Claudio Trotta (Barley Arts): dopo la pandemia auspico un rinascimento musicale. Ecco le mie proposte
Riflettendo sul drammatico momento storico che in questi giorni sta vivendo a livello imprenditoriale (anche) la cultura, abbiamo raccolto qualche impressione di un’autorità assoluta nell’ambito della musica e degli spettacoli, Claudio Trotta, fondatore della Barley Arts, che in oltre 40 anni di attività è riuscito a far esibire in Italia i nomi più importanti della scena rock (e non solo) mondiale, e di Slow Music movimento culturale a sostegno del mondo produttivo indipendente.
Cosa succederà nel tuo settore, una volta superata questa pandemia? Pensi che sarà possibile un rilancio immediato dell’attività concertistica e degli eventi dal vivo in genere?
Per il futuro prossimo, io immagino due ipotetici scenari opposti. 1) E’ possibile che gli operatori indipendenti della musica e dello spettacolo in generale avranno una vita ancora più faticosa di quella pre-emergenza con una polarizzazione e un consolidamento ancora più marcati delle società che hanno di fatto il controllo di quasi tutta la filiera della Musica popolare contemporanea; 2) All’opposto, alla luce dell’evidente fallimento del corrente sistema capitalistico che non sta proteggendo non solo il presente ma ancora di più il futuro della stragrande maggioranza della Umanità (oltre ad averla drasticamente impoverita economicamente e culturalmente, che sono poi diverse facce della stessa medaglia), ci potrebbero essere le condizioni per una rivoluzione culturale che, se condivisa da una sufficiente qualità e quantità di pubblico, di operatori della musica e di almeno alcuni componenti delle “istituzioni” sia politiche locali e nazionali, sia nel mondo delle associazioni di categoria e non, che delle varie organizzazioni no-profit, potrebbe creare nuove e migliori opportunità di lavoro e di vita. Se le persone smetteranno di vivere principalmente quali consumatori acritici recuperando le proprie effettive priorità affettive e armoniche e la propria identità, potremmo fare un salto di qualità notevole, dare il via ad un nuovo Rinascimento uscendo da certe secche, culturali e umane, nelle quali siamo precipitati e nelle quali siamo stati anche aiutati a precipitare da 10/20 corporation multinazionali, che da dopo la seconda guerra mondiale in poi hanno davvero fatto un grande male all’umanità appiattendo l’essenza della nostra vita ad una sorta di rappresentazione iconografica della stessa, nella quale contano solo il successo economico, la fama, l’esercizio del potere e l’aspetto fisico e impoverendo la maggioranza delle persone.
In che modo la politica potrà supportare gli operatori del tuo comparto imprenditoriale? Appare probabile che molti locali e teatri potrebbero essere costretti a chiudere dopo lo “tsunami” coronavirus.
La politica internazionale così come esercitata attualmente ha un ruolo meramente esecutivo degli interessi delle multinazionali e dei 16 o poco più supermiliardari della terra che comandano il mondo rendendolo sempre più inumano e invivibile. Fin quando la politica non tornerà ad essere res publica, una cosa davvero di tutti, al di là degli schieramenti e della propaganda, le misure che si vorranno prendere (sperando, beninteso, che verranno prese) saranno sempre insufficienti. Quello che auspico è un cambio di mentalità prima e insieme a degli interventi a sostegno dei piccoli e medi del settore (i grandi, seppur anch’essi con qualche difficoltà, potranno continuare a godere di crediti bancari sconfinati e comunque licenzieranno in massa senza toccare i mega-stipendi e relativi bonus dei loro dirigenti). Allo stato attuale delle cose, quel che è certo è che imprenditori e maestranze varie perderanno incassi dai tre ai sei mesi. Qualcosa andrà fatta, quindi, ma intanto credo che bisogni innanzitutto smetterla di fare appelli generici ed entrare nel merito delle questioni.
Durante questa quarantena, a livello di informazione musicale, si è rilevato un deciso incremento di attenzione nei confronti di piccole realtà on line che stanno producendo molti contenuti e dando voce a tante persone attraverso le piattaforme social. Pensi che tutto ciò possa consolidarsi anche successivamente?
Il presupposto di partenza è: la giusta comunicazione e la giusta informazione sono positività assolute, a prescindere da chi le faccia o da quali strumenti utilizzi. Da un punto di vista strettamente qualitativo, trovo ci siano cose che funzionano, a volte commuovono, di più e altre meno. Ma al di là dei giudizi di valore, il fatto che non si perda la voglia di andare avanti con la musica, con la cultura, è una gran cosa. Quando saremo ritornati ad un quotidiano possibile e saremo usciti da questa forzata gratuità di tanti sforzi comunicativi e organizzativi, spero ci sia modo per tante persone di poter vivere con la Musica e le arti varie, di poter vedere riconosciuto quello che hanno fatto e quello che hanno imparato a fare studiando, sudando ed essendo se stessi.
