Le poesie al maschile di Davide Rocco Colacrai: l’intervista all’autore
Quando si leggono poesie ci si ritrova a vivere nei panni dei personaggi, ci si proietta in angolazioni nuove che portano inevitabilmente a considerare punti di vista fino ad allora ignorati. I varchi della società si aprono, le ombre si illuminano di esperienze di lettura e gli stereotipi perdono di significato. Abbiamo parlato di questo e molto altro con l’autore Davide Rocco Colacrai in occasione del suo ultimo “figlio” di penna “Della stessa sostanza dei padri – poesie al maschile” edito da Le Mezzelane nel 2021.
Ciao Davide e complimenti per la tua ultima opera. Da dove viene la tua passione per la poesia?
Ciao a te e grazie per la bellissima domanda. Allora, non sono solito parlare di me, infatti sono una persona che ascolta molto gli altri e penso che ci sia tanto da imparare dal prossimo. Sono un sognatore instancabile, sogno un mondo migliore, persone più felici e realizzate, che non debbano vergognarsi di chi sono e poi traduco tutti questi desideri in versi. Le mie poesie sono forgiate dai sogni.
Anche perché la missione del poeta non è proprio quella di concretizzare i pensieri della comunità?
Esattamente, sono d’accordo con te. Infatti, parlando dei miei libri e più specificatamente dell’ultimo, ho dato parola a determinati personaggi affinché ci raccontassero chi sono e soprattutto cosa troviamo dentro l’uomo; la società ci ha trasmesso questa idea malsana secondo la quale non si possa parlare dell’uomo che esiste ma non ha il diritto di esprimersi, manifestare pensieri, parole, dubbi e fragilità. L’uomo inteso in maniera universale, una sorta di entità, di mito.
Nessuno si è mai posto il dubbio di chi fosse davvero. Quindi ho deciso di riportare le esperienze dei personaggi che raccontano a me e poi attraverso di me a tutti i lettori, cosa si nasconde al loro interno, simbolicamente parlando. Per mezzo di una lente d’ingrandimento e prescindendo dal corpo, scavo nell’anima, nell’aura, nel cuore dell’uomo, ampliando sempre più fino verificare le somiglianze con la donna nel modo di affrontare la vita. Effettivamente queste analogie ci sono.
Addentriamoci nel vivo della tua ultima opera “Della stessa sostanza dei padri – Poesie al maschile”, perché questo titolo?
“Della stessa sostanza dei padri” edito dalla casa editrice Le Mezzelane può essere considerato il prosieguo di un’altra mia opera, sempre pubblicata dalla medesima casa editrice, intitolata “Istantanee donna – poesia al femminile”; un completamento del discorso secondo il quale l’uomo e la donna abbiano un modo molto simile di affrontare la vita. Le differenze possono essere rilevabili solo esteticamente, però, se prescindiamo dal corpo, ci rendiamo conto di essere tutti connessi dal punto di vista energetico. Non è un caso se noi ci innamoriamo dell’anima.
Quando un libro si materializza attraverso di me, lo fa partendo da poesie già esistenti. Non scrivo mai in funzione di un titolo ma mi capita di vivere una specie di epifania basata su una serie di poesie messe all’interno di un calderone e posizionate in un ordine molto intuitivo; da qui nasce il libro. All’interno del libro ci sono poesie pluripremiate, citandone alcune: “Francesco giocava con le bambole”, “Cristo con violino”, “La sottile bellezza dell’imperfezione”. In seguito, grazie alle interviste che rilascio, agli incontri con i lettori e anche alle critiche che mi vengono fornite, scopro anch’io l’anima del libro che è emerso. Quindi, il perché di questo titolo non lo so ma lo trovo bellissimo.
Leggendo la tua opera ho rilevato un forte carattere storico-sociale, quanto influisce la tua percezione della società sul tuo modo di scrivere? Cosa si innesca nella mente di un poeta nel momento esatto che precede la stesura di una poesia?
Fin da bambino ho subìto moltissimo il fatto di vedere le brutture del mondo, molta cattiveria e ingiustizie di vario genere. Questo è un elemento che mi ha sempre accompagnato e non è un caso che abbia, poi, scelto di studiare giurisprudenza. In più, la mia famiglia ha vissuto per quasi cinquant’anni in Svizzera e, nonostante mia madre sia innamorata del Paese, mi racconta spesso delle ombre che ci sono state prima che l’italiano medio venisse accettato come parte integrante della società.
Tutte le esperienze familiari e personali e tutte le brutture che ci circondano influiscono sul perché io sia un poeta dalla vocazione civile, storica. Inoltre, essendo una persona molto curiosa, esamino gli argomenti documentandomi attraverso documentari, film, libri e così via. Sono felice di essere uno dei pochi ad affrontare determinati temi e mi piace affrontarli. È anche un modo per invitare i lettori a studiare e ad approfondire. Penso che sia importante fornire degli strumenti volti a dare e a darsi delle risposte.
Infatti, le tue poesie contengono spesso delle note esplicative pensate per il lettore
La parola chiave è “compassionevole”. All’inizio della mia carriera poetica le mie opere erano sprovviste di spiegazioni causando interpretazioni assurde, anche tra persone che dicono di masticare la letteratura. Da quel momento ho compreso l’importanza delle note, anche e soprattutto, riguardo fatti accaduti che non compaiono nei libri di storia o di personaggi storici poco conosciuti in Italia.
È molto importante definire il contesto per poter concepire ciò che si sta leggendo. Sono stato definito anche il poeta delle note e sono fiero di esserlo. Ci tengo a far passare questo messaggio: il poeta deve essere compassionevole e per esserlo deve essere in grado di accettare opinioni diverse. La poesia insegna a riflettere, a capire il mondo e per aprire le sue porte c’è bisogno del silenzio e del tempo.
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