Da Berlino ad Alba Fucens, il mito di The Wall rivive con lo show delle RanestRane
Unica nel suo genere, la sola CineConcept Band a creare un’atmosfera magica che unisce le immagini con la musica. Parliamo delle RanestRane, gruppo rock nato nel 1998, particolarmente apprezzato nel panorama del progressive italiano per le strepitose performance dal vivo, meglio conosciute come ‘CineConcerti’. Durante questi, i testi e le musiche della band si fondono con i dialoghi originali del film di volta in volta proiettato sullo schermo.
Non si tratta di semplici sonorizzazioni, però, bensì di una vera e propria rielaborazione dell’opera filmica che possa indurre lo spettatore a pensare che sia il film ad esser stato creato per la musica e non viceversa.
Nel 2007 ha visto la luce Nosferatu e qualche anno dopo, nel 2011, la formazione si è cimentata con un altro film d’autore, Shining di Stanley Kubrick, mentre nel 2012, il gruppo (Daniele Pomo, Massimo Pomo, Maurizio Meo e Riccardo Romano) si è esibito con Steve Rothery durante l’annuale convention di “The Web Italy”, suonando alcuni brani classici del catalogo dei Marillion. Questa occasione ha fatto scoccare la scintilla per una collaborazione musicale al nuovo album di Ranestrane che si sarebbe basato sull’altro capolavoro di Kubrick 2001: Odissea nello spazio.
Dopo anni di illustri collaborazioni e progetti, nel 2017 la band ha aperto i concerti dei Marillion in Giappone e ha fatto una serie di spettacoli in Europa. Nel 2019 le RanestRane hanno voluto rendere omaggio al 40° anniversario della pubblicazione del disco dei Pink Floyd “The Wall” con un nuovo progetto, diverso dai precedenti: una personale reinterpretazione delle musiche del celebre gruppo con l’aggiunta di composizioni originali, sincronizzate con il film di Alan Parker.
Il progetto è iniziato con una serie di concerti nel 2019 per commemorare il 30° anniversario dalla
caduta del Muro di Berlino. L’uscita ufficiale dell’album The Wall di RanestRane, il 20 giugno 2020, celebra lo storico concerto The Wall – Live in Berlin a Postdamer Platz, trent’anni dopo.
A causa della pandemia e del lockdown la band non ha potuto proseguire il tour. Ora però è arrivato il momento di tornare live e lo farà per la prima volta il prossimo 9 agosto all’interno della magnifica cornice dell’anfiteatro romano di Alba Fucens (Massa D’Albe – Aq) in occasione della rassegna estiva “Alba Off (Limits)” promossa dal Teatro Off (Limits) di Avezzano.
In che modo avete trascorso i mesi passati?
Maurizio: Naturalmente nei mesi passati non è stato facile, ma siamo riusciti a lavorare da casa e a confrontarci con incontri “telefonici”. Per ovvie ragioni, abbiamo dovuto annullare il nostro RanestRane Weekend a Cervia – un weekend speciale con i fan che si ripete ogni 2 anni – ma siamo riusciti a proporre un’edizione digitale: ci siamo inventati 4 incontri settimanali con i fan, in sostituzione del weekend e del tour, che faremo l’anno prossimo. Riccardo ha lavorato alla fase finale del disco in uscita, Daniele ai nuovi testi, abbiamo buttato giù nuove idee per il futuro progetto delle RanestRane, abbiamo suonato. Per quanto mi riguarda, ho cercato di trascorrere questo periodo di lockdown nel modo più sereno possibile.
Massimo: Sicuramente non è stato un periodo facile. Abbiamo tutti subito un forte stress emotivo e fisico, l’uno causato dalle inaspettate conseguenze del COVID-19 sull’essere umano e l’altro generato dalla costrizione di immobilità alla quale tutti siamo stati obbligati. L’aspetto emozionale non è stato e mai lo sarà, almeno per me, superato con superficialità. Non riesco proprio a capire perché gli eventi non siano stati meglio controllati, probabilmente si potevano evitare tante sofferenze. Ma siamo uomini e come tali lontani dalla perfezione, piuttosto inclini all’errore.
Per certi aspetti il lockdown non ha cambiato molto della mia quotidianità, perché sono una persona che ama la solitudine e il dialogo continuo con me stesso. La mancanza più grande è stata sicuramente la possibilità di suonare nei locali e nei teatri. È mancata l’essenziale fatica del tour, lo scambio di emozione con il pubblico che ci segue. Non è stato facile fare a meno della passione che muove tutte le energie necessarie alla realizzazione di uno show, così come il non poter vedere i miei compagni, il non poter confrontarsi col lavoro quasi quotidiano che ormai ci tiene uniti da tanto tempo. Però la lontananza dalla routine mi ha messo ancora più in simbiosi col mio strumento: ho potuto quindi esplorare tecnologie che non avrei mai pensato di usare.
