Chiara Ferragni è la superstar di cui Sanremo aveva bisogno: le ragioni del “perché sì”
Sorpresi, ma non troppo. La presenza di Chiara Ferragni alla co-conduzione della 72esima edizione del Festival di Sanremo, svelata ieri sera da Amadeus durante il Tg1, ha dato vita a quell’inevitabile scambio di pareri contrastanti che, da sempre, aleggiano intorno alla figura della nota imprenditrice digitale. Tutto ciò che la riguarda è tanto oggetto di giudizi semplicistici e superficiali, quanto di esaltazioni collettive per le attività che l’hanno portata ad affermarsi nell’imprenditoria internazionale.
La notizia è riverberata con prepotenza sui social network, dove la moglie di Fedez fa la voce grossa da anni, e l’hashtag #ChiaraTakesSanremo è divenuto virale in pochi minuti. Un fenomeno di tendenza e d’immediata reazione che bene abbiamo imparato a conoscere in questi anni e su cui, inutile girarci intorno, il festival della canzone italiana punta in maniera neanche troppo nascosta. Da tempo Sanremo opera per scrollarsi di dosso quella patina di “anzianità” che in molti gli attribuiscono, ma con Amadeus l’inversione di rotta è diventata più netta e marcata.
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Al conduttore va dato il merito di aver proiettato la kermesse nell’era digitale e l’edizione di quest’anno, vinta da Mamhood e Blanco ne è stata la riprova. Tra “papaline” e fantasanremo, tra fenomeni del web e fenomeni di costume, l’appuntamento musicale è stato un successo clamoroso di pubblico e di audience. I brani usciti dalla rassegna sono stati in rotazione radio per mesi (molti lo sono ancora) e la maggior parte degli artisti si è imbarcata in tour che stanno facendo registrare sold out su sold out. Perfino le parolacce, impensabili per i tempi, sono state tollerate e quasi indotte. Segno dei tempi che cambiano.
Lo “svecchiamento” è passato anche attraverso mostri sacri della musica italiana, come Gianni Morandi e Massimo Ranieri, che hanno rappresentato quel ponte virtuale in grado di unire diverse generazioni di italiani, tutte accomunate dalla passione per la kermesse canora. Insomma, ringiovanimento doveva essere e ringiovanimento è stato. Ma per la consacrazione definitiva mancava ancora qualcosa, cioè Chiara Ferragni.
La sua presenza è l’ultimo passaggio che serve a completare l’opera. A chi le contesta una scarsa conoscenza musicale, si potrebbe rispondere che fino a quest’anno non ci è sembrato chi, prima di lei, fosse chiamata a interpretare il ruolo ne avesse molta di più. Anzi, siamo passati dalle “figuranti” alle “modelle“, dalle “soubrette” alle “co-conduttrici“. Per numerose edizioni nessuna di loro ha pronunciato più di due parole, spesso riferite agli artisti da chiamare sul palco, laddove non aveva altra qualità artistica da esibire, per cui la “preparazione musicale” non può essere un parametro attendibile.
Come non lo è la bellezza estetica,(di cui Chiara non è certamente deficitaria), decisamente troppo qualunquista e generico per essere declinato a valore. Chiara Ferragni è un’imprenditrice di successo, amata dai giovani e dai giovanissimi e, soprattutto, è tra le indiscusse regine dei social network. Sono questi gli step per completare la trasformazione di Sanremo in un prodotto moderno, al passo coi tempi e in grado di attecchire definitivamente su quella trasversalità di pubblico cui si riferisce e che mira a conquistare.
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Basta vedere le reazioni alla notizia della sua presenza: un tam tam su Facebook e Instagram che per ore ha monopolizzato l’attenzione dell’opinione pubblica. Una strategia comunicativa precisa e in grado di far compiere al Festival il definitivo salto di qualità, sempre più alla ricerca di quella viralità che quest’anno è stata raggiunta ma che, con la Ferragni, punta a sdoganarsi anche a livello internazionale. E anche qui si potrebbe porre l’attenzione.
Il Festival di Sanremo non può più pensare di restare confinato al pubblico italiano, ma deve ambire a oltrepassare questo muro per affermarsi anche agli occhi di un pubblico straniero che, come avvenuto con i Maneskin, potrebbe decretare il successo di altri artisti tricolori. L’apparato musicale italiano ne gioverebbe in toto, dalle case discografiche alle produzioni, dai management alle agenzie di stampa. L’impatto della Ferragni sull’evento sarà formidabile, e questa è una certezza. Provare a chiedere agli Uffizi di Firenze, che non necessitano di certo di pubblicità, quale è stato il ritorno dall’endorsement della The Blonde Salade. E poi, perché cercare affannosamente le superstar all’estero quando le abbiamo in casa?