Corsa contro il tempo per salvare l’equipaggio del sommergibile Titan
C’è ossigeno per un tempo limitato. “Erano 4 giorni da domenica scorsa, e sono stati rilevati alcuni rumori. Ci sono mezzi di soccorso in zona ed è bene che la ricerca vada avanti sfruttando le ore che rimangono”. Ha ancora speranze il Contrammiraglio Vito Lacerenza, capo reparto sommergibili della Marina militare, sentito dall’agenzia Dire sulla situazione del sottomarino Titan che sta tenendo tutti con il fiato sospeso: il mezzo è disperso nell’oceano Atlantico e forse si è incagliato nel relitto del Titanic.
La speranza è legata alla possibilità di respirare: l’ossigeno. Ma le cinque persone chiuse negli abissi non sono militari addestrati e formati e anche questo può incidere sulla sopravvivenza e sulla gestione della paura.
“La formazione- insiste il Capo Sommergibili della Marina militare, che ricorda l’apposita scuola della Forza Armata che si trova a Taranto- è fondamentale per noi e c’è un iter per diventare sommergibilisti: come prevenire l’emergenza, cosa fare per superarla autonomamente, come chiamare i mezzi di soccorso o se necessario abbandonare il sommergibile con mini sottomarini”.
Dopo la formazione, l’altro tema da considerare è quello dei mezzi. Il Titan è un sottomarino piccolo, un sottomarino militare ha chiaramente altre dimensioni, di decine di metri di lunghezza, quindi può trasportare più scorte di ossigeno e restare per operazioni inabissato “anche per qualche settimana. Il Titan- continua- può fare esplorazioni di poche ore con riserva di qualche giorno”, come sappiamo dallo spietato count down in corso sulla sorte dei cinque innamorati del Titanic, ora intrappolati.
Nemmeno il mezzo della NATO riesce ad arrivare a quei 3.800 metri di profondità e la spiegazione è proprio nelle dimensioni: “Il Titan è un minisottomarino e quindi può raggiungere queste quote e resistere a pressioni maggiori. A quelle quote vanno di solito droni guidati a distanza (ROV) o mezzi molto piccoli autoguidati (UAV), per scopi scientifici ad esempio”, ha spiegato il Contrammiraglio.
“Le Marine che fanno parte della NATO hanno mezzi di soccorso per sommergibili, ma per quelli militari che arrivano a centinaia di metri. Inoltre i sottomarini militari sono realizzati con predisposizioni per ricevere soccorso, con mezzi di connessione, comunicazioni. Il mezzo commerciale- ha aggiunto- può avere altri criteri. Per noi la sicurezza è la prima cosa. Nel Titan oltre alla localizzazione sul fondale il problema è anche quello del recupero”. Qualora fosse localizzato si dovrà capire come intervenire: “Dipende dal problema tecnico- ha spiegato Lacerenza- se è incagliato o se è possibile agganciarlo con cavi”.
A chi vede in questa storia una sorta di ‘punizione’ per essersi lanciati in una sfida estrema, il Capo dei Sommergibili della Marina militare italiana risponde con lo spirito di chi ama e conosce il mare: “Questa storia ci fa riflettere su quanto sia sfidante l’ambiente sottomarino.
Le esplorazioni e la voglia di conoscere hanno caratterizzato sempre l’uomo anche oltre i propri limiti, il progresso e l’innovazione sono nati così. È importante però mettere in atto tutte le misure perché si possano fare in una cornice di sicurezza. Oggi le profondità marine richiamano attenzione anche per scopi commerciali e scientifici o turistici – come dimostra il caso Titan – ed è necessario prevedere norme di coordinamento delle attività che facciano capo a un’autorità nazionale che controlli il traffico subacqueo di tipo civile, come è organizzato per l’aria”.
Oggi, per mettere un po’ di ordine nelle cronache di questi giorni, possiamo chiamarli tutti sottomarini: “Fino al secondo conflitto mondiale i sommergibili si immergevano per qualche attacco o di giorno, avevano una forma simil nave con un cannoncino. Oggi in campo militare e commerciale sono fatti per andare sott’acqua. Il Titan è un mini sottomarino per scopi commerciali e ricreativo-turistici”, ma resta cruciale garantire che mezzi che si espongono a queste sfide abbiano attrezzature e un sistema di comunicazione per mettere in salvo l’equipaggio, e in questo caso i turisti miliardari finiti nel relitto tanto amato che hanno pagato caro, in tutti i sensi. Mancano pochissime ore.