Coleridge, tra Romanticismo ed heavy metal
L’intento di ogni buon insegnante è, o almeno dovrebbe essere, quello di interessare. Di far appassionare gli studenti alla propria materia. Cercare la chiave di volta per catturare la loro attenzione. In molti casi è proprio una keyword che può cambiare il destino di una lezione.
La differenza tra una o due ore di sbadigli, di “scusi prof posso andare in bagno?”, di sguardi vacui che fissano il nulla, con le ore passate a bersi ogni parola detta dal professore sta proprio nell’individuazione di quella parola che fa scattare la molla nei discenti.
Quante volte le lezioni di inglese si sono rivelate massi insormontabili di noia. Inutile nascondersi dietro un dito. A 17 anni è molto più interessante cercare di rimorchiare, scrivere sul banco o scrollare la bacheca di Instagram nascosti dietro la folta chioma della ragazza davanti. Ma se un qualsiasi insegnante di inglese dicesse magicamente le parole “Iron Maiden”, di colpo la situazione cambierebbe.
Tutti probabilmente volterebbero lo sguardo svegliando il cervello. Chiedendosi perché mai, dopo ore passate ad ascoltare l’età pre-romantica, tra letture di Gray e Blake, di colpo spunti fuori uno dei gruppi simboli della musica metal.
Certo qualcuno potrebbe obiettare che i Doors e gli U2 si sono ispirati a William Blake. I primi proprio nel nome riprendendo la citazione del poeta “If the doors of perception were cleansed everything would appear to man as it is, infinite“. Il gruppo irlandese invece l’ha omaggiato con 2 album: “Song of Innocence” e “Song of Experience” che richiamano la raccolta poetica blakeiana “Songs of Innocence and of Experience: Shewing the Two Contrary States of the Human Soul“.
Ma non sono molti i docenti che sottolineano questi legami. Ben più noto è il caso di Samuel Taylor Coleridge con gli Iron Maiden. “The Rime of the Ancient Mariner” (La ballata del vecchio marinaio) fu uno dei manifesti del Romanticismo. Le vicende del marinaio resosi colpevole dell’uccisione di un albatro furono messi in versi in più volte e pubblicate nel 1798.
La ballata è un continuo susseguirsi di simboli. Perché solo cosi le idee potevano essere espresse per il poeta inglese. Un mix di vita e morte. Dalla ciurma ormai destinata a morire che grazie all’albatro riesce a sopravvivere. Ma l’istinto ha la meglio. E il salvatore viene ucciso proprio da un vecchio marinaio. Il destino giocherà con costui. E lo farà a dadi. Vedrà morire tutti i suoi compagni rimanendo solo. Raccontando in ogni dove la sua storia.
Coleridge, lettore della Bibbia, inserisce numerosi riferimenti. L’amore tra uomo e natura rappresentato dall’albatro. Un patto rotto dall’uomo. L’umanità rappresentata nel suo percorso esistenziale, fatto di errori, sacrifici, sofferenze. Senza dubbio fu uno dei pilastri del Romanticismo inglese. E anche in questa opera si ritrovano le sue visioni, il suo gusto per il sovrannaturale. Si allontana dai cliché dei poemi sui marinai, lasciando ben rintracciabili gli influssi di Fichte, Schiller, Kant.
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Se da una parte Wordsworth, con cui scrive a 4 mani “Ballate liriche“, si sofferma su paesaggi umili tipici dell’impressionismo, Coleridge si dedica all’ambiguo, al succitato sovvranaturale.
La poetica, le idee del poeta inglese sarebbero ancora molte. Ma queste in particolare hanno ispirato gli Iron Maiden che nel 1984 inserirono nell’album “Powerslave” una traccia dedicata proprio alla ballata.
L’uccisione dell’animale sacro la ritroviamo in “Rime of the Ancient Mariner“. Un brano di oltre 13 minuti in cui la band ha inserito tutti i contrasti dell’opera mantenendo l’identità originaria. Da una parte lo scrittore, dall’altra il cantante Bruce Dickinson. Entramni con quello che lo stesso autore di fine settecento definirebbe “strange power of speech”.
Coleridge nasceva il 21 ottobre del 1772. E in stile “L’attimo fuggente” si potrebbe studiarlo come il professor John Keating (Robin Williams) suggerì di approcciarsi a Shakespeare. Tutto sta nel trovare la chiave di volta e un punto di vista alternativo. D’altronde i Maiden gli hanno reso più che onore a modo loro.