La crisi dei cinema italiani tra obbligo di mascherina e aumento dei costi energetici. L’intervista (video)
I cinema italiani sono chiamati alla resistenza, per l’ennesima volta negli ultimi due anni. La crisi che investe il settore, scoppiata parallelamente all’inizio della pandemia in Italia, è ancora lontana dall’essere risolta e il futuro, come del resto anche il presente, è ricco d’incognite.
C’è il stato il momento delle chiusure e quello delle riaperture parziali con il distanziamento in sala, quello in cui i bar hanno abbassato le saracinesche perché i rischi legati al contagio erano troppo alti e, in ultimo, il doppio colpo inflitto dall’obbligo di mascherina in sala fino al 15 giugno e dall’aumento vertiginoso dei costi energetici. Senza tralasciare l’impatto dello streaming su questa industria.
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Un quadro che, sommato al fatto che si va incontro alla stagione estiva, di certo non quella più performante per le sale tricolori, getta più ombre che luci su un settore che sta vivendo un periodo drammatico che sembra non finire più. E allora si è chiamati ancora una volta alla Resistenza, questa volta con la maiuscola, tipicamente usata per descrivere pagine di storia legate a una lotta per la sopravvivenza.
Perché di questo si tratta, cioè di sopravvivere. Senza troppi giri di parole. Basta leggere l’appello di Mario Lorini dell’Anec all’Ansa, “mancano all’appello 500 schermi su i circa 3.600 che abbiamo riferiti a 1.300 strutture. Andiamo verso un -20% e se non si prendono provvedimenti presto il settore è a rischio”.
Ne abbiamo parlato con Fabio Neri, direttore del Multiplex Astra di Avezzano.
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