It’s only Charlie Watts…but we like it!
Charlie Watts ci ha lasciati. È morto ieri, 24 agosto 2021, all’età di 80 anni. Una vita per il rock’n’roll, per i Rolling Stones e per la batteria, strumento del quale era virtuoso. Lo piangiamo noi fan, che per una vita ci siamo esaltati al suono delle sue bacchette e del suo rullante, che abbiamo scandito i nostri movimenti estasiati dai riff di chitarra di Keith Richards, grazie al suo essere padrone del tempo e dello strumento. Lo piangono Keith, Ronnie, Mick e tutto l’entourage delle Pietre Rotanti con cui ha vissuto un infinito viaggio musicale tra trasgressioni, leggerezza e follie impossibili anche solo da raccontare. Lo piange la batteria, la sua batteria, da oggi orfana di un padre premuroso e attento. Una patina di tristezza, neanche troppo velata, aleggia sopra di noi. Inevitabile e, forse, è giusto che sia così.
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Ma lo piange anche il rock’n’roll, non un semplice genere musicale bensì un’entità, uno spirito tra i più reconditi nella nostra psiche, indispensabile per controbilanciare una vita preordinata e preconfenzionata, spesso sacrificata sull’altare della formalità e dell’imposizione di usi e costumi famigliari, sociali, istituzionali. Potremmo parlare di lifestyle, farvi e farci una testa tanto con demagogia spicciola e retorica da terza elementare su cosa è e cosa rappresenta il rock’n’roll. Ma, probabilmente, è sufficiente spendere un nome, quello di Charlie Watts, per impersonarne la forma e la sostanza.
Non il più rumoroso, non il più instabile, non il più imprevedibile, non il più selvaggio animale da party che abbia mai calcato un palcoscenico. Non il John Bonham che demoliva le batterie dei Led Zeppelin, e neanche il Ringo Starr dei Beatles che faceva di tutto pur di non vivere nell’ombra di quelle tre divinità musicali con cui condivideva la band. Watts è stata la faccia pulita degli Stones. Elegante e silenzioso, schivo e riservato, pacato e garbato. Non uno stinco di santo. Per fortuna, però. Eccessi, vizi e cadute non sono mancate, dalla dipendenza per l’eroina a quella per l’alcol.
L’ingranaggio perfetto degli Stones prevedeva la sua presenza. Come tenere a bada quei tre, a volte quattro, tizzoni sputati fuori dall’inferno del’rock’n’roll senza il suo aplomb o il suo sorriso sornione? Un gentleman, un jazzista nel cuore, nell’anima e nello stile. Il Dio del tempo con lui ha perso. Watts non ha mai mollato un centimetro alla vita. Nel 2004 tornò a suonare dopo un tumore alla gola e quest’anno ha scelto lui, e nessuno al suo posto, di prendersi una pausa dal tour per un peggioramento delle condizioni di salute. Charlie Watts ha messo spalle al muro l’inesorabile fuga in avanti delle lancette del tempo. Ieri se n’è andato. Ha vinto lui. È stato tra i più grandi.
It’s only Charlie Watts, yes, but we like it