Quando nasce l’idea di realizzare dal vivo i Cineconcerti?
Daniele: L’idea del Cineconcerto nasce qualche anno dopo la nascita della band. Nel nostro primo periodo di attività avevamo cercato di comporre brani forzatamente più corti e sganciati da velleità più sperimentali e coraggiose. Capimmo che puntare solo sulla qualità delle composizioni e sulla nostra tecnica personale non sarebbe sicuramente servito a farci elevare dal piattume generale della discografia italiana. Per alcuni produttori i nostri brani erano troppo difficili, altri consideravano gli stessi brani troppo “semplici”: quindi decidemmo di fare da soli e di essere totalmente artefici del nostro futuro artistico, senza compromessi. Non avendo grandi possibilità economiche e nessun “santo in Paradiso” avevamo bisogno di un’idea nuova oltre al “Concept Album”, peraltro classicamente sfruttato nell’ambito prog; un’idea che ci potesse aiutare a calamitare attenzioni al di là della musica e del tema trattato.
Il nostro amore per i film d’autore ci indirizzarono verso l’idea di partire da un film importante artisticamente e con un potere evocativo elevato. Scegliemmo “Nosferatu” di Herzog. Non avevamo però il potere economico o l’appeal dei Pink Floyd: non potevamo sperare di scrivere un album e poi proporre a un regista famoso la realizzazione di un film! Ma eravamo già musicisti professionisti, discretamente forgiati dalla realtà del nostro periodo storico. Così iniziammo la creazione di un’opera completamente originale, basata su un film già scritto e realizzato, cercando di adattarci al montaggio integrale del film, con rispetto artistico nei confronti dell’opera filmica e della nostra musica. È stata dura, ma sicuramente i nostri sforzi ci hanno reso – e ci rendono ancora – una band unica come CineConcept Band.
Da pochissimo è uscito il vostro ultimo album “The Wall” che sta riscuotendo molto successo. Qual è la genesi del progetto?
Maurizio: Siamo molto contenti del successo che sta ottenendo il nostro disco “The Wall”. L’album sarebbe dovuto uscire in concomitanza con il nostro RanestRane Weekend e lo avremmo poi portato in tour in Europa fine maggio di quest’anno. A causa di tutto ciò che è successo, siamo stati costretti a posticipare il tour, ma per fortuna tutte le date europee sono state confermate per aprile 2021. Volevamo dare comunque un segno forte e importante a tutti i nostri fan, mantenendo loro le promesse fatte: così, nonostante il “Muro” che ci ha impedito di poterci esibire in pubblico durante il periodo estremo della pandemia, abbiamo pensato fosse giusto far uscire comunque l’album, pubblicato a giugno di quest’anno. Per le RanestRane, il progetto “The Wall” è un po’ un ritorno alle origini.
La nostra storia si lega profondamente ai film d’autore. E l’idea originale è arrivata proprio dal capolavoro di Alan Parker e dei Pink Floyd. Fin dall’inizio avremmo voluto scrivere un film accompagnato dalla nostra musica, una storia importante e significativa ideata da noi. Ma non avendo la possibilità di realizzare un progetto cinematografico, abbiamo pensato di realizzare le nostre musiche su film esistenti. E questo accadeva ben 22 anni fa, con la nostra prima opera “Nosferatu il Vampiro”.
La parentesi di “The Wall” è quindi un ritorno alla nostra idea originale. Ma sia ben chiaro, la nostra proposta non deve essere recepita come quella di una tribute band dei Pink Floyd! Di tribute band ne esistono tantissime, molto brave, che eseguono il repertorio della band inglese in modo ineccepibile. La nostra è una particolare reinterpretazione dell’opera di Alan Parker e dei Pink Floyd, in tutta la sua completezza, con nostri nuovi arrangiamenti e con l’aggiunta di alcune nostre testimonianze musicali inedite. Tutto in sincro con il film, in perfetto stile RanestRane.
Come vi spiegate il successo che nel corso degli anni avete avuto, con fan da tutta Europa e diversi fanclub a voi dedicati?
Riccardo: Durante i primi anni del nostro percorso eravamo concentrati a far conoscere la nostra musica quasi esclusivamente in Italia. Pensavamo che la scelta di cantare nella nostra lingua ci avrebbe penalizzato all’estero. Nel corso degli ultimi dieci anni abbiamo cercato di far crescere l’attenzione attorno a noi e di far conoscere la nostra musica anche all’estero. Ci sono stati incontri fortunati, soprattutto quello con Steve Rothery e Steve Hogarth dei Marillion, che hanno contribuito in maniera sostanziale. Siamo stati in tour con Steve Rothery nel 2014 e credo che sia stato un vero punto di svolta per noi. Successivamente sono arrivati festival importanti, tante proposte dall’estero e un nuovo pubblico ha incominciato a seguirci con passione e costanza. Credo che uno dei nostri punti di forza sia il fatto di proporre un progetto totalmente nuovo e mai tentato finora con queste modalità: scrivere intere opere dedicate a film d’autore sincronizzandole perfettamente a essi. Potersi distinguere facendo qualcosa di diverso è estremamente importante.
