“Chieffo Charity Tribute”: l’intervista al figlio Benedetto Chieffo
Il disco “Chieffo Charity Tribute” è finalmente acquistabile in formato fisico, esclusivamente presso il sito www.chieffo.it. L’album, prodotto dal Comitato “Amici di Claudio Chieffo”, in collaborazione con Esharelife Charity Foundation e con il Patrocinio del Club Santa Chiara, è un disco composto da 22 cover dei brani di Claudio Chieffo.
I migliori brani del cantautore sono stati interpretati da artisti di spicco del panorama italiano ed internazionale: Gianni Aversano, Massimo Bubola, Luca Carboni, Paolo Cevoli, Giorgio Conte, Gioele Dix, Daniele di Bonaventura, Roberta Finocchiaro, Paolo Fresu, Giua, Markéta Irglová, Mirna Kassis, Svavar Knútur, Giacomo Lariccia, Giovanni Lindo Ferretti, Chico Lobo, Lombroso, Giovanna Marini, Dario Muci, Alessandro Nidi, Enza Pagliara, Omar Pedrini, Santoianni, Ambrogio Sparagna, Tatá Sympa, Davide Van De Sfroos, Kreg Viesselman.
Abbiamo avuto l’onore di parlarne direttamente con Benedetto Chieffo, figlio del cantautore venuto a mancare nel 2007.
L’INTERVISTA
L’album di tributo a suo padre arriva in un periodo storico particolare… come mai proprio adesso?
L’idea di creare quest’album è nata in realtà due anni e mezzo fa in occasione dell’exhibition “A tutti parlo di te” che il Comitato aveva creato in occasione del decennale della morte di mio padre, Claudio Chieffo. Durante una di queste esibizioni, con alcuni amici abbiamo pensato di proporre ad alcuni artisti che stimiamo di interpretare per beneficienza delle canzoni di mio padre.
Lavorare in questi anni di pandemia è stato complesso per certi aspetti ma forse anche la condizione di isolamento e il bisogno di incontro con l’altro hanno probabilmente favorito la partecipazione all’album dei singoli artisti, che hanno poi voluto donare queste loro interpretazioni con chi è ancor di più nel bisogno.
Dunque è solo l’ultima di tante iniziative…
Sì, il Comitato “Amici di Claudio Chieffo” è nato qualche anno prima del 2017 per diffondere l’opera artistica e umana di Claudio Chieffo. È un comitato che nasce senza scopo di lucro, proprio come un gruppo culturale. Nel 2017 abbiamo realizzato l’exhibition “A tutti parlo di te” presentata al meeting di Rimini e poi in Europa. In seguito, abbiamo girato un docufilm che si intitola “Una finestra sul mistero” mandato in onda da TV2000, sempre nel 2017. Dopodiché, pensando a come continuare la nostra opera di diffusione abbiamo pensato a questo progetto che univa il nostro desiderio di far conoscere le canzoni ad un pubblico maggiore con quello di fare del bene, sia a livello economico sia a livello umano.
Con quale criterio avete scelto gli artisti con cui collaborare e soprattutto avete assegnato loro quelle determinate canzoni?
Siamo partiti innanzitutto dalla stima: ci siamo rivolti ad artisti che stimiamo e che pensavamo potessero essere aperti ad una proposta del genere. C’è stato chi ha detto di no, ma anche chi ha accettato, rivelandosi una persona aperta e disponibile anche verso qualcosa di diverso dal mondo culturale da cui proviene.
La scelta dei brani è avvenuta allo stesso modo: abbiamo proposto ad ogni artista una serie di tre o quattro titoli tra cui scegliere. Titoli che secondo noi potevano essere loro vicini per il tema trattato o per la musica stessa. Delle volte i cantanti hanno scelto tra quelle, mentre in altre circostanze sono stati loro stessi a proporne una perché vi erano legati magari per un ricordo personale.
I proventi della vendita dell’album saranno devoluti in beneficienza. Ci parla meglio di questo progetto e di questa scelta?
Il ricavato al netto delle spese di produzione del disco verrà versato a “Charity Foundation Esharelife”, una charity inglese che nel suo stesso nome porta il concetto di condividere la vita. Solitamente fanno aste di beneficienza con opere d’arte con i cui ricavati coprono dei sostegni a distanza per AMSI in Kenya. AMSI invece è una ong italiana che lavora in moltissimi Paesi nel mondo e fra le sue svariate attività vanta il sostegno a distanza: con poco più di trecento euro all’anno riescono a garantire – tramite l’aiuto di volontari e assistenti sociali – istruzione, alimentazione e spese mediche di un bambino, aiutando anche tutto il gruppo familiare. (È possibile trovare informazioni più dettagliate sul sito https://amsi.org.au/ e su https://www.esharelife.org/ ). Personalmente avevo già collaborato con Esharelife tenendo un concerto di beneficienza per la Croce Rossa inglese in Libano, dopo il disastro avvenuto due anni fa. Inoltre questa charity sostiene AMSI in Kenya, proprio come mio padre faceva spesso e volentieri.
In un’epoca in cui le canzoni religiose sono prettamente un ricordo legato all’infanzia e dedicare la propria vita artistica a questo ambito sembra sempre più controcorrente, cosa può raccontarci dell’ispirazione di suo padre e della sua scelta artistica?
Le canzoni entrate in ambito liturgico di mio padre saranno una decina sulle trecento che ha scritto e nel disco sono poche quelle tratte da quel gruppo di canzoni. Quindi penso che mio padre sia stato un po’ etichettato per quei brani e che questo abbia anche una mancanza di disponibilità all’ascolto delle altre. Sostanzialmente quello che sostengono alcuni critici è che queste canzoni facciano parte del miglior cantautorato italiano. Mio padre non ha dedicato la propria vita alla produzione di canzoni liturgiche, ma era un insegnante di scuole medie ed era un artista che ha voluto esprimere quello che viveva e comunicare le proprie esperienze attraverso delle canzoni. Canzoni che hanno ottenuto la stima che non erano sicuramente fusi a frequentare chiese e parrocchie, come Giorgio Gaber e Francesco Guccini.
Ricordo che il suo principale desiderio fosse quello di essere vero, di essere se stesso nelle sue canzoni, senza preoccuparsi del fatto che la parola Dio usata in una canzone potesse precludergli la partecipazione a qualche festival. Sì, lui partiva da una posizione di fede religiosa ma non si tratta di un’imposizione. Tant’è che, in questo disco, gli artisti che potremmo considerare cattolici praticanti si contano sulle dita di una mano: abbiamo buddhisti, agnostici, gente che proviene dall’estrema sinistra. Insomma artisti che hanno riconosciuto la verità delle domande che sono contenute in queste canzoni e che le hanno fatte proprie.
Lei sta seguendo le orme di suo padre?
No, io non sono un cantautore. Nel 2014 ho inciso un disco con alcune canzoni che lui non aveva registrato, perché me lo aveva chiesto e perché mi faceva piacere. Ogni tanto tengo concerti cantando le sue canzoni o quelle di altri artisti che amo, ma si tratta di una passione. Così come il lavoro del comitato “Amici di Claudio Chieffo” è una sorta di volontariato legato alla mia esigenza e desiderio di far conoscere il tesoro delle sue canzoni a quante più persone possibili.