Dal corpo martoriato alle nuove speranze. Jeremy Renner si racconta dopo l’incidente
“Un uomo fortunato“, così si definisce Jeremy Renner dopo l’incidente che la mattina di Capodanno scorso gli era quasi costato la vita. E non si fa per dire, per esagerare o rendere più forte il concetto. La star delle saghe Marvel è stato a tanto così dal punto di non ritorno, da quel baratro che lo avrebbe inghiottito per sempre e che corrisponde alla morte. La portata del dramma fu subito chiaro a tutti: si parlò di corsa contro il tempo per salvarlo, di condizioni oltre il disperato, di possibili amputazioni di gambe e di lesioni permanenti, al punto che lo avrebbero cambiato per sempre. Il che, probabilmente, è anche vero.
Leggi anche: Jeremy Renner rivela i danni subiti dall’incidente dello spazzaneve
Ma Renner ha lottato, ha tenuto duro e, chissà, magari ispirandosi al supereroe che ha portato sul grande schermo, ha scoccato la freccia più importante della sua vita, quella contro un destino che sembrava già scritto e lo vedeva soccombere all’accaduto. E adesso si racconta. Non su Instagram, come occasionalmente ha fatto con alcuni post per aggiornare i suoi milioni di fan sparsi in tutto il mondo, ma con un’intervista inedita all’emittente Abc News che andrà in onda il 6 aprile negli Stati Uniti, con il titolo “Jeremy Renner: The Diane Sawyer Interview – A Story of Terror, Survival and Triumph“.
La giornalista Diane Sawyer, che ha condotto il dialogo, ha elencato i traumi di Renner: “otto costole rotte in quattordici punti, ginocchio destro, caviglia destra rotta, tibia della gamba sinistra rotta, caviglia sinistra rotta, clavicola destra rotta, spalla destra rotta, volto, orbita, mascella, mandibola rotti, polmone collassato, trafitto dall’osso della costola, il fegato”.
Impressionante anche solo leggere la quantità di traumi subiti e l’infinita scalata alla sopravvivenza che l’attore ha dovuto compiere e che, tutt’ora continua a portare avanti. La star ha salvato la vita al nipote. “Lo rifarei di nuovo perché lo spalaneve stava andando dritto addosso a mio nipote”. Un gesto eroico, raccontato proprio da quest’ultimo: “L’ho visto in una pozza di sangue che veniva dalla sua testa. Sono corso verso di lui. Non pensavo che fosse vivo”.
Leggi anche: 170 anni di Vincent van Gogh, l’artista che dipinse con l’anima
Adesso la prima luce in fondo al tunnel: tre mesi di operazioni e riabilitazioni, di cure e affetto incondizionato da parte di amici, parenti e fan. In quest’arco temporale sarebbe potuto accadere tutto e il contrario di tutto, ma c’era da superare l’emergenza e l’urgenza di sistemare un corpo martoriato. Ci vorrà ancora molto tempo, però. “Ho avuto paura di sentirmi una sorta di esperimento della scienza”, ha rilevato Renner. Ma per lui è iniziato una nuova fase della propria esistenza. Niente sarà più come prima, ma aver riacciuffato per i capelli la propria vita che sembrava avere i minuti contati, è la base di partenza sulla quale costruire il proprio futuro.