Il viaggio introspettivo tra le stelle di David Bowie: “Stardust” riscrive il concetto di biopic?
David Bowie è stato immenso, infinito, esattamente come l’universo musicale che ha esplorato durante il corso dell’intera carriera. Lontano da etichette facili o di convenienza, Il Duca Bianco è stato la stella più luminosa di un cosmo ancora inesplorato, a lungo illuminato dalla sua arte e dalla proverbiale voglia di superare il proprio orizzonte creativo. E’ andato oltre, sempre. E’ stato la Black Star, per citare il titolo dell’ultima release, quella del commiato.
Ieri, a Roma, in occasione della Festa del Cinema, è stato presentato “Stardust“, film ispirato alla vita e alla carriera del musicista londinese. Non propriamente un biopic sulla scia di Bohemian Rhapsody o Rocketman, quanto piuttosto un viaggio alle radici del suo Big Bang artistico. Dall’Inghilterra agli Stati Uniti. Dalla terra d’Albione alla patria dello Zio Sam, un volo di solo andata per David Bowie, uno di solo ritorno per Ziggy Stardust, alter ego che gli consentì di aprire una tra le pagine più straordinarie e affascinanti della sua carriera.
Una maschera per nascondere fragilità, paure, incertezze, dubbi. Una maschera per manifestare un lato ancora inesplorato della propria multiforme identità. E’ destino delle grandi menti, specialmente artistiche, non essere mai appagate, non ritrovarsi mai in posizioni comode, esigere sempre di più da sé stesse e allargare la propria dimensione oltre la naturale comprensione. Essere sé stessi richiede un sacrificio enorme. David Bowie lo sapeva bene.
Con Ziggy Stardust decise di rompere definitivamente le barriere della omologazione.
Il film è diretto da Gabriel Range ed è interpretato da Johnny Flynn. Verrà distribuito da I Wonder Pictures ma, pandemia alla mano, non ci è dato sapere né quando né come. Tempi cupi, quelli che viviamo, lontano dalle galassie dello Stardust. “Quasi tutto quello che vedrete è fiction“, questo è l’incipit con cui si apre la pellicola, quasi a voler prendere aprioristicamente le distanze da una certa visione della stessa, come a non voler lasciare niente al caso e a mettere le mani avanti da giudizi affrettati o, perché no, approssimativi e grossolani.
E difatti, del Bowie musicista eclettico e visionario, c’è tanto ma non tutto. Al centro del film c’è un dramma, quello personale, intimo e profondo vissuto dall’uomo in cerca di sé stesso. Il terrore di aver ereditato la schizofrenia, malattia flagello della famiglia, spettro angosciante e claustrofobico dal quale liberarsene non fu facile. E, difatti, non se ne liberò mai realmente, anche nel corso degli anni successivi. Da qui il viaggio a 24 anni negli States per promuovere “The Man Who Sold the World“.
“Abbiamo fatto molte ricerche e spero di aver reso in maniera veritiera quel viaggio, che c’e’ stato, cosi’ come e’ vero che arrivo’ privo di documenti e non poté esibirsi durante il tour promozionale del disco”, ha spiegato il regista all’Agenzia Dire nel corso della conferenza stampa di presentazione di ‘Stardust’.
“Il trucco è pesante, preciso, sembra una maschera del teatro kabuki. Ormai lo sanno tutti, estimatori fanatici e detrattori isterici: Ziggy ha dato un’incarnazione esatta alla parola unisex”. Queste le parole di Luca Scarlini tratte dal prologo del suo libro Ziggy Stardust: la vera natura dei sogni. Precise, puntuali, sincere.