Conoscete l’anfiteatro romano di Alba Fucens dove suonerete il prossimo 9 agosto? In quali altre location suggestive avete suonato in passato?
Massimo: Sono un amante della montagna e conosco l’Abruzzo e il sito archeologico di Alba Fucens. Sono molto fiero di poter partecipare con la mia band a un evento di musica in una venue così speciale! È molto suggestivo pensare di suonare “The Wall” dentro un anfiteatro romano, il parallelismo con Pompei è inevitabile. Però per le RanestRane non è “una prima volta”: ci siamo esibiti nel luglio del 2009 nel Castello dei Borgia di Nepi, abbiamo suonato tra le rovine e devo confessare che l’atmosfera era densa di emozione. Cercheremo di ricreare le stesse sensazioni anche ad Alba Fucens.
Daniele: Oltre a questi luoghi cosi belli e importanti in Italia, abbiamo avuto l’onore di suonare nell’anfiteatro di Loreley in Germania durante il festival “The Night of the Prog” nel 2019. Siamo stati la prima band, in assoluto, che ha presentato il proprio repertorio in italiano in quella cornice: un’emozione indescrivibile sia per la venue magica, sia per le 6.000 persone presenti.
Maurizio: Abbiamo suonato anche in bellissimi teatri di importanza storica nazionale non indifferente, importanti centri culturali in Germania, in Olanda e in Danimarca, splendide venue in Giappone e in Inghilterra, ma siamo certi che l’emozione di suonare nell’anfiteatro di Alba Fucens sarà altissima, per noi e per il pubblico.
Da dove nasce il vostro nome “RanestRane”?
Daniele: Il nome della band trae spunto da uno dei “racconti del grottesco” di Edgar Allan Poe “Hop Frog”, in cui un giullare nano e deforme si vendica tremendamente dei soprusi e delle umiliazioni subite dai ricchi nobili. Amavamo sia il titolo che il messaggio del racconto e così nacque il primissimo nucleo della band con il nome “Bop Frog”. Negli anni ’90, questa band però era indirizzata verso tentativi musicali jazz e fusion: da qui la trasformazione di “Hop” in “Bop”, per indicare un determinato stile di Jazz ovvero il “Be Bop”. Per motivi lavorativi, la band si trasformò in una cover band e mantenemmo il nome originario “Bop Frog”. Non potevamo usare lo stesso nome per un progetto di musica originale che stava partendo in quel periodo, ma allo stesso tempo volevamo mantenere l’idea della Rana e il concetto della “rivalsa dei diversi”, legata al mondo dell’arte come richiamo al racconto di Poe. Così, abbiamo inserito il suffisso “ST” per indicare “STrumentale” e “STranezza” (diversità) ed è nato il nome RanestRane.
Cosa vedete nel vostro futuro?
Riccardo: In futuro cercheremo di consolidare l’attenzione attorno a noi, cercando di proporre la nostra musica in nuove forme con nuovi progetti. Abbiamo sempre cercato di mantenere una certa coerenza in quello che facciamo e abbiamo notato che la coerenza ci ha donato una crescita costante. Ora stiamo scrivendo il nostro nuovo album e crediamo ci porterà a fare un nuovo passo in avanti. Stiamo lavorando a un nuovo sound per ripresentarci al nostro pubblico con della nuova musica, che suoni veramente fresca e interessante. Non vogliamo ripeterci e sperimentiamo a 360 gradi per riuscirci.
Volete salutare il vostro pubblico in attesa del concerto di Alba Fucens?
Naturalmente questo concerto sarà molto importante ed emozionante per le RanestRane. Per noi rappresenta il ritorno ai “Live”, al contatto con il pubblico, all’adrenalina del concerto. Significa riassaporare le energie del palcoscenico dopo 7 mesi! E quale migliore ripartenza, se non in un sito archeologico cosi bello ed importante? La migliore cornice per poter incontrare nuovamente le persone che ci seguono, che ci vogliono bene, ma anche chi ci verrà a vedere per la prima volta. Gli ingredienti per uno show indimenticabile ci sono tutti e a tutti promettiamo uno spettacolo imperdibile. Vi aspettiamo il 9 agosto ad Alba Fucens!
ph. Catia De Cicco