Colosseo-Airbnb, la storia non è una macchietta
Continua a far discutere l‘accordo tra Airbnb e il Parco archeologico del Colosseo, secondo il quale i turisti che si affideranno al portale online statunitense potranno vivere l’esperienza di essere “gladiatori per un giorno”.
L’accordo
Il 13 novembre l’azienda americana degli affitti aveva messo a disposizione 1,5 milioni di dollari per contribuire alla realizzazione del progetto “Il Colosseo si racconta”. Soldi destinati a “rinnovare il percorso museografico diffuso e dei temi espositivi permanenti all’interno dell’Anfiteatro”. Il tutto atto a dare anche una possibilità a un ristretto numero di turisti di cimentarsi in una rievocazione dei combattimenti, filologicamente ricostruiti in tutti i dettagli. Un’esperienza figlia anche dell’accordo sottoscritto dal Parco archeologico del Colosseo con gli esperti rievocatori delle associazioni Ars Dimicandi e Gruppo Storico Romano.
Diversi punti di vista
L’iniziativa ha ovviamente provocato diverse reazioni. Da una parte associazioni come Carteinregola, Progetto Celio, la rete delle associazioni per una città vivibile (Racv) si sono espresse negativamente in quanto “Questo modo di attrarre turisti offende la dignità del più importante monumento di Roma e dell’intera Città, mercificando il suo simbolo più identitario. Con l’aggravante che Airbnb è uno dei soggetti più impegnati nella deleteria estensione degli affitti brevi, causa della desertificazione di interi quartieri divorati dall’iperturismo e della drastica riduzione di alloggi in affitto”.
Dall’altro, invece, il Gruppo Storico Romano ha difeso il progetto poiché, per loro, “si fonda su solide basi storiche, scientifiche e filologiche, frutto di un rigoroso lavoro di ricerca condotto da storici, archeologi, studiosi e ricercatori”. Stando a quanto affermano in una nota l’idea di fondo “non è meramente spettacolare o commerciale” poiché la finalità principale “è proporre al pubblico una rappresentazione che non solo intrattenga, ma che anche educhi e informi”.
Settimana decisiva
Martedi 26 novembre l’assessore alla Cultura di Roma Capitale Massimiliano Smeriglio incontrerà una delegazione aziendale di AirBnb, per ribadire la volontà delle istituzioni capitoline, dopo il summit con quelle nazionali, di trovare un punto di incontro che non trasformi il Colosseo in un luna park a disposizione di pochi eletti (e ricchi).
Se da una parte, infatti, i fondi di Airbnb messi sul tavolo sarebbero ben accetti per il restyling dei Fori voluto fortemente sia dal Ministero che dal Comune, dall’altro c’è tutta l’intenzione di non lasciar entrare il gusto americano per qualcosa che si può trasformare più in una pagliacciata che in una rappresentazione storica.
Il rischio, in tal senso, è alto. L‘Anfiteatro Flavio rappresenta un patrimonio culturale che identifica Roma e l’Italia in tutto il mondo da quasi duemila anni. Nei secoli è stato depredato, sfruttato, sporcato. Ma è rimasto comunque al suo posto.
Per i romani è un pezzo di loro, tanto da non farci neanche troppo caso quando passano di lì imbottigliati nel traffico. Ma rimane comunque un punto saldo, qualcosa che sanno esserci e sanno loro. Non in quanto proprietà esclusiva. Un qualcosa che rimane un punto di riferimento. Che in molti hanno provato a snaturare ma che va difeso a spada tratta. Anche contro le spade dei novelli gladiatori che Airbnb vorrebbe inserirvi all’interno.
In previsione del Giubileo, Roma non sembra abbia bisogno di un ulteriore tipo di pubblicità macchiettistica che vada a infoltire le schiere dell’overtourism (tema che oggi va molto di moda). Semmai ha più bisogno di una presa di coscienza di se stessa e della propria storia. Di diffondere la cultura, le radici (quale è il Colosseo) dell’Urbe, ma allo stesso tempo difenderla da pagliacciate.
Ci ha già pensato Ridley Scott, e molti altri prima di lui, a dipingere l’anfiteatro per quello che non è. Non fu mai un tempio (per gli errori storici de “Il Gladiatore II” clicca QUI) né tantomeno vi fu mai ucciso un Imperatore da un gladiatore.
I combattimenti che avvenivano al suo interno erano molto di più che un semplice spettacolo, né servivano come risoluzione di problemi personali. Andavano oltre il semplice gusto per il sangue delle folle.
I ludi romani, che si svolgevano in gran parte al Circo Massimo, erano feste di stampo religioso. Erano un qualcosa di fondamentale nella vita quotidiana dell’uomo romano antico. Non erano solo un passatempo. Erano celebrazione delle divinità, dell’Imperatore, dei generali trionfatori. Erano la celebrazione dell’Idea di Roma. Questi spettacoli, parte integrante di eventi più complessi, erano qualcosa di insito nella cultura dei romani. Un amore per la res pubblica prima e l’Impero dopo che li aveva forgiati nell’animo in secoli di storia basata sia sulla vita militare che in quella religiosa e culturale.
Non erano dunque carnevalate, macchiette di ciò che stava alla base della città: l’orgoglio di appartenere a qualcosa di più di una semplice città. Roma era la vita. Quanto di più grande potesse esserci. E difendere l’idea della città era fondamentale per i suoi cittadini. Sia militarmente che con i propri usi. Tradire l’Urbe con il proprio comportamento era quanto di peggiore potesse fare un cittadino Romano.
D’altronde come scrisse Quinto Orazio Flacco nel Carmen Saeculare:
«O Sole fonte di vita, che con il carro splendente mostri e nascondi il giorno, e che sempre vecchio e nuovo risorgi, che tu non possa mai vedere nulla di più grande della città di Roma.»
Roma per i romani era una cosa seria. Da difendere dai portatori sani di stupidaggini. Una questione di sangue contro oro. Se crolla il Colosseo crolla Roma. E se crolla Roma crolla il mondo. Lo disse Beda il Venerabile. Che sia da monito.