Rinunciare ai concerti ci salverà dal covid?
Il covid torna a far paura. O meglio, i contagi sono in aumento e l’ansia sale. E subito virologi da copertina chiedono ovunque limitazioni a destra e manca.
Il bersaglio grosso ora sembra il concerto dei Måneskin al Circo Massimo di sabato 9 luglio. Intervistato da “La Repubblica”, Antonello Maruotti, statistico dell’università Lumsa di Roma spiega che “Un maxi-assembramento al Circo Massimo è follia. Non è una buona idea fare questo concerto adesso. Così non si fa altre che posticipare il picco”.
Già da alcune settimane infatti medici di tutta Italia stanno prevedendo in questo periodo il picco di contagi da Omicron5.
L’evento che dovrebbe ospitare circa 70mila spettatori è finito nel mirino di chi non vede altra soluzione che limitazioni ogni qualvolta c’è un rischio di aumento contagi.
Il mondo dello spettacolo, tra i più vessati in quasi due anni di lockdown alternato, è ora nuovamente al centro delle polemiche, sbattuto in prima pagina come se fosse l’origine di tutti i mali. Specialmente del covid.
“Non possiamo certo impedire ai ragazzi di andare al concerto, dopo 2 anni di pandemia che li ha costretti a lockdown e sacrifici, ma il nostro consiglio è di indossare la mascherina Ffp2”, sottolinea Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma e provincia- “Spero che i ragazzi seguano questa raccomandazione e pensino anche ai rischi che possono far correre ai genitori e ai nonni una volta che tornano a casa dopo il concerto”.
Come dire, non viene detto apertamente di non andare ma si passa a ricatti morali che in questi due anni hanno spesso colpito le categorie dei più giovani. Aumentare la responsabilità. Ma con il senso di colpa. Magi tra l’altro non considera le possibili conseguenze di indossare mascherine con 40 gradi e in mezzo alla folla. Il rischio di svenimenti e quant’altro sarebbe altrettanto alto.
“Non facciamo discorsi retorici e ipocriti invocando l’uso della mascherina al concerto – ha affermato Marcello Pili, medico di famiglia di Ostia-. Chi pensa che 70mila persone, con 40 gradi, terranno la mascherina in un concerto dove si canta e si balla, mente sapendo di farlo. Lo stesso vale per i beach tour di Jovanotti. Basta con la retorica del “che bello stare insieme”. Bello un cavolo, se crea un mega cluster”.
Affermazioni forti che di certo non stemperano gli animi. E soprattutto una presa di posizione decisa contro la socialità.
Claudio Trotta, fondatore e fortavoce di Slow Music presso Unisca (Coordinamento della Filiera del Settore Creativo, dello Spettacolo e delle Arti Performative), tramite il suo profilo Facebook ha usato parole forti accusando implicitamente media, politici e medici di creare situazioni di terrore.
“Vorrei dire e scrivere forte e chiaro una cosa. Non osate provare a fermare di nuovo il mondo dello stare insieme alimentando odio e paura indicando “gli assembramenti” dei concerti come il diavolo in carne d’ossa. I danni che avete fatto con le vostre decisioni e le vostre rappresentazioni e con la diffusione di falsità risultano di natura irreversibile per la vita personale e professionale di migliaia di persone, aziende, associazioni, famiglie e stanno influenzando la crescita delle nuove generazioni. Non si può smettere di vivere per paura di morire”.
Trotta è da sempre in prima linea al fianco di tutti i lavoratori del mondo dello spettacolo e in questi due anni si è sempre distinto per le sue prese di posizioni a favore di questo settore.
Proprio questa ultima frase è il punto centrale della discussione. Se da una parte i milioni di morti, e gli altrettanti contagiati che ogni giorno ci sono, fanno ancora rabbrividire, dall’altra c’è il futuro, non solo lavorativo, di altrettante milioni di persone che dal 2020 continuano a vivere una situazione di precarietà e instabilità. L’aver paura che da un giorno all’altro ci si ritrovi nuovamente sotto lockdown non garantisce serenità né tantomeno una propensione agli investimenti in un settore, quello dello spettacolo, che sta ancora facendo fatica a ritornare ai vecchi ritmi.
Tutto questo caos mediatico ora ruota intorno ai Måneskin, anche se degli altri concerti se ne parla poco e niente. La domanda che ci si pone è perché a dicembre, con il numero di contagi anche più alto di ora, molti di questi camici bianchi non abbiano parlato. Il nome della band romana ha ovviamente una cassa di risonanza maggiore rispetto ad altri eventi. Ma se il problema e il pericolo sono reali, perchè concentrarsi specificatamente su questo appuntamento?
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