Davide Amante: “Vi racconto la vita nascosta di Raoul Wallenberg”
È uscito vincitore dall’edizione 2020 del premio letterario ‘Mediolanum – Un Certain Regard’ ed è già stato tradotto in tre lingue: il nuovo romanzo di Davide Amante, “Il Dossier Wallenberg”, è distribuito da Feltrinelli e racconta i retroscena della misteriosa sparizione di Raoul Wallenberg, uomo chiave della Seconda guerra mondiale, il cui nome è inserito ne i ‘Giusti tra le nazioni’. Un dossier nazista, una storia sepolta e dimenticata per tanti anni e un’impresa eroica di cui adesso conosciamo i dettagli, dopo mezzo secolo di silenzio.
Wallenberg è un nome poco noto, a differenza di uno Schindler a cui è stato dedicato anche un importante film. Stessi meriti, sorti mediatiche diverse: cosa rende meno appetibile Wallenberg per il grande pubblico?
Il paradosso è che Wallenberg piacerebbe moltissimo se solo fosse conosciuto, ma nessuno ne ha mai parlato o, più precisamente, nessuno ne vuole parlare. Trentenne, miliardario, innamorato della vita e di una ragazza che aveva conosciuto a Budapest, non era ebreo ma è arrivato a Budapest per una serie di circostanze casuali proprio nel momento in cui si stavano commettendo le peggiori atrocità contro bambini, donne e uomini, semplicemente perché appartenevano a una religione piuttosto che a un’altra. Allora si diceva razza anche se poi si è dimostrato che il concetto di razza non esiste. Wallenberg non era un uomo da mezze decisioni. Sentì di poter fare qualcosa per aiutare questa gente e prese la decisione, che portò fino in fondo, di agire. I servizi segreti Occidentali se ne accorsero, svilupparono una collaborazione con lui e quasi senza accorgersi Wallenberg si ritrovò coinvolto in spettacolari azioni di salvataggio, rischiando direttamente la vita, senza mai esitare. Furono anni intensi e imprevedibili quelli che visse a Budapest, credo accompagnati da un amore passionale e altrettanto intenso. Poi scomparve improvvisamente e da allora di lui non si seppe più nulla, tranne qualche documento di un carcere vicino a Mosca, dove però il suo nome risulta sostituito da un numero e poi da un altro nome, un certificato di morte l’anno successivo, e alcune infermiere che hanno testimoniato di averlo visto in vita e libero negli anni Sessanta. Qualcosa non torna. Di Schindler si conosceva tutto, ogni dettaglio, e per questo è stato relativamente semplice costruire una storia intorno a lui. Di Wallenberg non si sa nulla.
“Il Dossier Wallenberg” è un romanzo-indagine: come ha conosciuto la figura di Wallenberg e com’è iniziata l’indagine su di lui?
A volte le storie partono da episodi insignificanti. Qualche anno fa viaggiavo in treno e il passeggero accanto a me, arrivato a destinazione, lasciò un quotidiano sul sedile, aperto a una pagina in cui l’ambasciatore di Svezia in Italia pubblicava una breve lettera, un po’ fiacca a dire il vero, per ricordare la figura di Raoul Wallenberg. Non ne sapevo nulla come quasi tutti. Presi il giornale, lessi e mi chiesi come fosse possibile che oggi un uomo che aveva salvato così tanta gente e che era cercato da diversi governi non fosse rintracciabile in alcun modo. C’era una breve nota che alludeva a scelte personali e coraggiose fatte da Wallenberg in momenti critici. Lì, partì la scintilla. Il coraggio e le scelte personali, quando tutto sembra impossibile, mi attraggono. Da quel momento ho cominciato a procurarmi documenti su di lui.
Fuori dallo sfondo politico c’è la figura femminile: un nome di donna apre la narrazione, che si chiude con la parola stessa “donna”. Quant’è importante questa storia d’amore e quanto c’è di romanzato?
Domanda difficile. Hermann Melville in Billy Budd scriveva che ‘la verità detta senza compromessi porterà sempre con sé le proprie sfilacciature’. Mira, la donna di cui Wallenberg si era innamorato e per la quale ha deciso di rischiare la vita, si trova in quell’area di confine dove la verità è sfilacciata come la tela di un jeans usato fino a confondersi con il sogno. Molto probabilmente questa donna è esistita, la storia d’amore con Wallenberg c’è stata. Una storia d’amore passionale, durata poco più di un anno, finita con la fuga di lei da Budapest, che lascerebbe pensare che lei lo abbia abbandonato per salvare se stessa. E invece questa donna decide di fuggire dalla sua più grande storia d’amore per salvare l’uomo che ama.La vera protagonista silenziosa è una donna. Del resto sono convinto che in generale ci sia una superiorità innata nelle donne rispetto agli uomini, e che siano le donne ad ispirare le azioni più grandi negli uomini.
Il libro tenta di prendere una direzione sulla soluzione del mistero, che poi è la lunga damnatio memoriae a cui Wallenberg è stato destinato. Sfogliando il materiale emerso negli ultimi anni, c’è stata un’evoluzione della sua posizione in merito alla vicenda?
Sì, c’è stata un’evoluzione e questa è stata determinata dall’apertura di alcuni archivi della CIA in conseguenza del Freedom of Information Act. Alcune di quelle carte riguardano proprio Raoul Wallenberg. E leggendo quelle carte si ha la certezza di ciò che si era sospettato da lungo tempo, ma che mai era stato confermato: Wallenberg era un agente dei servizi segreti e lavorava per la CIA, che ai suoi tempi si chiamava ancora OSS. I nazisti di base a Budapest lo avevano sospettato e per questo avevano avviato un dossier segreto su di lui. Questo dossier fu poi venduto dal colonnello nazista Eichmann alle forze dell’Armata Rossa quando questa conquistò Budapest. Ne consegue che i russi arrestarono Wallenberg ma come accadeva con alcune figure importanti in quell’epoca, Wallenberg ‘fu fatto scomparire’ dai documenti ufficiali per consentire poi uno scambio con gli Occidentali. Fu proprio un colonnello Sovietico a comprendere il valore di Wallenberg, a condividere con lui una serie di pensieri sulla vita che ricostruisco nei dialoghi nella seconda parte del romanzo, e a decidere insieme a Mira di salvare Wallenberg.
Ha visitato personalmente quella “Strada dei Giusti” nel memoriale di Gerusalemme? Se sì, che impressione le ha fatto?
No, non ancora. Lo considero un luogo sacro dove intorno ad ogni albero piantato in memoria di un Giusto, aleggia l’anima di un uomo o una donna che ha rifiutato la brutalità e la cattiveria ed ha avuto il coraggio dell’amore e della fratellanza. È tutto in questo coraggio, che va capito e rispettato, che risiede uno degli aspetti più affascinanti ed essenziali dell’uomo.
A un lettore occasionale, poco avvezzo o non interessato alle ricostruzioni storiche, perché consiglierebbe di leggere questo libro? E in generale, possiamo dire che è un romanzo per tutti?
Il Dossier Wallenberg è una storia d’amore intensa fino al passionale e una storia di coraggio. La ricostruzione storica che ho fatto è accurata e approfondita, ma come nella vita di tutti noi, gli avvenimenti storici che viviamo tutti i giorni si mescolano con le emozioni e le passioni. Nel Dossier Wallenberg c’è esattamente questa verità. Non mi interessano i sentimentalismi o i ragionamenti troppo avvitati su se stessi, Wallenberg era un uomo d’azione e passione ed è con l’azione e la passione che va raccontata la sua storia. Per questo motivo è, sì, un romanzo per tutti.