Parole & Suoni, il Cirano di Guccini tra amore e la ribellione al perbenismo
Contenuto nell’album “D’amore di morte e di altre sciocchezze”, il diciassettesimo della produzione gucciniana, “Cirano” è uno dei brani più emblematici del cantautore modenese. Scritta anche da Giuseppe Dati la musica fu composta da Giancarlo Bigazzi.
Ispirata alla commedia teatrale “Cyrano de Bergerac” del poeta francese Edmond Rostand, la canzone è un tipico esempio di come Guccini spesso utilizzi la letteratura del passato per affrontare temi moderni.
“Venite pure avanti, voi con il naso corto
Signori imbellettati, io più non vi sopporto”.
L’incipit chiarisce subito l’intento dell’autore italiano. Una repulsione verso coloro che rappresentano la normalità, il conformismo, il perbenismo. Il protagonista, infatti, ha questo particolare del naso lungo che lo contraddistingue e lo limita. Soprattutto in amore. Verso quella Rossana a cui dedicò versi sublimi per sopperire alle lacune fisiche.
L’amore è infatti il tema che chiude la canzone di Guccini. Lei è la sua Beatrice di dantesca memoria. L’unica in grado di salvarlo dal diventare cattivo e come coloro contro cui lancia le sue invettive.
“Tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo”.
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Il Cirano messo in musica rispecchia il filosofo soldato ispiratore della commedia francese. Abile con la spada quanto con le parole. Nell’opera di Rostand leggendaria era la sua bravura in armi tanto da vincere duelli contro più sfidanti contemporaneamente. Questa sua dote, però, fu sfruttata anche dalla sua amata Rossana. Le chiese infatti di proteggere il giovane cadetto Cristiano de Neuvillette, di cui lei era innamorata.
Tra i due nacque un’amicizia sincera. Figure complementari. L’uno bello ma incapace con le parole. L’altro brutto, ma in grado di far innamorare chiunque dei suoi versi.
E proprio le parole sono l’arma che Guccini gli fa usare nel suo brano. Un continuo attacco contro politici, giornalisti, cantanti di parole vuote, preti, materialisti. Ognuno reo di avere soldi e gloria, ma nessuna scorza. Lui, seppur con il suo naso grosso, è nobile di animo.
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Cirano infatti morì senza confessare a Rossana il suo amore, la quale solo quando lo spadaccino era moribondo capì che le parole di Cristiano erano in realtà frutto del protagonista della commedia.
“Amo senza peccato, amo, ma sono triste
Perché Rossana è bella, siamo così diversi
A parlarle non riesco
Le parlerò coi versi”.
In questo modo Guccini sottolinea questo amore non corrisposto. L’amore nascosto che si esplicita attraverso l’altro. L’unico sentimento che riesce a scalfire il suo essere duro. Un animo quasi triste che si diletta nel beffeggiare questi furbi e prepotenti.
Ma se nell’opera di fine ‘800, ispirata al precursore della letteratura fantascientifica, la spada serviva per vincere duelli e difendere amate e amici, nel brano gucciniano continua a scrivere versi per colpire chi non sogna, chi è arrogante, chi guarda dall’alto in basso. E sebbene sia un testo di un album del 1996, la critica a determinate categorie è tuttora attuale.
D’altronde “e al fin della licenza io non perdono e tocco”.