“Crazy, la follia nell’arte contemporanea”: al Chiostro del Bramante debutta la nuova mostra
“Crazy la follia nell’arte contemporanea” a cura di Danilo Eccher. A Roma un grande progetto creativo ed espositivo con 21 artisti internazionali, oltre 11 installazioni site-specific pensate e realizzate appositamente per Crazy. Per la prima volta le opere d’arte invadono non solo gli spazi interni ma anche gli spazi esterni del Chiostro del Bramante di Roma, perché la follia non può avere limiti. Le opere resteranno esposte fino all’8 gennaio 2023.
La percezione del mondo è il primo segnale di instabilità, il primo contatto fra realtà e cervello, fra verità fisica e creatività poetica, fra leggi ottiche e sistemi neurologici, sono parte di questa follia: Carlos Amorales, Hrafnhildur Arnardóttir / Shoplifter, Massimo Bartolini, Gianni Colombo, Petah Coyne, Ian Davenport, Janet Echelman, Fallen Fruit / David Allen Burnse Austin Young, Lucio Fontana, Anne Hardy, Thomas Hirschhorn, Alfredo Jaar, AlfredoPirri, Gianni Politi, Tobias Rehberger, Anri Sala, Yinka Shonibare CBE, Sissi, MaxStreicher, Pascale Marthine Tayou Sun Yuan & Peng Yu.
La pazzia, come l’arte, rifiuta gli schemi stabiliti, fugge da ogni rigido inquadramento, si ribella alle costrizioni, così anche Crazy, il progetto organizzato e prodotto da Dart-Chiostro del Bramante a cura di Danilo Eccher.
Il nuovo percorso narrativo è stato costruito, passo dopo passo, grazie alla stretta e straordinaria collaborazione con gli artisti protagonisti e, anche attraverso i tempi dilatati della pandemia, ha potuto crescere aspirando a una nuova definizione di esperienza espositiva. Nella più ampia accezione di “follia”, non di rado sinonimo di “creatività fantastica”, l’arte si è sempre ritrovata a proprio agio, ma è soprattutto con i primi studi psicanalitici e neurologici d’inizio secolo scorso che il rapporto fra disturbi psichici e arte si è fatto più intenso e consapevole.
Nel corso del tempo, il confine netto fra il dato medico e l’orizzonte poetico si è via via attenuato, svaporato, liberando piani di confronto e contaminazione, la folle creatività ha cominciato a occupare la scena mostrando le sue innumerevoli maschere.
Il Chiostro del Bramante è, da tanti anni, una fucina dove non solo nascono idee ma dove quelle idee prendono forma grazie a uno straordinario lavoro di squadra con artisti, curatori e team DART che si impegna perché i desideri diventino realtà. Un laboratorio dove si sperimenta, una casa di produzione dove le opere vengono progettate e realizzate, uno spazio dove si immagina, sempre pensando al pubblico.
“Con Crazy crediamo di aver raggiunto un nuovo, altissimo, risultato perché tutto il Chiostro, gli interni e gli esterni, tutti i nostri servizi, tutti noi siamo coinvolti in questa felicissima pazzia e in questa felicissima pazzia aspettiamo il pubblico”, afferma Natalia de Marco, direzione Dart-Chiostro del Bramante.
In mostra, nulla è ordinario o prevedibile a favore di un’esplosione creativa capace di espandersi, come le colate di pigmento di Ian Davenport sulla scalinata esterna tra piano terra e primo piano, e di modificare la percezione spaziale, come gli ambienti di Lucio Fontana(1968) e di Gianni Colombo(1970). Una violenta onda d’urto che invade ogni stanza accessibile, dal bookshop del Chiostro con il lavoro di Max Streicher, alle scale interne affollate dalle 15000 farfalle nere di Carlos Amorales, sino all’immersione totalizzante di Fallen Fruit/ David Allen Burns e Austin Young nella Sala delle Sibille, come omaggio all’iconografia e alla grande tradizione della pittura italiana.
Uno spazio normalmente dedicato al relax del pubblico, con vista sull’affresco di Raffaello nella Chiesa di Santa Maria della Pace, diventa un’immersione nell’arte e insieme un’esperienza. Un’energia straripante che modifica il punto di vista e impone di guardare in ogni direzione: Thomas Hirschhorn sfonda un soffitto; Janet Echelman fa sbocciare grandi fiori sopra la testa dei visitatori; Alfredo Pirriri veste il pavimento del chiostro con un manto di specchi rotti e calpestabili restituendo al pubblico un modo inedito di vedere l’architettura di Bramante così come il cielo di Roma.
I candelabri sospesi in cera di Petah Coyne parlano di precarietà e fragilità. L’imprevedibilità e il fervore ideativo garantiscono forti salti espressivi fra le opere, dai neon di Alfredo Jaaral video che indaga la costruzione identitaria tra riferimenti culturali e citazioni letterarie di Yinka Shonibare CBE, fino all’installazione realizzata con materia filiforme e colorata da Hrafnhildur Arnardóttir /Shoplifter.
Metamorfosi, ispirazione, straniamento, perturbazione, sorpresa, euforia e meraviglia sono solo alcune delle parole chiave di questa mostra.