Dalle Iene al teatro, Filippo Roma tra satira e commedia
Filippo Roma, dalla televisione al teatro. Dall’inchiesta alla commedia, passando per Le Iene e l’intenzione di dare sfogo a un amore da poco scoperto, quello per il palcoscenico. Dal 26 al 31 ottobre, al Teatro de’ Servi, sarà al fianco di Marco Passiglia ed Enrico Seminara con Sospesi, show che ne segna il debutto da attore.
Monologhi e storie satiriche al centro dello spettacolo, apparentemente staccate tra di loro, ma che alla fine si scoprirà essere tasselli di un’unica storia che ha un unico fine: ritrovare la leggerezza.
Come nascono i monologhi e le storie che danno vita allo spettacolo?
Come è nato il nostro rapporto, cioè cazzeggiando la sera. E’ accaduto tutto molto velocemente, quando ci siamo conosciuti un anno fa. L’intesa personale è scaturita in quella artistica e sono stati loro a proporre questo progetto. “Filippo, ti sei mai visto come teatrante comico?”, mi hanno chiesto.
Ovviamente ho risposto di no. Loro, però, hanno insistito, così ci siamo visti e abbiamo buttato giù tante idee, ma tutte nate dal divertimento. Questa estate abbiamo fatto un lavoro di cernita e scrittura, ci siamo rivolti a Sergio Vilianese che ha messo un po’ di ordine alle nostre idee. E’ stato davvero di aiuto.
Provieni dal mondo della televisione, come è stato doversi adattare ai tempi di scena?
Complicato. In effetti questo è uno dei motivi che mi ha spinto a prendere questa decisione. Mi incuriosiva questo aspetto, diverso dalle Iene dove è tutto molto sincopato, frenetico e con continui botta e risposta. Non so ancora cosa accadrà. Il pubblico televisivo è “ammaestrato”, nel senso che c’è chi ne coordina le reazioni come applausi e risate. In teatro no, non c’è un capo clap. Al di la dei tempi mi incuriosisce molto il rapporto che si instaura tra gli attori e il pubblico.
Reciti al fianco di Marco Passiglia ed Enrico Seminara. Quale è stata la parte più stimolante nel lavorare con loro?
Il nostro rapporto si è evoluto costantemente nel corso dell’estate e così siamo arrivati a settembre col copione ormai scritto. Ci siamo visti per leggere il testo e fare le prove. I nostri incontri sono stati finalizzati ad elevare la qualità della nostra proposta. Mi hanno fatto anche da tutor perché non sono abituato al teatro.
L’aspetto più difficile è stato quello di adattarsi ai tempi dello spettacolo, è davvero difficile ma anche stimolante apprendere questo processo. Capire quando raccogliere il consenso del pubblico, fermarsi, sondare l’umore della platea, respirare. E’ tutto nuovo e molto complesso.
Al centro dello spettacolo è sottolineata la voglia di leggerezza e la necessità di essere più spensierati. Del teatro, così come della televisione, si tende a sottolineare solo l’aspetto culturale, tralasciando quello squisitamente ricreativo, come se il divertimento o la distrazione fossero elementi secondari. Cosa ne pensi?
Che hai ragione. Già in tempi normali la funzione del cinema o del teatro è quella d’intrattenere. Ha una funzione sociale, come quella dell’avvocato o del medico. Chi accende la tv, va al cinema o va al teatro vuole staccare anche dalla quotidianità, magari semplicemente divertendosi. In tempi post pandemici è essenziale.
Ecco perché sottolineiamo la leggerezza, perché ne abbiamo bisogno dopo due anni cupi e di terrore come questi. Guardare tutto con un occhio distaccato che ci permetta di volare. Teatro e cinema devono svolgere questa funzione. Mentre la tv è stata un po’ appiattita, teatro e cinema hanno invece attirato l’attenzione di un pubblico sempre maggiore.
Cos’è per te la satira? Quale credi sia il suo vero ruolo nella società contemporanea?
Credo sia quello di violare il potere. La satira ha il compito di fare una domanda scomoda, di dire qualcosa, in un determinato modo, che l’uomo comune non ha la possibilità di affermare. Chi fa satira può violare l’intangibilità e la sacralità del potere. E’ una responsabilità da gestire con cura.
Come ti trovi nella nuova veste di attore? Hai pensato al prossimo spettacolo? Magari di stand up comedian sul Moralizzatore…
Potrebbe essere un’idea, è uno spunto che prendo e metto da parte (rido). Per il futuro? Intanto mi preme spingere questo spettacolo, cercare di diffonderlo il più possibile, visto che siamo agli inizi. Fremo di portarlo in giro, mi sembra di essere tornato a quando avevo 12 anni che volevo andare a giocare a pallone. E’ la stessa cosa, voglio divertirmi.
A cosa stai lavorando per il prossimo futuro?
Adesso ho scritto il mio secondo romanzo, dopo quello dell’anno scorso. L’estate è il tempo della scrittura, perché Le Iene si fermano. In tutto ciò l’elemento centrale è il programma. Del libro non dico niente, sai, per scaramanzia. Magari non trovo nessuno che lo pubblica (ride).