Com’è noir la Namibia: non può dimenticare il genocidio
L’assassinio di un proprietario terriero di origine tedesca richiama le memorie di un trauma che in Namibia non è mai stato elaborato: l’uccisione a inizio Novecento, da parte delle truppe coloniali del Secondo Reich, di decine di migliaia di persone appartenenti alle comunità herero e nama. Il nuovo delitto è finzione cinematografica. È il punto di partenza di ‘Under the Hanging Tree’, opera del regista namibiano Perivi Katjavivi presentata quest’anno all’International Film Festival di Rotterdam. “La prospettiva delle vittime”, spiega all’agenzia Dire l’autore, 39 anni, origini herero, “è stata spesso ignorata per far posto al punto di vista europeo, ad altre questioni di attualità oppure a letture del governo di Windhoek che non tengono in conto le comunità che furono davvero colpite”.
A inizio Novecento la Namibia era parte del Reich e si chiamava Africa tedesca del sud-ovest. Le violenze si intensificarono dopo una rivolta contro l’oppressione coloniale guidata da un capo herero, Hendrik Witbooi. All’uccisione di oltre cento tedeschi, tra i quali pare non figurassero né donne, né bambini, né missionari, seguì l’offensiva delle forze imperiali agli ordini del generale Lothar von Trotha. Un momento di svolta fu la battaglia di Waterberg, nell’agosto 1904. Poi ci furono le deportazioni e la morte per sete nel deserto di migliaia di prigionieri herero. Un destino che toccò, secondo dinamiche simili, anche ai nama, guidati dal guerrigliero nativo Jakob Morenga. Si calcola che nel complesso, considerando le vittime di entrambe le comunità, costrette in campi di concentramento o in aree circoscritte nel deserto del Namib senza acqua né mezzi di sostentamento, a perdere la vita furono almeno 75mila persone.
Del film ‘Under the Hanging Tree’ questi fatti costituiscono lo sfondo. Ne sono anzi premessa, dando l’atmosfera, sospesa e forse noir. Con la Dire ne parla Girley Charlene Jazama, 38 anni, origini herero, attrice protagonista. “Interpreto un ufficiale di polizia che si chiama Christina” racconta. “Lei è immersa nella contemporaneità, sta facendo carriera, ma indagando sul delitto è costretta a interrogarsi sulle proprie radici”. Secondo Jazama, “il film è una riflessione sulla generazione dei nati dopo l’indipendenza conquistata nel 1990, che non hanno mai fatto i conti con una storia oscura e dolorosa”.
La scoperta del cadavere del proprietario terriero, impiccato a un albero, ‘The Hanging Tree’ del titolo, proietta sulla protagonista le ombre del passato: quasi scoprisse o fosse costretta a ricordare, anche per il confronto e lo scontro con una zia custode delle tradizioni herero, le vittime di quello che è stato definito come il “primo genocidio” del XX secolo.
Ciò che accadde e come fu possibile che accadesse lo racconta oggi anche un altro film. Si intitola ‘Der Vermessene Mensch’, reso in inglese come ‘Measures of men’, le “misure degli uomini”. A firmare l’opera, presentata alla Berlinale, è il regista tedesco Lars Kraume.
(Foto credits Under the Hanging Tree e Der Vermessene Mensch, dei registi Perivi Katjavivi e Lars Kraume)