
Il rapporto tra i due conobbe alti e bassi negli anni Ottanta, anche a causa delle rispettive relazioni sentimentali. Nel 1987 tornò a recitare con Allen in “Radio Days“, così come nel 1994 nel divertente “Misterioso omicidio a Manhattan“. Da allora le loro strade sul set non si sono più incrociate.
Amicizia e nevrosi, fobie e amori, ironia e ipocondria, ansia e clamore: un ottovolante di discese ardite e di risalite, per dirla con la coppia Mogol – Battisti, che valse loro l’attenzione della stampa scandalistica.
Questa, da sempre focalizzata sul complesso rapporto di Allen con il concetto di amore coniugale, alimentò il caos attorno a una dichiarazione dello stesso all’indomani del matrimonio con Soon-Yi Previn: “Diane Keaton è il più grande amore della mia vita“.
Ma cosa piacque, in prima istanza, del buon Woody a Diane Keaton? Lo spiega lei stessa, sempre nella sua autobiografia: “La prima volta che l’ho incontrato, ho pensato subito che era basso. Ma volevo tanto piacergli”. Un legame sentimentale durato poco, ma un’amicizia che dura da cinquant’anni. Oggi, come allora, è quanto mai affascinante.