Castore e Polluce, legati oltre la morte tra le stelle
Figli di Zeus e Leda, regina di Sparta, Castore e Polluce sono due fulgidi esempi di fratellanza. Nel bene e nel male.
Noti come i Dioscuri (appunto “figli di Zeus”), il loro mito nasce a Sparta, per essere poi trasmesso dai Greci fino ad arrivare a Roma. Proprio nell’Urbe nel mese di gennaio a loro era dedicata una rievocazione presso il loro tempio nel Foro Romano.
Al loro culto era legata la classe degli equites, in quanto considerati loro protettori nei campi di battaglia.
Partoriti da Leda, secondo una versione del mito, dopo che il re degli dei sotto forma di cigno la ingravidò passandole accanto in un lago, Castore e Polluce vennero alla luce insieme a due femmine: Elena e Clitennestra.
Tradizione vuole, in questo caso, che Polluce ed Elena fossero figli di Zeus e quindi immortali, mentre gli altri due, figli di Tindaro il re di Sparta, era mortali.
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Nati da uova, ricordate dai copricapi con cui vengono rappresentati, Castore e Polluce furono superiori a molti per bellezza, forza, abilità nel domare i cavalli (il primo) e nel pugilato (il secondo). Il racconto tramandato dai greci li vuole come Argonauti, nella missione alla ricerca del Vello d’oro. Qui divennero famosi per le loro imprese nella Colchide, dove aiutarono Giasone a sconfiggere lo zio Pelia usurpatore del trono di Iolco.
Le loro gesta però furono venerati non solo nella cultura greca e romana. Anche gli Etruschi, come è possibile ammirare nei dipinti della tomba del Triclinio, portavano avanti un culto per i figli di Tinia, lo Zeus etrusco. Si entra nel campo dell’interpretatio, di cui parlava anche Tacito. a proposito di due divinità appartenenti al popolo dei Naharvali, gli Alci. Nella “Germania” spiega che, essendo le due divinità due giovani fratelli, nell’interpretatione romana gli Alci venivano chiamati Castore e Polluce.
I due fratelli furono sempre uniti in vita. E soprattutto vengono sempre ricordati insieme. Ogni storia a loro legati li vede protagonisti inseparabili. Se si cita uno si cita l’altro.
Neanche la morte difatti li separò. Il loro scontro con Ida e Linceo rimane uno dei momenti più emblematici del mito greco. Il matrimonio dei due spartani con Ilaria e Febe, figlie di Leucippo, provocò l’ira dei due cugini di Messene. Da qui la diatriba andò avanti per anni finché durante un banchetto a Sparta per l’arrivo di Enea e Paride, le due coppie non si ritrovarono. Lo scontro, dapprima verbale, giunse in seguito alle armi.
Castore fu il primo a cadere mentre Polluce, anche con l’aiuto di Zeus, riuscì ad avere la meglio sui nemici.
Non poteva però sopportare la morte del gemello mortale riuscì ad ottenere di continuare a vivere con lui. Da qui il mito presenta un’altra duplice versione. Secondo taluni il padre concesse loro di vivere un giorno nella luce e un giorno nel regno dei morti. Secondo Euripide, invece, continuarono a rimanere inseparabili tra le stelle. Zeus infatti concesse loro di divenire una costellazione. Quella simbolo di fratellanza. Di inseparabilità. La costellazione dei Gemelli. Quella dove una delle stelle principali sembra nascondersi quando appare l’altra.
La loro vita e i culti ad essi dedicati sono giunti fino ai giorni nostri. Anche grazie ai templi che si trovano a Roma e ad Agrigento nella nota valle.