Dai campi di calcio inglesi alle luci di Hollywood, la maschera di Vinnie “Psycho” Jones
Per sintetizzare la vita di Vinnie Jones, sarebbe sufficiente prendere spunto da uno dei suoi aforismi più celebri: “Adrenaline has played a big part in my life. Sometimes you can control it and sometimes you can’t – L’adrenalina ha avuto un ruolo importante nella mia vita. A volte puoi controllarla e altre volte no”. Un dogma, un’affermazione che può sorprendere, se non si conosce bene il personaggio in questione.
Jones nasce a Watford, un borgo dell’Hertfordshire, in Inghilterra, iniziando ben presto a lavorare come manovale. A 19 anni, però, tra una sveglia all’alba per operare nei cantieri, una rissa nei viali davanti casa e una sbronza al pub, si concentra sulla parallela attività di calciatore, venendo ingaggiato dal Wealdstone FC, una piccola squadra della Alliance Premier League.
Da lì in poi, la carriera calcistica di Jones prosegue su livelli tutto sommato apprezzabili, raggiungendo l’apice con la vittoria della Coppa Nazionale nella stagione ’86-’87, con indosso la casacca del Wimbledon FC. Gioca nel ruolo di centrocampista, randellando e colpendo tutto ciò che osa corrergli davanti, nel corso dei suoi 15 anni di attività. Inutile negarlo: i mezzi tecnici sono quelli che sono; e Jones sopperisce alle mancanze calcistiche con una grinta e una rabbia al limite del penale.
David Ginola, indimenticato fantasista della nazionale francese, dirà di lui: “Non merita di essere considerato un calciatore”
Ovviamente partire prevenuti nei confronti di una persona non è mai una cosa buona, non ci piove. Ma quando ti presentano qualcuno il cui soprannome è “Psycho”, i tuoi calcoli te li fai. Perché Vinnie Jones quel soprannome se l’è guadagnato (è proprio il caso di dirlo) sul campo: dodici espulsioni in carriera che lo portano al secondo posto, dietro solamente a Roy Keane, nella speciale classifica dei cartellini rossi nel Regno Unito; record dell’espulsione più veloce, con soli tre secondi dal fischio iniziale; e poi, ancora, ammonizioni, interventi sconclusionati, condotta da capobanda hooligan, infortuni causati e squalifiche, a legittimare cosa?
Il titolo di giocatore più irritante, violento e rabbioso che abbia mai calcato i campi della Terra di Albione
Appesi gli scarpini al chiodo, la musica non cambia. Nella sua “seconda vita”, infatti, Jones si ricicla come attore e caratterista, indossando la maschera che più si confà alla sua vera indole. I più curiosi vadano a recuperare la “trilogia del tifo” di John King; perché Vinnie Jones incarna, più di chiunque altro nell’immaginario collettivo, il tipico personaggio che spesso leggiamo nei libri dello scrittore inglese: il tifoso di calcio tutto birra, risse e violenza.
Nel cinema esordisce nel 1998 sotto la guida di Guy Ritchie. In Lock & Stock – Pazzi scatenati, interpreta un violento (nemmeno a dirlo) picchiatore della mala. Appare anche in Fuori in 60 secondi, Snatch – Lo strappo, Codice: Swordfish e Mean Machine. La sua carriera cinematografica, però, non si chiude qui, tanto che lo troviamo in X-Men – conflitto finale, dove interpreta “Fenomeno”. Ancora, possiamo ammirare le sue interpretazioni in Bulletproof Man, Escape Plane – Fuga dall’inferno e nelle serie Chuck, Elementary, The Musketeers e Arrow.
E se i più storcevano il naso vedendolo sul grande schermo, Vinnie era di diverso avviso. “Sarà il tuo ultimo film” dicevano ogni volta. E invece lui è ancora lì, dopo 30 anni e quasi 50 film all’attivo. A rappresentare quello che gli riesce meglio, nel bene e nel male: il villain per eccellenza.
È nel 2019, però, che Jones mostra per la prima volta il suo lato umano. Nel mese di luglio, infatti, all’età di 53 anni muore Tanya Jones, moglie di Vinnie. Psycho è devastato, poiché Tanya è l’unica che è riuscita a mettere ordine nella sua vita; la persona che lui stesso definiva “il suo match perfetto”.
Vinnie, però, non è persona da cadere così facilmente
Anche quando giocava a pallone e tutti lo additavano come un “muratore in mezzo al campo”, lui ha sempre continuato a fare quello che gli riusciva meglio: alzare la testa, tirare fuori la grinta e picchiare duro.
Proprio come per la pregressa vita calcistica, è ragionevole pensare che Jones non otterrà mai una statuetta dell’Academy Awards o una Palma d’Oro. Ma il suo volto inasprito, l’aria da duro e lo sguardo furioso di chi ben conosce i propri limiti ma che, altrettanto bene, trova sempre il modo per aggirarli e sedersi, prima o poi, al tavolo dell’élite, fanno di Jones un caratteristica perfetto per ciò che il pubblico vuole da lui.
“Psycho” Jones è questo: una vita vissuta al massimo ma senza rimpianti. L’’incarnazione perfetta del detto “Il fine giustifica i mezzi”; perché è lui stesso ad ammetterlo: “Non penso che si debba trascorrere la vita rimpiangendo le cose. Vivi la vita imparando. Impara dai tuoi errori e dai tuoi crimini”.