Concerto punk a 18 dollari per i vaccinati, a 1000 per tutti gli altri. La polemica: è discriminazione
Per assistere al concerto dei Teenage BottleRocket, MakeWar e Rutterkin, punk rock band statunitensi, i prezzi varieranno dai 18 euro ai 999,99 dollari. Scordatevi parterre esclusivi, memorabili a tiratura limitata o incontri con gli artisti, a determinare la differenza di prezzo sarà esclusivamente l’aver ricevuto o meno la dose del vaccino anti Covid-19. Per coloro cui sarà stata somministrata la prima inoculazione, il prezzo sarà di 18 dollari, per tutti gli altri, invece, di 999,99 dollari. Due pesi e due misure, quindi. Un discrimen plateale, volutamene esagerato ma non provocatorio, giustificato da esigenze commerciali – prima ancora che sanitarie – che Paul Williams, promoter del concerto che si terrà il prossimo 26 giugno a San Pietroburgo in Florida, nonché ideatore dell’iniziativa, ha così spiegato:
“Noi non vi diciamo che cosa dovete fare, abbiamo preso una decisione commerciale e lasciamo decidere al mercato. Se qualcuno viene senza essere vaccinato, impaurisce un grande numero di clienti e dunque dovrà pagare la differenza. Ma volevamo anche che fosse un incentivo per chi esita a farsi vaccinare”.
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La vaccinazione è dunque un business. Sai che novità. Il fatto, poi, che Williams abbia anche avuto il coraggio di definirlo come un incentivo per promuovere la campagna di vaccinazione lascia francamente sbigottiti. D’altronde, chi non pagherebbe mille dollari per vedere i propri artisti preferiti? E perché, al tempo stesso, non ricevere il vaccino alla stessa cifra quando si potrebbe ricorrere al Welfare statale o, addirittura, privato a una cifra più ridotta? Forti dubbi si nutrono sulla liceità dell’azione. Da un punto di vista etico e morale i margini di contestazione sono di per sé notevoli, ma non strettamente limitanti. Sotto il profilo commerciale e giuridico, invece, è querelle è aperta e l’opinione pubblica ha già espresso il proprio dissenso nei confronti di un’operazione fortemente discriminatoria e preclusiva verso i più.
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In molti, inoltre, hanno avanzato l’ipotesi di un procedimento fraudolento o, peggio ancora, illegale, domandando – e domandandosi – se fosse possibile acquistare un vaccino a un determinato prezzo e rivenderlo con un rincaro stellare. L’antitrust ha agito per molto meno, ecco. Insomma, i dubbi nei confronti di un’azione così perentoria e tassativa sono numerosi e nei prossimi giorni verranno probabilmente chiariti.
Quanto teorizzato al momento e, verosimilmente, applicato il prossimo 26 giugno, rappresenta un precedente con cui fare i conti. Può, quest’ipotesi, considerarsi come un incentivo alla campagna di vaccinazione? Si tratta davvero di un’operazione discriminatoria? I meno abbienti che non avranno la possibilità di pagare il prezzo più alto del biglietto e che, per svariate ragioni, non hanno ancora ricevuto la prima dose – o entrambe – di vaccino, sono destinati a essere messi ai margini della musica dal vivo?
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E’ davvero questo il futuro della musica dal vivo? La stessa che ha tentato in tutti i modi di ripartire anche durante i mesi più bui, mettendo avanti test rapidi, scanner della temperatura corporea, distanziamento tra partecipanti e divieti di assembramento? Comunque la si veda, la giustificazione a margine dell’azione è chiara: esigenze commerciali, di mercato. La salute pubblica non se ne vorrà, ma dovrà fare un passo indietro.