A proposito di cose nuove, ci parli un po’ dell’iniziativa social “SlowClub” nella quale sei da poco attivo insieme ad altri personaggi del mondo della cultura dello spettacolo (Stefano Bonagura, Massimo Poggini, Michaela Berlini, Gian Paolo Serino, Elena Di Cioccio, Massimo Cotto, Saturnino, Peter Cincotti, Corrado Gambi, Franco Mussida, Fabio Treves, Alberto Salerno e tanti altri)?
“SlowClub” nasce innanzitutto come un tentativo di non lasciarsi andare allo sconforto di questo periodo e di celebrare la forza lenitiva di ogni reale forma d’espressione artistica sull’animo umano. Più nel concreto, si tratta di un programma a cadenza periodica realizzato per i social (in particolare YouTube e Instagram), nel quale musicisti, scrittori, giornalisti, autori, attori, magistrati, avvocati e consiglieri comunali condividono canzoni o performance di altro tipo e consigli per la lettura, l’ascolto o la visione in rete di contenuti di varia natura e ricchezza e che vuole cercare di coinvolgere quanto più possibile anche la gente comune. La speranza è che, al di là del periodo in cui è nato, possa poi durare nel tempo, ovviamente servendosi di ulteriori mezzi che non siano come ora solo gli smartphone e i pc.
Durante questa emergenza, hai provato a mettere a disposizione il tuo know how di organizzatore di grandi eventi per partecipare alla messa in sicurezza delle persone e per gli allestimenti delle strutture provvisorie di sostegno (come sta avvenendo in America e in altri paesi del mondo). Sei stato contattato da qualche istituzione?
No, non sono stato contattato e mi dispiace perché penso che, in una situazione del genere, sia doveroso che ogni risorsa della società civile venga utilizzata per superare le difficoltà. Ho pensato che, se insieme al mio team siamo stati in grado di organizzare, che so, un evento come il concerto di Ligabue a Campovolo con più di 160.000 persone, allestendo in pochi giorni quanto necessario in un spazio che prima era completamente vuoto, forse il mondo produttivo dei grandi concerti avrebbe potuto mettersi a disposizione della comunità anche in questi giorni. Il discorso non era ovviamente circoscritto alla mia sola esperienza, anche perché tutti, secondo le proprie possibilità, possiamo dare un contributo importante. Mi viene in mente, per esempio, una Onlus che sto supportando, “Presenza Amica”, grazie alla quale tante persone affette da gravi patologie potranno usufruire di costanti consulti medici in video, davvero un sostegno indispensabile, visto che siamo tutti chiusi in casa e gli ospedali sono intasati. Se si è malati di qualsiasi altra patologia che non sia il Coronavirus o se si teme anche soltanto di averlo, non si ha alcuna possibilità reale di controllo e cura a casa da parte dei dottori, che sono impegnati negli ospedali perdendo anche la Vita per noi. Senza contare il fatto che, a quanto mi dicono fonti serie, la stragrande maggioranza dei generici (salvo encomiabili eccezioni) non stanno effettuando visite a domicilio e, in molti casi, non rispondono addirittura neanche al telefono. Ora più che mai dobbiamo fare tutti rete per cercare di aiutare chi ne ha bisogno.
Ed eccoci alla fatidica domanda che i tanti appassionati di musica si stanno ponendo in questi giorni: pensi che la stagione dei grandi concerti estivi salterà del tutto? E questa incertezza come verrà gestita in termini di riprogrammazione da voi organizzatori?
Mi piacerebbe poter dire che gli eventi di luglio possano essere salvati, ma ho molti dubbi in proposito. Si è già cominciato da tempo a immaginare come correre ai ripari per il futuro, però ci sono diversi problemi da tenere in considerazione: innanzitutto nel 2021 sono già molti i tour degli artisti che si sono accavallati nelle agende di programmazione. In secondo luogo, bisognerà valutare se ci saranno e quali saranno, nel caso, le restrizioni sulle modalità di viaggio a livello internazionale. Tertium, per il rock in particolare, si deve pensare che la maggior parte dei big della scena si avvicinano o superano i sessant’anni. Avranno ancora lo spirito di andare in giro per il mondo a suonare? E, last but not least, sarà fondamentale capire quale sarà l’atteggiamento delle persone quando si potrà tornare a una “vita di massa”. Cosa cambierà in termini di accesso ai locali? Quali saranno le nuove misure di sicurezza da adottare? In quest’ultimo senso, però, voglio anche ragionare in termini positivi: dovendo attuare delle norme rigide e serie sulla sicurezza sanitaria delle persone e partendo dall’assunto che ad ogni azione individuale corrispondano sempre delle conseguenze collettive, l’essere umano potrà tornare ad essere importante e non solo considerato un numero o, peggio ancora, un algoritmo. Non c’è ritmo nell’algoritmo! E questa sarà una conquista epocale.