Il mito di Anna Magnani: il suo addio al cinema nell’ultima apparizione
Cinquant’anni fa, il 26 settembre 1973, ci lasciava l’immensa Anna Magnani, “Lupa e vestale, aristocratica e stracciona, tetra e buffonesca” – come la definiva Fellini in Roma.
Anna Magnani è sinonimo di autenticità, del fascino di una donna tanto complessa quanto vera: una donna e un’attrice piena di sfaccettature. Folgorante nel suo essere priva di filtri, tutta cuore e istinto – come lei stessa ha più volte dichiarato, paragonandosi alla nobile e indomabile cavalla ricevuta in dono da Roberto Rossellini alla fine della loro storia d’amore.
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Nata a Roma il 7 marzo 1908, portava fieramente il cognome di sua madre – per evitare il probabile cognome del padre mai conosciuto per non essere la figlia di Del Duce – seppur anche lei la abbandonò da piccola per trasferirsi ad Alessandria d’Egitto.
Nannarella – come amava farsi chiamare – diventerà il volto simbolo del Neorealismo per la genuinità della sua recitazione ma attenzione, non è un’attrice presa dalla strada alla sua prima esperienza come in molti capolavori del genere: Anna Magnani è cresciuta a Roma, tra lezioni di pianoforte e lezioni in un collegio francese che frequentò fino al secondo liceo, prima di entrare nell’Accademia d’Arte Drammatica “Eleonora Duse“ – di cui si diverrà l’equivalente nella storia del cinema italiano.
Prima della Seconda Guerra Mondiale la Magnani era stata attrice di prosa e soubrette, come ricordano i suoi avanspettacoli con Totò ancora le sue prime apparizioni cinematografiche, su tutte Teresa Venerdì in cui ottiene il primo ruolo da comprimaria al fianco di Vittorio De Sica.
Ciò che porterà l’attrice alla ribalta sarà la sua recitazione apparentemente naturale ma figlia di studio, di moltissimo impegno, di una tecnica affinata negli anni.
Con il magistrale ruolo di Pina in Roma città aperta (Rossellini, 1945) Anna Magnani incarna l’interprete-simbolo del Neorealismo, divenendo essa stessa uno schermo sul quale proiettare la coscienza della ferita della guerra che riesce a guarire attraversando un’ulteriore sofferenza.
Nannarella ha saputo impersonare come nessun’altra lo spirito combattivo e spesso arcigno della donna comune, tratteggiando personaggi indimenticabili messi al servizio dei più importanti cineasti dell’epoca.
Dalla Pina che le vale il primo Nastro d’Argento e fa volare il suo nome in tutto il mondo, nasceranno diverse varianti di popolana eroica o comica, da L’onorevole Angelina (Zampa, 1947) a Molti sogni per le strade (Camerini, 1948), da Abbasso la ricchezza! (Righelli, 1946) al controverso ruolo in Bellissima (Visconti, 1951).
Anna Magnani è entrata nell’immaginario collettivo italiano attraverso la sua straordinaria capacità di incarnare lo strazio del dolore e la forza travolgente dell’amore, la follia dell’abbandono e la solitudine.
Basti pensare a scene iconiche come la sua disperata corsa dietro il camion e l’esecuzione in Roma città aperta oppure il suo convulso sussurrare la parola aiuto singhiozzando su una panchina, mentre abbraccia sua figlia e si guarda intorno smarrita in Bellissima. Il suo pianto dolorosamente silenzioso mentre fissa a occhi sgranati la nuova Roma in lontananza, nel finale di Mamma Roma (Pasolini, 1962). O ancora il lunghissimo e magistrale monologo al telefono ripreso da Rossellini nel primo dei due episodi di La voce umana – tratto da un dramma di Jean Cocteau su una donna che viene lasciata dal suo uomo al telefono.
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Nannarella conquistò anche Hollywood: nel 1955 recita in inglese nel film La rosa tatuata di Delbert Mann insieme a Burt Lancaster e nel marzo 1956 diventa la prima italiana a vincere un Oscar come Miglior attrice protagonista, oltre ad aggiudicarsi un Bafta e un Golden Globe.
Ma i festeggiamenti per l’incredibile successo si svolgono “alla Magnani”: non va a Hollywood ma rimane a casa sua a Roma, a palazzo Altieri, circondata dagli amici di sempre. Riceve la notizia della vittoria con una telefonata a notte fonda. Nannarella, in vestaglia e spettinata, pensa che sia uno scherzo e riattacca.
La foto in cui sventola un fazzoletto con su ricamata una rosa, rivolgendosi al pubblico e dando le spalle a tutti i flash dei fotografi è stata scelta come immagine ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2023, per celebrare il cinquantesimo anniversario dalla sua scomparsa.
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La Magnani è ormai una stella internazionale: in totale otterrà un Golden Globe, 2 David di Donatello, una seconda nomination agli Oscar ed una stella sulla celebre Hollywood Walk of Fame.
Yury Gagarin, astronauta russo che compì nel 1961 la prima rotazione della terra, annunciò al mondo: “Saluto la fraternità degli uomini, il mondo delle arti e Anna Magnani”.
Dal più alto gradino della sua scalata al successo, Nannarella non ha mai smesso di essere uno dei più autentici emblemi della romanità.
Proprio in quanto tale, risplende sullo schermo nella sua ultima per quanto brevissima apparizione sul grande schermo: la sua visione conclude Roma (Fellini, 1972).
Roma è un omaggio avvelenato e dolcissimo, vitale e funereo che Fellini fece alla sua città d’adozione. Una carrellata di scene iperrealistiche della Roma quotidiana, ma anche visioni deformate della capitale, quasi un’estremizzazione de La dolce vita. Prima del gran finale, ecco che spunta Anna Magnani, nella sua ultima scena, un anno prima della sua morte.
Il grande regista aveva “rincorso” l’attrice per anni, per averla in un suo film e riteneva che questo in particolare, su Roma, non fosse completo senza la sua presenza. La Magnani non era convinta ma alla fine cede al corteggiamento di Fellini.
L’ultima scena
Anna Magnani è inquadrata di sera mentre rientra da sola a casa sua, a Palazzo Altieri, a 50 metri da Piazza Venezia. La voce fuori campo è proprio di Fellini che annuncia:
F. F.: Questa signora che rientra a casa costeggiando il muro dell’antico palazzetto patrizio, è un’attrice romana. Anna Magnani. Che potrebbe essere anche un po’ il simbolo della città.
A. M.: Che so io?
F. F.: Una Roma vista come lupa e vestale, aristocratica e stracciona.
A. M.: De che?
F. F.: Tetra, buffonesca, potrei continuare fino a domattina…
A. M.: A’ Federì, va a dormì, va.
F. F.: Posso fare almeno un’ultima domanda?
A. M.: No, nun me fido. Bonanotte!
E con la forza e la delicatezza che la contraddistinguono, Nannarella chiude la porta. Così Anna Magnani chiude la sua carriera. Dicendo Bonanotte al suo amico inaffidabile. Dicendo Addio all’Italia.
Un’Italia consapevole di salutare per l’ultima volta la Diva dai capelli scomposti e gli occhi luminosissimi. La Nannarella nazionale capace di bucare lo schermo con uno sguardo serio o con un sorriso amaro.